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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione - 16 dicembre 2024
Diritto della concorrenza – Italia / Prezzi eccessivi e settore del teleriscaldamento – L’AGCM ha sanzionato Hera S.p.A. e ComoCalor S.p.A. per abuso di posizione dominante nelle reti di Ferrara e Como
Nella sua adunanza del 26 novembre 2024, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (l’AGCM) ha concluso il procedimento istruttorio per abuso di posizione dominante a carico di tre imprese attive nel settore del teleriscaldamento (TLR): Hera, A2A e Iren. L’AGCM ha sanzionato Hera S.p.A. (HERA) e ComoCalor S.p.A. (ComoCalor) – controllata da A2A S.p.A., risultata estranea ai fatti – irrogando sanzioni rispettivamente per € 1.948.736 e € 286.600. Nessuna violazione è stata invece accertata in capo alle società del gruppo Iren.
L’AGCM, nel rilevare i due illeciti, ha circoscritto i mercati rilevanti a ciascuna delle reti TLR di Ferrara (per HERA) e di Como (per ComoCalor), tenendo specialmente conto degli alti switching costs che sarebbero necessari per passare da un sistema di TLR ad uno di riscaldamento tradizionale alimentato a gas naturale. L’AGCM, per corroborare la sua valutazione ha fatto riferimento ad alcune decisioni adottate dall’autorità di concorrenza tedesca.
Secondo l’AGCM, HERA e ComoCalor che, alla luce della definizione di mercato adottata, operano in regime di monopolio, hanno abusato del loro potere di mercato nelle due reti di TLR, praticando ai consumatori prezzi eccessivi e iniqui durante il periodo della crisi del prezzo del gas. Nello specifico, l’infrazione accertata per HERA è durata dalla fine del 2021 ai primi mesi del 2023, mentre quella per ComoCalor ha avuto una durata limitata al 2022.
Relativamente alla condotta posta in essere da HERA, l’infrazione è consistita nell’imposizione ai clienti di condizioni contrattuali in cui il prezzo del servizio offerto era parametrato – durante buona parte dell’illecito – al prezzo del gas naturale; ciò, sebbene HERA alimentasse il proprio sistema TLR anche con altre componenti produttive.
Per determinare l’eccessività dei prezzi, l’AGCM ha affermato di applicare il test giuridico prescritto dalla giurisprudenza United Brands e integrato dalle prescrizioni dell’Avvocato generale Wahl nel precedente AKKA/LAA, in particolare: (i) includendo nell’analisi dei costi dell’impresa investigata (c.d. metodo cost-plus) anche gli ammortamenti e i costi di copertura dei rischi d’impresa, (ii) comparando i costi sopportati e i prezzi praticati dalle imprese investigate e (iii) raffrontando i rendimenti di HERA e ComoCalor a quelli dei loro concorrenti e più genericamente del settore, attingendo a molteplici indici di rendimento del capitale. Secondo l’AGCM, tutte le simulazioni svolte, anche quelle più favorevoli alle due imprese, porterebbero alla conclusione che i prezzi praticati dalle imprese sanzionate sono stati eccessivi ed iniqui.
L’AGCM ha anche sottolineato come tali abusi si porrebbero in netto contrasto con gli obiettivi di sviluppo sostenibile perseguiti dalle attuali politiche energetiche, non facendo discendere tuttavia particolari ed ulteriori considerazioni da tale assunto.
Infine, a nulla sono valse le difese addotte dalle imprese sanzionate. In particolare, non sono state accolte le argomentazioni di HERA, che sosteneva che i propri margini di rendimento in ambito TLR fossero complessivamente minori di quelli degli altri operatori del settore, considerato che l’impresa bolognese applica una politica unitaria di prezzo su tutto il territorio nazionale, registrando solo localmente – come sarebbe successo a Ferrara – gli ampi margini di profittabilità rilevati dall’AGCM.
Sarà ora interessante osservare gli sviluppi legati all’eventuale impugnazione di questi provvedimenti dinanzi ai giudici amministrativi, posto che, mentre le definizioni del mercato appaiono in linea con i precedenti, in materia di accertamento dell’abuso le modalità di valutazione circa l’eccessività del prezzo restano un terreno incerto e scivoloso – e questi casi non paiono fare eccezione al riguardo.
Riccardo Ciani
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Intese e settore dei cavi in rame – L’AGCM ha avviato un’istruttoria per accertare una presunta intesa nel mercato italiano della commercializzazione di cavi in rame a bassa tensione
Il 12 dicembre 2024, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (l’AGCM) ha reso noto l’apertura di un procedimento istruttorio nei confronti di otto società operanti nel settore della commercializzazione di cavi in rame e dell’Associazione Italiana Industrie Cavi e Conduttori Elettrici (l’AICE) (le Parti).
L’avvio dell’istruttoria, con ispezioni nelle principali sedi delle Parti, nonché di due distributori di cavi e della Federazione Nazionale Grossisti Distributori Materiale Elettrico, prende le mosse da una domanda di ammissione al programma di clemenza pervenuta già ad ottobre dello scorso anno, ed integrata per ben otto volte, da ultimo lo scorso 18 novembre 2024. Essa riguarda una presunta intesa relativa al coordinamento sui prezzi da praticare ai distributori, la cui orchestrazione sarebbe stata possibile proprio in sede associativa con l’ausilio dell’AICE.
Il mercato interessato dalle condotte investigate, ossia quello nazionale della commercializzazione dei cavi in rame a bassa tensione standard, senza alogeni e schermati, di particolare rilevanza per il trasporto di energia elettrica in ambito residenziale e industriale, ha un valore in Italia, secondo i dati AICE, di circa 1,7 miliardi di euro. Secondo la ricostruzione operata dall’AGCM in sede di avvio, il mercato è caratterizzato da un’elevata concentrazione dell’offerta, con i primi cinque operatori che arrivano a rappresentare il 93% del mercato nazionale. Dall’altro lato, il 90% della domanda è composto da distributori specializzati mentre il restante 10% è rappresentato da utilizzatori professionali (c.d. tecnici-installatori).
Secondo quanto ricostruito dall’AGCM, la presunta intesa sarebbe iniziata, quantomeno, nel 2005, e avrebbe riguardato l’allineamento dei prezzi di listino da comunicare ai distributori. Dal 2008 ad oggi, il coordinamento si sarebbe ampliato, definendo, sempre in ambito AICE, anche importi allineati per il primo sconto da praticare ai distributori, nonché una formula comune per calcolare la componente di prezzo riconducibile al costo del rame e condizioni accessorie uniformi (e.g., relativamente ai termini di pagamento, alle penali per annullamento, nonché alle condizioni di trasporto e di riacquisto delle bobine di rame).
Sfruttando la volatilità della materia prima e la sua rilevante incidenza sul valore del prodotto finito (oltre il 50%), a partire dal luglio 2010, in applicazione di quello che l’AGCM definisce un vero e proprio sistema di vendita, i listini dei produttori sarebbero stati predisposti prendendo come riferimento per il prezzo del rame un valore convenzionale stabilito nel contesto dell’associazione di categoria. Secondo l’AGCM, la rilevazione statistica della quotazione del rame nei cavi, da utilizzare nella formula comune, sarebbe stata pubblicata quotidianamente sul sito AICE sino al giugno 2024.
Non resta che attendere l’esito delle indagini avviate e verificare se le Parti riusciranno a giustificare le condotte oggetto di istruttoria, anche alla luce degli esiti delle ispezioni effettuate. Qualora le violazioni fossero accertate, considerate le dimensioni del mercato, le peculiarità della filiera e la asserita gravità delle pratiche contestate, le conseguenze dell’accertamento di una potenziale infrazione per le Parti potrebbero essere particolarmente significative. Oltre alle potenziali sanzioni imposte dall’AGCM, infatti, una conferma definitiva della intesa potrebbe comportare l’avvio di un ampio filone di azioni follow-on, con richieste di risarcimento da parte degli operatori danneggiati.
Eleonora Colombo
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Tutela del consumatore / Clausole vessatorie e servizi di autonoleggio – Il Consiglio di Stato annulla la sanzione dell’AGCM nei confronti di Sicily By Car per mancata valutazione della manifesta eccessività dell’importo previsto nelle clausole penali
Con la sentenza n. 10001 pubblicata in data 11 dicembre 2024, il Consiglio di Stato (il CdS) ha annullato il provvedimento con il quale l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (l’AGCM) aveva irrogato una sanzione nei confronti di Sicily By Car S.p.A. (Sicily By Car) per l’inserimento di una clausola vessatoria imposta ai consumatori nelle condizioni generali di contratto predisposte per l’attività di autonoleggio a breve termine senza conducente.
La clausola in questione prevedeva un obbligo nei confronti dei noleggiatori di adempiere al pagamento di eventuali contravvenzioni, pedaggi autostradali o ticket di parcheggio sostenuti durante il noleggio e, in caso di mancato tempestivo pagamento, di versare un corrispettivo – del valore di 50 euro più iva – a fronte dei servizi aggiuntivi di gestione delle pratiche svolti da Sicily By Car.
L’AGCM ha ritenuto che la pattuizione in questione costituisse una clausola penale per un valore eccessivo e ne ha dichiarato la vessatorietà ai sensi dell’articolo 33 comma 2, lett. f), del Codice del consumo, in forza del quale si considerano vessatorie tutte le clausole che impongono al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell'adempimento, il pagamento di una somma di denaro sia essa a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente e che risulti di importo manifestamente eccessivo.
In seguito al rigetto del ricorso da parte del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (il TAR Lazio), Sicily By Car ha proposto appello avverso alla sentenza di primo grado sostenendo: (i) l’illegittima qualificazione della clausola come penale, in quanto l’importo aggiuntivo richiesto costituiva un mero corrispettivo; (ii) la violazione del principio del legittimo affidamento, poiché l’AGCM aveva già precedentemente valutato le condizioni di contratto di Sicily By Car senza riscontrare la vessatorietà di tale clausola; e (iii) l’erronea qualificazione dell’importo come manifestamente sproporzionato.
Quanto al primo motivo di appello, il CdS ha da un lato riconosciuto che la somma indicata nelle condizioni di contratto a titolo di “corrispettivo” deve essere considerata a tutti gli effetti una clausola penale ex articolo 1382 del c.c., in quanto il meccanismo di addebito automatico previsto assolve in toto le due funzioni tipicamente attribuite alle clausole penali: la liquidazione preventiva del danno sofferto e una funzione coercitiva all’adempimento. Di conseguenza, l’utilizzo del termine “corrispettivo” nelle condizioni generali di contratto, quale scelta linguistica, non impedisce di qualificare la clausola come clausola penale, in quanto è necessario fare riferimento alla dimensione sostanziale del negozio giuridico.
Dall’altro, il CdS afferma che non sussiste alcuna violazione del principio del legittimo affidamento chiarendo che il precedente procedimento che aveva coinvolto Sicily By Car riguardava in realtà una pratica commerciale scorretta, ossia una infrazione distinta. Come ulteriormente riportato dal giudice di seconda istanza, una costante giurisprudenza afferma inoltre che “…la violazione del legittimo affidamento potrebbe profilarsi soltanto ove [...] siano state fornite all'interessato rassicurazioni precise, incondizionate, concordanti nonché provenienti da fonti autorizzate ed affidabili dell'amministrazione e che tali rassicurazioni siano state idonee a generare fondate aspettative nel soggetto cui erano rivolte e che siano conformi alla disciplina applicabile…”, elementi che non ricorrono nel caso sottoposto al vaglio della corte.
Solo con riguardo al motivo (iii), il CdS accoglie le doglianze avanzate da Sicily By Car, affermando che, ai sensi dell’articolo 33 comma 2, lett. f) del Codice del consumo, per definire una clausola vessatoria non è sufficiente che sia ravvisabile una clausola penale e che l’importo da essa previsto sia meramente sproporzionato – come affermato nel provvedimento dell’AGCM – ma esso deve necessariamente risultare “manifestamente eccessivo” nel suo ammontare. In questo senso, il CdS fa riferimento all’articolo 1384 c.c. quale criterio di valutazione, il quale sancisce che, nel diverso contesto della possibile riduzione di una penale in ambito civilistico, per valutare la manifesta eccessività è necessario considerare l’interesse che il creditore aveva all’adempimento. Nel caso specifico il CdS ha quindi concluso che, alla luce di tali parametri, l’ammontare della clausola non era manifestamente eccessivo.
Il CdS, quindi, ha accolto l’appello proposto da Sicily By Car limitatamente al motivo relativo alla manifesta eccessività dell’importo della penale ed ha disposto l’annullamento del provvedimento sanzionatorio dell’AGCM.
Margherita Zucchini
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Contratti con vincoli e settore delle telecomunicazioni – Il TAR Lazio ha accolto il ricorso di Iliad e annullato la delibera AGCom No. 307/23/CONS
Con la sentenza pubblicata lo scorso 9 dicembre, il Tribunale Amministrativo regionale per il Lazio (il TAR Lazio) ha accolto il ricorso di Iliad Italia S.p.A. (la Ricorrente) avverso l’art. 5, comma 6, del Regolamento recante disposizioni a tutela degli utenti finali in materia di contratti relativi alla fornitura di servizi di comunicazioni elettroniche (il Regolamento), approvato con delibera n. 307/23/CONS dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (l’AGCom).
L’art. 5, comma 6, prevedeva la possibilità per gli operatori di comunicazioni elettroniche di stipulare con gli utenti finali contratti per l’acquisto di servizi e apparecchiature terminali applicando un periodo di rateizzazione superiore a 24 mesi, anche nel caso di prima sottoscrizione. Secondo la Ricorrente, tale disposizione (i) si poneva in contrasto con il divieto di rateizzazione superiore a 24 mesi previsto dall’art. 98 septiesdecies, comma 1, del Codice delle comunicazioni elettroniche (il CCE) e (ii) non rientrava nell’ambito di applicazione dell’eccezione a tale divieto, contemplata dall’art. 98 noviesdecies, comma 3, CCE.
A parere del TAR Lazio, il ricorso merita accoglimento. Preliminarmente, il TAR Lazio ricorda la ratio del divieto – inteso come divieto di portata generale dal Consiglio di Stato (il CdS) in altro caso (sentenza 7080/24) – di prevedere un periodo di rateizzazione superiore a 24 mesi, ossia evitare di disincentivare gli utenti al cambiamento del fornitore di tali servizi. Quindi, il TAR Lazio individua la questione controversa, ossia se fosse possibile ricondurre l’art. 5, comma 6, del Regolamento nell’ambito di applicabilità della deroga prevista dall’art. 98 noviesdecies, comma 3, CCE. Secondo il TAR Lazio quest’ultima norma presenta elementi chiari nella formulazione letterale, e in particolare: (i) si riferisce a servizi e apparecchiature supplementari, (ii) pone una distinzione fra la durata originaria del contratto e quella risultante dal prolungamento del periodo di rateizzazione, (iii) utilizza il termine “prolungare” e (iv) si riferisce ad un secondo e supplementare momento di sottoscrizione. Il TAR Lazio rigetta quindi l’argomentazione dell’AGCom secondo cui l’art. 98 noviesdecies, comma 3, disciplinerebbe anche l’ipotesi di prima sottoscrizione e afferma che l’unica deroga possibile al divieto di rateizzazione superiore a 24 mesi riguarda sottoscrizioni successive e supplementari con il medesimo operatore. Il TAR Lazio ha accolto dunque il ricorso della Ricorrente e ha annullato la delibera dell’AGCom n. 307/23/CONS che consentiva agli operatori di servizi di comunicazioni elettroniche di offrire contratti con vincoli di durata superiori ai 24 mesi anche nella fase di prima sottoscrizione.
La sentenza, quindi, è di notevole rilevanza, poiché tutti gli operatori di servizi di comunicazioni elettroniche saranno tenuti a modificare le proprie offerte in linea con il divieto di prevedere un periodo di rateizzazione superiore a 24 mesi nei contratti di acquisto di servizi e apparecchiature terminali.
Maria Teresa Loiudice
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Appalti, concessioni e regolazione / Contratti attivi e sfruttamento dei marchi – Lo sfruttamento commerciale del Festival di San Remo deve passare attraverso una procedura concorrenziale e non spetta di diritto alla RAI
Con sentenza del 5 dicembre 2024, il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria (il TAR Liguria) ha annullato la delibera del Comune di San Remo (il Comune) che, in via diretta e senza gara, ha assegnato a RAI S.p.A. (la RAI) il diritto allo sfruttamento commerciale del marchio “Festival della Canzone Italiana” (il Marchio) per le edizioni 2024 e 2025 del Festival di San Remo (il Festival).
Nel marzo 2023, la società di produzione musicale JE S.r.l. (JE) ha presentato al Comune una manifestazione di interesse ad acquisire i diritti allo sfruttamento commerciale del Marchio. Il 31 dicembre 2023 sarebbe infatti scaduta la convezione con cui il Comune aveva assegnato tali diritti a RAI.
Il Comune non ha fornito alcun riscontro a questa richiesta. Nel novembre 2023, il Comune ha poi deliberato l’assegnazione a RAI dei diritti commerciali sul Marchio, stipulando contestualmente una nuova convenzione per l’organizzazione del Festival negli anni 2024 e 2025 (la Convenzione).
JE ha dunque presentato ricorso di fronte al TAR Liguria contro l’affidamento della Convenzione alla RAI, lamentando il fatto che il Comune non avrebbe potuto procedere all’assegnazione dei diritti sul Marchio senza il previo ricorso ad una procedura ad evidenza pubblica.
In primo luogo, il TAR Liguria ha esaminato la struttura della Convenzione, al fine di identificare la disciplina applicabile. A norma della Convezione, da un lato, gravano sul Comune l’obbligo di concedere in esclusiva a RAI il Marchio e alcune prestazioni ancillari (quali la fornitura dei locali dove si svolge il Festival); dall’altro, RAI si impegna a pagare un corrispettivo, che si accresce anche a seconda dei ricavi effettivamente conseguiti nell’ambito del Festival.
Alla luce di tale struttura contrattuale, il TAR Liguria ha ritenuto che la Convenzione fosse riconducibile allo schema del “contratto attivo”, vale a dire un contratto che comporta l’acquisizione di entrate da parte dell’amministrazione. Il TAR Liguria ha ricordato che questi contratti non ricadono formalmente nell’ambito di applicazione del Codice dei contratti pubblici (il Codice). Tuttavia, sempre a norma del Codice e della disciplina sulla contabilità dello Stato, essi sono pur sempre soggetti ai principi di evidenza pubblica. Pertanto, essi devono essere affidati sulla base di una procedura concorsuale.
Nel merito, il TAR Liguria ha poi confutato le argomentazioni di RAI volte ad evidenziare l’eccezionalità del caso di specie.
RAI aveva infatti dichiarato di detenere il diritto d’autore sul format del Festival (il Format). Questo perché RAI stessa avrebbe creato il Format (e, indirettamente, il Festival) nell’arco dei decenni, tramite una serie di scelte artistico-organizzative che costituirebbero l’essenza del Festival. In questo senso, il Marchio al più avrebbe creato una situazione di condominio fra RAI e Comune, con l’impossibilità di sfruttamento economico dello stesso senza il consenso di entrambi gli enti.
Il TAR Liguria ha invece accolto la tesi della totale scindibilità di Marchio e Format. In particolare, il TAR Liguria ha rilevato come JE non cercasse affatto di ottenere il Format di RAI, ma soltanto il Marchio, da associare ad un proprio diverso format. Una tesi opposta avrebbe per altro posto in discussione l’utilità della registrazione del Marchio da parte del Comune, avvenuta nel 2000 senza obiezioni da parte di RAI.
Il TAR Liguria ha infine sottolineato come anche le pretese di RAI sul Format fossero inesistenti. Fino al 1991, RAI non curava infatti l’organizzazione e la realizzazione del Festival, limitandosi alla sua diffusione radio-televisiva. Inoltre, nel corso dei decenni, i format del Festival sono in realtà cambiati significativamente. Questo conferma come il Comune sia libero di associare il Marchio a format diversi da quello di RAI.
In conclusione, il TAR Liguria ha annullato la delibera che approvava la Convenzione. Tuttavia, non è stato ritenuto opportuno procedere anche all’annullamento della Convenzione stessa, in quanto, dati i lunghi tempi di preparazione dell’evento, una caducazione della Convezione avrebbe comportato gravi problemi nell’organizzazione del Festival 2025.
Massimiliano Gelmi
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