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Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione - 20 gennaio 2025

Diritto della concorrenza – Europa / Intese e settore alimentare – Pubblicate le conclusioni dell’AG Medina in materia di distribuzione esclusiva

L’Avvocato Generale Medina (AG) ha presentato le sue conclusioni in merito all’interpretazione di alcune previsioni del precedente regolamento di esenzione degli accordi verticali (Regolamento UE 330/2010) (Regolamento 2010). Tale Regolamento 2010 è stato ormai sostituito dal Regolamento UE 2022/720 (Nuovo Regolamento); tuttavia, i fatti all’origine del rinvio pregiudiziale che ha investito la Corte di Giustizia (CGUE) risalgono al periodo di vigenza del Regolamento 2010.

Nella controversia originaria, sorta innanzi alla giurisdizione belga, il distributore esclusivo di un formaggio olandese ha chiamato in causa altri distributori del medesimo prodotto per aver violato i termini dell’esclusiva a lui concessa in Belgio e Lussemburgo. Non era peraltro chiaro se anche gli altri distributori del produttore fossero stati informati dell’esclusiva, e se quindi avessero accettato di non operare in Belgio e Lussemburgo. In questo contesto, nel cercare di sostenere che tale esclusiva era in violazione dell’art. 101 TFEU (e quindi nulla), i convenuti avevano replicato che i requisiti della cosiddetta “imposizione parallela” non fossero stati soddisfatti: essi argomentavano infatti che gli accordi di esclusiva con un distributore sarebbero esentabili dall’applicazione dell’art. 101 TFUE ai sensi del Regolamento 2010 solo laddove il produttore abbia raggiunto un accordo con tutti i propri distributori, obbligandoli ad astenersi dalle vendite attive nei territori concessi in esclusiva.

La CGUE è stata quindi chiamata, a mezzo del rinvio pregiudiziale, per la prima volta, ad esprimersi sulla precisa estensione del requisito dell'"imposizione parallela" negli accordi verticali di distribuzione esclusiva. L’AG ritiene che, al fine di permettere a siffatti accordi di esclusiva di rientrare nell’ambito di applicazione del Regolamento 2010 e, quindi, beneficiare dell’esenzione, il fornitore debba coerentemente vietare a tutti gli altri distributori appartenenti alla sua rete le vendite attive nel territorio assegnato in esclusiva. In buona sostanza, l’esclusiva a favore di un determinato distributore dovrebbe essere accettata anche dai distributori non presenti in quel determinato mercato geografico, pur potendo tale consenso manifestarsi tacitamente ed essere provato a mezzo di indizi, fermo restando che il produttore dovrebbe essere proattivo e proporre chiaramente a tutti gli altri distributori di rispettare l’esclusività prima che la stessa entri in vigore.

Qualora la CGUE aderisca all’opinione dell’AG, e il giudice del rinvio constatasse effettivamente che non vi era stata una siffatta “imposizione parallela”, l’esclusiva concessa al distributore belga nella causa all’origine del rinvio potrebbe essere considerata da tale giudice non coperta dal Regolamento 2010 e, quindi, potenzialmente un’intesa illecita ai sensi dell’art. 101 TFUE, con la conseguenza della sua nullità. Ciò a meno che, sempre secondo il giudice del rinvio, l’accordo possa beneficiare dell’eccezione legale sensi dell’art. 101.3 TFUE; non a caso, l’AG ha espresso alcune considerazioni anche su quest’ultimo tema.

La vicenda in esame riguarda l’interpretazione del Regolamento 2010; il Nuovo Regolamento ha da tempo formalizzato il requisito dell’“imposizione parallela”, prescrivendo che un sistema di distribuzione esclusiva debba necessariamente “impo[rre] restrizioni che impediscono a tutti gli altri acquirenti [NdR: del fornitore, ossia gli altri distributori] di vendere attivamente nel territorio esclusivo…”. Tuttavia, la futura pronuncia della CGUE dovrebbe permettere di chiarire meglio i relativi requisiti probatori. Qualora l’interpretazione dell’AG dovesse prevalere, le imprese verrebbero chiamate a rispettare standard rigorosi di contrattazione con i propri clienti: ogniqualvolta un’impresa vorrà garantire un’esclusiva a un distributore, essa dovrà renderne edotti tutti gli altri e ottenerne il consenso, peraltro in una forma dimostrabile in giudizio.

Riccardo Ciani

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Intese e settore del trasporto aereo – La Commissione europea ha adottato una misura provvisoria nei confronti di Lufthansa nell’ambito dell’indagine sulla joint venture transatlantica A++

Il 15 gennaio 2025, la Commissione europea (la Commissione) ha adottato un provvedimento cautelare specifico nei confronti di Lufthansa nell’ambito dell’indagine sulla joint venture transatlantica A++ (JV) che coinvolge United Airlines, Air Canada e Lufthansa.

Il 7 agosto 2024 la Commissione ha avviato un procedimento per verificare se la JV stia limitando la concorrenza nelle rotte transatlantiche, in particolare tra l’Europa e il Nord America. La JV consente infatti alle compagnie di coordinare tariffe, orari e capacità di volo, sollevando preoccupazioni sulla possibilità che questa cooperazione riduca la concorrenza, aumentando i prezzi e limitando le opzioni per i consumatori.

La JV aveva suscitato preoccupazioni fin dal suo avvio nel 2008. Dopo l’annuncio della cooperazione, nel 2009 la Commissione aveva avviato un procedimento antitrust. Nel 2012, le compagnie aeree coinvolte avevano proposto una serie di impegni per rispondere alle preoccupazioni sollevate, tra cui la creazione di “feed traffic”, ossia flussi di traffico che indirizzano i passeggeri verso determinati voli o rotte, resi accessibili ai concorrenti per rendere credibile la concorrenza sulle rotte interessate. Nel 2013, la Commissione ha accettato questi impegni, rendendoli vincolanti per un periodo di dieci anni.

Nel contesto dell’indagine avviata il 7 agosto, la Commissione ha adottato un provvedimento cautelare specifico nei confronti di Lufthansa, ritenendo necessario adottare misure provvisorie per evitare il protrarsi di possibili effetti pregiudizievoli per il mercato in pendenza del proprio procedimento. In particolare, la Commissione ha inviato una comunicazione supplementare di addebiti a Lufthansa, obbligandola a ripristinare l’accesso della società Condor al “feed traffic” da e per l'aeroporto di Francoforte.

Condor, una compagnia aerea tedesca, ha da tempo un accordo con Lufthansa che le permette di utilizzare i voli a corto raggio di Lufthansa per trasportare passeggeri verso i suoi voli a lungo raggio al fine di consentire a Condor di competere sulla rotta Francoforte-New York. Tuttavia, Lufthansa ha recentemente deciso di interrompere questa collaborazione.

La Commissione ritiene che, senza questo supporto, Condor potrebbe non riuscire a operare sulla tratta Francoforte-New York, riducendo ulteriormente la concorrenza su tale rotta. Per evitare danni gravi e irreparabili al mercato, la Commissione ha quindi imposto a Lufthansa di ripristinare l’accesso di Condor ai suoi voli a corto raggio, fino a quando non sarà completata l’indagine generale sulla JV.

Valentina Veneziane

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Diritto della concorrenza – Italia / Concentrazioni e settore del gas naturale – L’AGCM ha avviato un’istruttoria per verificare l’esistenza di possibili effetti restrittivi della concorrenza a seguito dell’acquisizione del controllo esclusivo di 2i Rete Gas S.p.A. da parte di Italgas S.p.A.

Nella sua adunanza del 17 dicembre 2024, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (l’AGCM) ha avviato un’istruttoria avente ad oggetto l’operazione di concentrazione (l’Operazione) consistente nell’acquisizione del controllo esclusivo di 2i Rete Gas S.p.A. (2iRG) da parte di Italgas S.p.A. (Italgas), entrambe attive nel settore della distribuzione del gas naturale.

L’AGCM ha individuato cinque mercati che interessano l’Operazione, in particolare (i) il mercato della gestione del servizio di distribuzione di gas naturale nelle aree in concessione; (ii) i mercati delle gare d’ambito per l’affidamento dei servizi di distribuzione di gas naturale; (iii) il mercato del trasporto e dispacciamento di gas naturale; (iv) il mercato della produzione e approvvigionamento all’ingrosso di energia elettrica e (v) il mercato dei servizi di efficienza energetica per il rilascio di TEE.

L’AGCM ha ritenuto che, trattandosi di attività in concessione e quindi di monopoli legali, l’unica forma di concorrenza possibile sia riscontrabile nel mercato di cui al punto (ii) in quanto lo spazio in cui si può realizzare un confronto concorrenziale tra operatori è quello delle c.d. gare d’ambito, ossia le gare per l’affidamento delle concessioni scadute negli ambiti territoriali minimi (ATEM) in cui è suddiviso il territorio nazionale: si tratta di ambiti territoriali in cui è divisa l’attività di distribuzione gas e sulla base dei quali vengono assegnate le concessioni agli operatori.

L'AGCM ha identificato 101 ATEM nei quali Italgas e 2iRG sono attualmente operative come gestori uscenti sulla base del numero di Punti di Riconsegna attivi (PDR). In questi ATEM, l’Operazione determinerebbe una sovrapposizione delle attività delle due società, accentuando la già limitata contendibilità e i significativi livelli di concentrazione presenti.

In particolare, negli ATEM in cui sia Italgas, sia 2iRG controllano una quota di PDR pari ad almeno il 20% del totale dei PDR nell’ATEM (Gruppo 1), l’AGCM sostiene che l’Operazione potrebbe comportare l’eliminazione di uno dei pochi concorrenti plausibili in sede di gara e causare una restrizione concorrenziale diretta.

L’AGCM focalizza l’attenzione anche sugli ATEM nei quali è presente Italgas e 2iRG gestisce una quota di PDR dell’ATEM compresa tra il 15% e il 20%, ma che al tempo stesso sono caratterizzati da una totale assenza di operatori terzi (Gruppo 2). In seguito all’Operazione, nel Gruppo 2 non solo si verificherebbe una restrizione concorrenziale comparabile a quella di cui al Gruppo 1 – in ragione della posizione non irrisoria di 2iRG unita al rischio di non avere alcuna altra concreta ipotesi di partecipazione alla gara – ma si potrebbe assistere a una totale eliminazione della pluralità dei partecipanti alle gare, passando da due ad un solo potenziale concorrente.

Infine, vi sono alcuni ATEM caratterizzati da una quota congiunta significativa di PDR gestiti, nei quali tuttavia una delle parti detiene una quota relativamente contenuta (Gruppo 3). Con riferimento al Gruppo 3, l’AGCM esprime preoccupazioni in merito all’aumento rilevante della quota complessiva dell’incumbent dominante, tale comunque da rappresentare un ostacolo alla partecipazione di altri operatori e rendere l’ATEM difficilmente contendibile in sede di gara.

Per quanto riguarda gli altri mercati, l’AGCM ha ritenuto che l’Operazione non generi effetti concorrenziali significativi – mercati (i) e (iii) – ovvero ha valutato i relativi effetti concorrenziali conseguenti di entità trascurabile – mercati (iv) e (v).

Non rimane che attendere l'esito dell'istruttoria avviata dall'AGCM.

Margherita Zucchini

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Appalti, concessioni e regolazione / Appalti e “correttivo” al Codice – Il Governo approva il testo finale della modifica, che dal 31 dicembre ha forza di legge

Con il decreto legislativo 209/2024, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 31 dicembre, il Governo ha formalizzato il testo definitivo del “correttivo” (il Correttivo) al Codice dei contratti pubblici del 2023 (il Codice). Alcuni degli aspetti più rilevanti della prospettata riforma erano già stati oggetto di commento in questa Newsletter. Si segnalano qui dunque ulteriori aspetti interessanti, anche in seguito alle modifiche intervenute nelle scorse settimane e al parere del Consiglio di Stato (CdS) sullo schema di decreto.

Una delle principali finalità del Correttivo è quella di diminuire i tempi delle aggiudicazioni, facilitando le imprese attive sul mercato dei contratti pubblici.

In tale ottica di accelerazione e di efficienza, il Correttivo ha introdotto, per gli appalti di lavori, un termine di tre mesi dall’approvazione del progetto entro cui l’amministrazione ha l’obbligo di pubblicare i documenti iniziali di gara. Tale termine si aggiunge a quelli già esistenti per la conclusione delle gare, il cui superamento costituisce fattispecie di silenzio-inadempimento da parte dell’amministrazione. Sempre nell’ottica dell’accelerazione, l’obbligo di stand still che deve intercorrere fra aggiudicazione e stipulazione del contratto viene portato da 35 a 32 giorni.

Al fine di ridurre i rischi di inadempimento e risolvere le controversie che possono sorgere nella fase di esecuzione, il Correttivo ha introdotto una nuova figura giuridica . È il c.d. accordo di collaborazione.

Questo è il contratto con cui le parti “coinvolte in misura significativa nella fase di esecuzione” possono disciplinare obiettivi e modi della reciproca collaborazione. La finalità di riduzione preventiva dell’inadempimento e del contenzioso viene perseguita attraverso l’istituzione di “meccanismi di esame contestuale degli interessi pubblici e privati coinvolti”. L’amministrazione può inserire lo schema di accordo fra i documenti di gara. In seguito all’aggiudicazione, le parti sono tenute a sottoscrivere l’accordo. La disciplina di dettaglio è contenuta in un apposito allegato al Codice.

Riguardo a questa nuova figura giuridica, il CdS si era espresso in modo particolarmente critico, evidenziando come, in un contesto in cui la fase esecutiva è dettagliatamente regolata da norme imperative non derogabili e da una ricca casistica giurisprudenziale, l’accordo di collaborazione non sembra perseguire un obiettivo di semplificazione, paradossalmente aumentando i rischi di attrito fra le parti. Il Governo ha tuttavia ritenuto di non seguire il parere del CdS su questo punto.

Novità rilevanti riguardano anche il tema del monitoraggio della reputazione delle imprese.

Il Correttivo è andato infatti ad abrogare il sistema digitale di monitoraggio della reputazione delle imprese, quale elemento del fascicolo virtuale degli operatori, istituito per la prima volta dall’art. 109 del Codice e mai pienamente attuato. In base a tale disposizione, ad ANAC veniva dato il potere di raccogliere informazioni sull’affidabilità degli operatori economici, il loro rispetto degli standard di legalità, sostenibilità e responsabilità sociale. Gli elementi del monitoraggio e le modalità di raccolta dei dati avrebbero dovuto essere specificati da ANAC con ulteriori atti attuativi, entro 18 mesi dall’approvazione del Codice.

Il Correttivo ha ritenuto che questo sistema si potesse prestare a strumentalizzazioni arbitrarie, distorcendo la concorrenza e la libera circolazione e limitando per i nuovi operatori l’accesso al mercato.

Un altro settore inciso notevolmente dalla riforma è quello dei subappalti.

In un’ottica di promozione delle realtà economiche di ridotte dimensioni, il Correttivo ha stabilito l’obbligo per l’aggiudicatario di subappaltare a piccole e medie imprese almeno il 20% del valore di un eventuale subappalto. Inoltre, l’aggiudicatario ha l’obbligo di inserire nei contratti di subappalto (e negli altri sub-contratti di cui ha comunicato l’esistenza alla stazione appaltante) specifiche clausole di revisione dei prezzi, in linea con l’obbligo già esistente per il contratto principale. Infine, recependo un suggerimento del CdS, il Correttivo ha chiarito che al “subappalto di subappalto”, figura legittimata per la priva volta dal Codice, si applica la stessa disciplina del subappalto.

Infine, il Correttivo ha sensibilmente esteso l’ambito delle disposizioni generali che si applicano anche ai settori degli appalti speciali regolati dal Libro III del Codice. In particolare, trovano ora applicazione anche nel contesto degli appalti speciali le regole in materia di garanzie provvisorie e definitive, nonché quelle in tema di collaudo e verifica di conformità, risoluzione del contratto e quelle relative a modalità e termini per il pagamento dei corrispettivi.

Massimiliano Gelmi

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Legal News / Controlli sugli investimenti in uscita e settori delle nuove tecnologie – La Commissione europea ha adottato una raccomandazione sugli investimenti in uscita nei settori di semiconduttori, intelligenza artificiale e tecnologie quantistiche

In data 15 gennaio 2025, la Commissione europea (la Commissione) ha pubblicato una Raccomandazione (la Raccomandazione) che invita gli Stati membri dell’Unione Europea (UE) a controllare gli investimenti da parte delle loro società in Paesi non appartenenti all’UE, definiti anche “investimenti in uscita”.

La Commissione ha precisato che la Raccomandazione mira a salvaguardare la sicurezza economica dell’UE, proteggendo le tecnologie e le competenze ritenute critiche. Questi obiettivi rientrano nella più ampia Strategia sulla Sicurezza Economica dell’UE come annunciata in una comunicazione congiunta nell’estate 2023. Nel gennaio 2024, la Commissione ha anche adottato un Libro Bianco sugli investimenti in uscita, seguito da una consultazione pubblica i cui risultati sono stati pubblicati nel luglio 2024. Questi passi hanno gettato le basi per la Raccomandazione, in seguito alla quale gli Stati membri dovranno condurre un’analisi approfondita degli investimenti rilevanti (dal 1° gennaio 2021) e fornire un resoconto completo entro la metà del 2026.

La Raccomandazione tocca diversi punti, tra cui l’ambito delle tecnologie oggetto della tutela, gli strumenti per condurre l’analisi degli investimenti, nonché le informazioni che devono essere raccolte (compresi i dettagli sulle parti coinvolte nelle operazioni rilevanti, la natura degli investimenti e gli eventuali rischi associati). In particolare, la Raccomandazione specifica che:

  • i settori in esame sono attualmente limitati a quello dei semiconduttori, delle tecnologie quantistiche e dell’intelligenza artificiale; e
  • le analisi da parte degli Stati membri devono riguardare le operazioni in corso, le nuove e quelle perfezionate a partire dal 1° gennaio 2021 (e anche le operazioni completate prima di tale data, qualora gli Stati membri identifichino particolari preoccupazioni), ma escludono gli investimenti non di controllo. Infine, nell’ambito della Raccomandazione, gli Stati membri sono incoraggiati a consultare le parti interessate, comprese le imprese.

Per la Commissione, la finalità della Raccomandazione è quella di far fronte alle preoccupazioni relative alla perdita di controllo comunitario sulla tecnologia e alla potenziale minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale derivante dagli investimenti in uscita. Un esame approfondito degli investimenti in uscita è considerato fondamentale per comprendere la portata dei rischi coinvolti e i modi in cui gli investimenti all’estero possono effettivamente minare la sicurezza economica dell’UE. Come già accennato, agli Stati membri viene chiesto di presentare un resoconto completo alla Commissione – e agli altri Stati membri – sull’attuazione della Raccomandazione entro la metà del 2026, includendo i dettagli di qualsiasi investimento specifico identificato come fonte di potenziali rischi per la sicurezza economica. La Commissione ha dichiarato che questi rapporti le consentiranno di colmare il “gap di conoscenza” sugli investimenti in uscita dall’UE, di mappare accuratamente i rischi per la sicurezza economica che questi investimenti potenzialmente sollevano e di valutare se sia necessaria un’ulteriore azione per mitigare tali rischi.

Spetta ora agli Stati membri stabilire i meccanismi per raccogliere le informazioni pertinenti e valutare i rischi degli investimenti in uscita e non si esclude che vengano implementati dei nuovi obblighi di notifica alle autorità competenti in capo alle società che hanno intenzione di intraprendere nuovi investimenti.

Mila Filomena Crispino