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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione - 07 ottobre 2024
Diritto della concorrenza – Europa / Intese e sanzioni – Il Tribunale dell’UE ha respinto i ricorsi di Crown Holdings e Silgan contro la decisione della Commissione europea resa in un caso di presunto cartello inizialmente avviato da parte dell’autorità tedesca per la concorrenza, respingendo la domanda riconvenzionale volta ad aumentare le sanzioni per violazione della procedura di transazione
Lo scorso 3 ottobre, il Tribunale dell’Unione europea (il Tribunale) ha rigettato un ricorso presentato da Crown Holdings e Crown Cork & Seal Deutschland Holdings (collettivamente, le Ricorrenti) avverso una decisione della Commissione europea (la Commissione) emanata ad esito di una istruttoria avvenuta a seguito di una riattribuzione del caso dall’Ufficio federale tedesco dei cartelli (il Bundeskartellamt) alla Commissione, in relazione ad un cartello nel settore degli imballaggi in metallo.
Nel marzo 2015, il Bundeskartellamt aveva avviato un’indagine nei confronti di alcune società (incluse le Ricorrenti) attive nel settore degli imballaggi metallici, tra cui in particolare lattine e chiusure metalliche. Le Ricorrenti, già prima dell’avvio delle indagini, avevano avviato un processo di ristrutturazione interna che, ai sensi del diritto della concorrenza tedesca, avrebbero sottratto alcune società figlie alla eventuale sanzione comminata dal Bundeskartellamt. Per far fronte a queste lacune presenti a livello nazionale e tenuto conto della dimensione verosimilmente europea della condotta, nel 2017 il Bundeskartellamt aveva richiesto alla Commissione di avocare le indagini. Nel 2018 quest’ultima accoglieva la richiesta del Bundeskartellamt, e successivamente infiggeva alle Ricorrenti una sanzione pecuniaria pari a circa 7 milioni di euro, tenendo conto di una riduzione del 10% in ragione della transazione (settlement) concordata con le Ricorrenti.
Le parti impugnavano la decisione della Commissione e ne chiedevano l’annullamento, sostenendo che la Commissione, nell’attribuirsi la competenza delle indagini ben tre anni dopo l’avvio del procedimento in Germania, avesse violato quanto stabilito nella Comunicazione sulla cooperazione nell’ambito della rete delle autorità garanti della concorrenza (la Comunicazione), nella quale è previsto che le eventuali riattribuzioni dei casi devono essere disposte immediatamente e, di norma, entro due mesi dalla data della prima informazione inviata alla rete europea della concorrenza, precisando che la riattribuzione dopo due mesi dovrebbe avvenire solo qualora i fatti noti in merito mutino sostanzialmente.
A fronte di tale impugnazione, la Commissione proponeva controricorso, chiedendo che il Tribunale rideterminasse la sanzione rimuovendo la riduzione del 10% applicata in ragione della procedura di transazione, incompatibile a suo dire con l’impugnazione proposta. Più precisamente, la Commissione sosteneva che tale rideterminazione fosse dovuta poiché le Ricorrenti avevano dapprima riconosciuto la competenza della Commissione a indagare il caso, ma successivamente avevano proposto il ricorso così compromettendo i vantaggi procedurali che essa aveva tratto dalla procedura di transazione.
Il Tribunale, pur confermando che la Commissione è vincolata alle regole che essa stessa si è imposta anche in tema di attribuzione dei casi tra la Commissione medesima e le autorità nazionali, ha rigettato il ricorso.
Innanzitutto, il Tribunale sostiene che non sussisterebbe una violazione del principio del legittimo affidamento, il quale sorgerebbe quando una istituzione europea, fornendo informazioni precise, incondizionate e coerenti, induce un cittadino dell’Unione europea a nutrire fondate aspettative; nel caso di specie, infatti, la Comunicazione non prevede un termine perentorio entro il quale deve avvenire l’attribuzione del caso.
In secondo luogo, il Tribunale osserva che la Commissione ha sufficientemente motivato perché si era discostata dalle regole di massima contenute nella Comunicazione. Infatti, sebbene la motivazione alla base della riattribuzione del caso non fosse stata inclusa nella decisione di avvio o di conclusione, le Ricorrenti sarebbero state sufficientemente informate di tali ragioni nei comunicati stampa rilasciati dalla Commissione.
Rispetto al controricorso, il Tribunale ricorda, innanzitutto, che al fine di poter procedere ad un aumento della sanzione, occorre che la Commissione dimostri che tale aumento è necessario sulla base di circostanze delle quali quest’ultima non era a conoscenza al tempo in cui ha determinato la sanzione. Nel caso in cui sia intervenuta una transazione, occorre che la Commissione provi che la controparte l’abbia indotta a considerare determinati argomenti come definitivi e non contestati. Nel caso di specie, il Tribunale osserva che la Commissione non ha provato che le Ricorrenti avessero riconosciuto la competenza di quest’ultima a pronunciarsi sul loro caso nel contesto del procedimento di transazione, non potendosi neppure dedurre tale prova dal riconoscimento da parte delle Ricorrenti che la Commissione potesse imporre una sanzione.
Con riguardo al secondo argomento presentato dalla Commissione, relativo alla perdita dei vantaggi procedurali in conseguenza della proposizione del ricorso, il Tribunale osserva che i vantaggi procedurali di cui la Commissione ha beneficiato non sono compromessi dal ricorso, atteso che le Ricorrenti non hanno contestato quanto concordato durante la procedura di transazione, bensì la competenza stessa della Commissione.
Samuel Scandola
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Diritto della concorrenza – Europa / Diritto della concorrenza e cessione di crediti per il risarcimento dei danni antitrust – Secondo l’AG Szpunar il divieto automatico di cessione di crediti per il risarcimento dei danni derivanti da condotte anticoncorrenziali a soggetti aggregatori è contrario al diritto UE
Il 19 settembre 2024 sono state pubblicate le conclusioni dell’Avvocato Generale Szpunar (AG) sul rinvio pregiudiziale proposto dal tribunale del Land di Dortmund (Germania) alla Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE) sulla compatibilità con il diritto UE dell’interpretazione della normativa tedesca sulla cessione dei crediti in materia di risarcimento danni. L’interpretazione in questione escluderebbe automaticamente la cedibilità di crediti derivanti da azioni giudiziarie antitrust stand-alone a prestatori di servizi legali abilitati, aventi il compito di aggregare tali crediti e farli valere in giudizio in luogo delle imprese interessate (c.d. assignment model).
Nello specifico, la normativa tedesca prevede la figura dei cc.dd. prestatori di servizi legali abilitati, i quali sono soggetti a norme maggiormente permissive rispetto a quelle che disciplinano la professione forense e vengono spesso utilizzati (quando possiedano l’apposita autorizzazione) per servizi di raccolta di crediti che vengono poi azionati in giudizio. La presente controversia nasce dall’interpretazione della normativa fornita dai tribunali tedeschi, secondo la quale tali servizi di raccolta dei crediti non potrebbero essere prestati nell’ambito del diritto della concorrenza, dal momento che le controversie in tale settore sarebbero troppo complesse per consentire l’esercizio tale attività, in particolare quando si tratta di azioni giudiziarie stand-alone.
L’AG ha ritenuto che tale interpretazione della normativa non sia compatibile con il diritto UE. L’AG ha in particolare considerato il principio di effettività ed equivalenza del diritto UE con riferimento all’articolo 101 TFUE e il principio della tutela giurisdizionale effettiva, enunciato dall’articolo 47 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Secondo l’AG, tali principi devono informare le regole di procedura dettate nei singoli Stati Membri, le quali non possono rendere l’esercizio dei diritti garantiti dal diritto UE impossibile o eccessivamente difficoltoso. Pertanto, l’interpretazione della normativa tedesca oggetto della controversia non sarebbe stata compatibile con il diritto UE laddove non vi siano altre possibilità legali o contrattuali equivalenti di raggruppamento delle pretese risarcitorie, valutazione quest’ultima che spetta al giudice nazionale effettuare.
L’AG ha altresì considerato il fatto che le regole poste dal sistema tedesco potessero essere in astratto motivate da considerazioni volte ad assicurare il rispetto del diritto a un processo equo e alla tutela giurisdizionale effettiva dei singoli, dal momento che l’esclusione del diritto della concorrenza dall’attività di raccolta ed esercizio dei crediti veniva giustificata dalla eccessiva complessità della materia. Tuttavia, ha argomentato l’AG, le regole in vigore nel sistema tedesco relativamente alla cessione dei crediti in materia di risarcimento danni derivanti da condotte anticoncorrenziali rendevano, di fatto, impossibile per i soggetti interessati esercitare i diritti loro garantiti dal diritto europeo, e in particolare dall’art. 101 TFUE. A tale riguardo, l’AG ha sottolineato che date le conseguenze che derivano da ciò rispetto all’applicazione del diritto europeo ed alla posizione delle vittime delle violazioni del diritto della concorrenza, il divieto automatico di cessione dei crediti in materia di risarcimento danni derivanti da condotte anticoncorrenziali oggetto della controversia non può essere giustificato sulla base dell’esigenza del rispetto del diritto a un equo processo e alla tutela giurisdizionale effettiva dei singoli.
L’opinione oggetto di commento, la quale sostanzialmente legittima l’utilizzo del c.d. assignment model, si rivela, se la CGUE ne condividerà i presupposti, di particolare importanza in un momento nel quale ci si attende un continuo aumento della rilevanza del private enforcement del diritto della concorrenza, al quale gli aggregatori di crediti relativi a condotte anticoncorrenziali possono sicuramente contribuire in maniera significativa. Non resta dunque che attendere la sentenza della CGUE.
Michael Tagliavini
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Diritto della concorrenza – Italia / Concentrazioni e settore petrolifero – L’AGCM ha sanzionato le società Cristoforetti S.p.A. e CPL Concordia Società Cooperativa per la mancata comunicazione preventiva di una operazione di concentrazione
In data 10 settembre 2024, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha sanzionato le società Cristoforetti S.p.A. (Cristoforetti) e CPL Concordia Società Cooperativa (CPL), attive rispettivamente nel settore della distribuzione di prodotti petroliferi e dei servizi di utilities di energia, per la mancata comunicazione dell’operazione di acquisizione (l’Operazione) del controllo congiunto di Cristoforetti Servizi Energia S.p.A. (la Target), società che si occupa di facility management, energy management e della gestione del calore.
Il 12 febbraio 2024, attraverso un contratto di compravendita, Cooperare S.p.A. (Cooperare) ha ceduto il 28,43% delle partecipazioni detenute sulla Target a CPL - di conseguenza, CPL e Cristoforetti hanno detenuto da tale momento il 50% ciascuna del capitale della Target, esercitando il controllo congiunto su quest'ultima. Successivamente, solo il 4 giugno scorso, in seguito alla stipula di un Patto Parasociale (Patto Parasociale) - il quale attribuirebbe a CPL diritti di veto su decisioni strategiche - CPL ha reso nota la cessione della quota acquisita da Cooperare a Cristoforetti, unitamente ad una quota marginale della propria partecipazione: ad esito di tali operazioni dunque, Cristoforetti diverrebbe proprietaria della partecipazione di maggioranza della Target, con il 79,99% del capitale, insieme a CPL, proprietaria della partecipazione di minoranza pari al 20% del capitale sociale. Ciò nonostante, per l’effetto del Patto Parasociale, le parti continuerebbero ad avere un controllo congiunto sulla Target.
Le Parti hanno eccepito che l'AGCM abbia erroneamente ritenuto che l'acquisizione da parte di CPL della quota di Cooperare e la successiva cessione a Cristoforetti costituissero due distinte operazioni, mentre si tratterebbe - secondo le Parti - di una sola e unica operazione per la quale il dies a quo per l’instaurazione del controllo congiunto delle due società, coinciderebbe con la firma del Patto Parasociale.
Viceversa l’AGCM ha ritenuto che la cessione delle partecipazioni da Cooperare a CPL rappresentava il momento a partire dal quale quest’ultima e Cristoforetti sono giunte a detenere il 50% ciascuna del capitale della Target e, di conseguenza, hanno ottenuto il controllo congiunto su quest’ultima. La successiva cessione delle azioni da CPL a Cristoforetti e la stipula del Patto Parasociale rappresentavano, secondo l’AGCM, la mera formalizzazione di una situazione di controllo congiunto già in essere.
Per quanto concerne l’elemento soggettivo, l’AGCM ha escluso l’intento doloso da parte delle società, riscontrando tuttavia un ritardo colpevole nella comunicazione dell’operazione, dovuto a un errore di valutazione circa il momento in cui si era realizzato il mutamento del controllo. Inoltre, l’AGCM, nella valutazione della gravità dell’infrazione, ha tenuto conto anche dell’assenza di effetti pregiudizievoli prodotti nel mercato interessato a seguito dell’operazione tardivamente notificata.
In conclusione, l’AGCM ha ritenuto che la condotta delle società costituisse una violazione per mancata comunicazione ai sensi dell’articolo 16, comma 1, della legge n. 287/1990, e ha pertanto comminato una sanzione amministrativa nei confronti di Cristoforetti e CPL, rispettivamente, di 7.307,21 euro e 9.049,44 euro.
Margherita Zucchini
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Concentrazioni e settore della GDO – L’AGCM ha deliberato l’avvio della c.d. Fase II per l’acquisizione da parte di PAC 2000A Soc.coop. di cui alcuni rami di azienda di proprietà di DOC Roma S.r.l. e Unicoop Firenze Soc. coop
Lo scorso 24 settembre, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha deliberato l’avvio di un’istruttoria approfondita (c.d. Fase II) in relazione all’acquisizione di 13 rami d’azienda di proprietà di DOC Roma S.r.l. (DOC) e della sua controllante Unicoop Firenze Soc.coop. (Unicoop), consistenti in punti vendita nell’area di Roma e provincia, da parte della più grande cooperativa del Consorzio Nazionale Dettaglianti (CONAD), PAC 2000A Soc.coop. (complessivamente, l’Operazione).
L’Operazione interessa il settore della grande distribuzione organizzata di prodotti alimentari e non alimentari di largo e generale consumo (GDO), all’interno della quale l’AGCM individua un primo mercato, a valle, rappresentato dai mercati della vendita al dettaglio di prodotti alimentari e non alimentari di largo consumo e, un secondo mercato, a monte, rappresentato dai mercati dell’approvvigionamento dei mercati alimentari e non alimentari di largo consumo.
Con riferimento ai mercati della vendita al dettaglio di prodotti alimentari e non alimentari di largo consumo, l’AGCM evidenzia che, alla luce delle dimensioni dei tredici punti vendita oggetto di trasferimento, i mercati interessati dal lato del “prodotto” sono quelli dei supermercati (ossia, i punti vendita di dimensione superiore a 100 metri quadrati), mentre sotto il profilo “geografico” rileva l’area collocata ad una distanza massima di 15 minuti di guida da ciascun punto vendita oggetto di trasferimento. L’AGCM, a seguito della propria analisi, ha evidenziato come l’Operazione determinerebbe (in nove delle tredici aree individuate) una quota di mercato risultante dalla combinazione delle parti largamente superiore al 25%, con il principale concorrente avente una presenza su tale mercato molto più ridotta, per raggiungere anche quote fino a circa il 40% in quattro delle tredici aree. Inoltre, l’AGCM rileva che devono essere prese in considerazione anche circostanze diverse ed ulteriori rispetto alle quote di mercato delle parti, tra cui (i) la particolare prossimità concorrenziale di DOC e CONAD, in regione del format commerciale e dal livello qualitativo che caratterizza i punti vendita; nonché (ii) la circostanza che l’Operazione comporta di fatto la scomparsa di Unicoop-DOC nel territorio di Roma e provincia.
Con riferimento, invece, ai mercati dell’approvvigionamento dei mercati alimentari e non alimentari di largo consumo, l’AGCM ha ritenuto in ultima istanza di lasciarne aperta la definizione merceologica, riscontrando che, in considerazione delle varie alleanze di acquisto nazionali, l’Operazione non appare di per se idonea a determinare effetti significativi sui mercati in questione.
Tuttavia, per le ragioni sopra evidenziate, l’AGCM ha comunque deciso di avviare la Fase II, ritenendo che l’Operazione possa determinare la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante in alcuni mercati della vendita al dettaglio di prodotti alimentari e non alimentari di largo consumo.
Non resta che attendere l’esito dell’istruttoria, che si concluderà nel “nuovo” termine di 90 giorni (introdotto con la Legge Annuale per il Mercato e la Concorrenza 2022), per verificare se tali preoccupazioni concorrenziali saranno confermate dall’AGCM.
Irene Indino
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Intese anticoncorrenziali e interessi legali – Il TAR Lazio si pronuncia sulla questione degli interessi legali connessi ad una sanzione AGCM rideterminata in esito ad un ricorso accolto con rinvio all’AGCM
Con la sentenza del 30 settembre 2024, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (TAR Lazio) ha statuito che gli interessi legali su una sanzione dell’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato (AGCM), rideterminata dall’AGCM in esito al rinvio disposto dal Consiglio di Stato (CdS), non si possano calcolare dalla data della sanzione originariamente inflitta, ma esclusivamente da quella del provvedimento di rideterminazione.
Nel 2019, l’AGCM ha irrogato nei confronti di Babcock Mission Critical Services Italia S.p.a. (Babcock) una sanzione pecuniaria di oltre 50 milioni di euro per intese anticoncorrenziali nel settore dei servizi di produzione di elicotteri.
Babcock ha impugnato tale sanzione di fronte al TAR Lazio, lamentando l’errata quantificazione della sanzione e ottenendo contestualmente una sospensione cautelare della stessa; il TAR Lazio ha poi respinto nel merito il ricorso.
Babcock ha fatto appello al CdS, il quale nel 2021 ha accolto parzialmente le censure, annullato il provvedimento dell’AGCM e ordinato a quest’ultima di rideterminare l’ammontare della sanzione.
Nel 2022 l’AGCM ha adottato un secondo provvedimento, quantificando la sanzione nell’ammontare di 18 milioni di euro, somma che Babcock ha pagato integralmente. L’AGCM ha tuttavia chiesto il pagamento anche degli interessi legali maturati sulla sanzione, calcolati con riferimento al provvedimento del 2019 e pari a circa 152.000 euro.
Babcock si è opposta al pagamento degli interessi legali, ritenendoli non dovuti alla luce della rideterminazione operata a seguito della sentenza del CdS, impugnando di fronte al TAR Lazio la comunicazione con cui l’AGCM chiedeva il versamento di tali interessi.
Il TAR Lazio ha chiarito in primo luogo come la sentenza di annullamento del CdS abbia posto nel nulla il provvedimento sanzionatorio con effetti ex tunc. Nel caso di specie, data tale retroattività, la pretesa creditizia dell’amministrazione non è mai esistita nel periodo fra l’adozione della prima sanzione nel 2019 e la sua rideterminazione nel 2022. In particolare, il TAR Lazio ha precisato come il credito difettasse dei requisiti di liquidità ed esigibilità a seguito dell’annullamento giudiziale.
In secondo luogo, il TAR Lazio ha smentito l’argomentazione avanzata dall’AGCM, secondo cui la sentenza del CdS avrebbe annullato solo parzialmente il primo provvedimento, ossia la sola parte relativa alla quantificazione della sanzione, senza toccare i presupposti giuridici per l’irrogazione della stessa. La sentenza del CdS ha infatti travolto l’intero atto, richiedendo un nuovo e del tutto autonomo esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’AGCM.
Alla luce di queste considerazioni, il TAR Lazio ha annullato la comunicazione dell’AGCM volta ad ottenere da parte di Babcock gli interessi legali.
La sentenza è interessante in quanto chiarisce come il non corretto esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’AGCM non possa avere conseguenze pregiudizievoli nei confronti dei soggetti già responsabili per il pagamento della sanzione; fintanto che tale potere non viene esercitato in modo legittimo, esso è viziato e l’intero provvedimento non può produrre alcun effetto.
Massimiliano Gelmi