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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione - 16 settembre 2024
Diritto della concorrenza – Europa / Abuso di posizione dominante e servizi di comparazione online – La CGUE rigetta il ricorso proposto da Google contro la decisione del Tribunale nel caso ‘Google Shopping’
Con la sentenza dello scorso 10 settembre 2024, la Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE) ha rigettato l’appello contro la sentenza con cui il Tribunale dell’Unione europea (il Tribunale) aveva in larga parte confermato la decisione (la Decisione) della Commissione europea (la Commissione) del 2017 nel caso “Google Search (Shopping)”. Ad esito di questa istruttoria Google LLC e la sua controllante Alphabet, Inc. (Google) erano state sanzionate per aver abusato della propria posizione dominante nei mercati dei servizi di ricerca generica e di comparazione online, adottando una condotta di c.d. self-preferencing.
Nello specifico, nel 2017 la Commissione aveva sanzionato Google per oltre € 2,4 miliardi per avere dato maggior risalto ai risultati di comparazione tra prodotti forniti dal proprio servizio tramite diversa presentazione visiva (fotografie e informazioni più dettagliate in una “box” rispetto a semplici link per i servizi concorrenti) e con un posizionamento preferenziale, anche grazie ad algoritmi di “aggiustamento” (finalizzati a classificare i risultati di ricerca sulla base della loro rilevanza) che non trovavano applicazione nei confronti dei risultati prodotti da Google ma solo dei servizi di comparazione concorrenti, così determinando un loro posizionamento più in basso. Per la Commissione, tale condotta avrebbe comportato un sensibile incremento del traffico su Google Shopping a discapito dei servizi concorrenti, con ciò costituendo un abuso di posizione dominante qualificato come self-preferencing. Il Tribunale aveva successivamente respinto il ricorso presentato da Google avverso la Decisione, come commentato in questa Newsletter. Da qui, l’ulteriore appello di Google dinanzi alla CGUE.
La CGUE, seguendo le raccomandazioni dell’Avvocato Generale Kokott già commentate in questa Newsletter, ha ora confermato la sentenza del Tribunale fornendo ulteriori indicazioni relativamente alla figura del self-preferencing e, nel fare ciò, ha ampliato la portata applicativa dell’art. 102 TFUE nel settore digitale.
La CGUE ha in primo luogo ritenuto inapplicabili i rigidi criteri delineati dalla giurisprudenza Bronner (sviluppati per valutare se il rifiuto di un’impresa dominante a fornire accesso ai propri concorrenti ad una risorsa essenziale costituisca un abuso) alla fattispecie oggetto di esame, in quanto l’abuso di self-preferencing avrebbe una sua autonoma caratterizzazione. Nel caso di specie, infatti, oggetto di analisi non era un vero e proprio rifiuto a contrarre, ma l’applicazione di condizioni di accesso discriminatorie e un’attiva degradazione delle offerte dei concorrenti. Pertanto, secondo un’argomentazione invero piuttosto formalistica, la CGUE ha ritenuto che, essendo l’accesso già stato concesso nel caso di specie, l’incentivo a investire e la libertà contrattuale di Google sarebbero state pregiudicate in maniera minore rispetto a un caso di rifiuto a contrarre, nel quale Google sarebbe invece stata costretta a fornire l’accesso ex novo. Da qui, la mancata applicazione degli stringenti requisiti imposti dalla giurisprudenza Bronner.
La CGUE ha poi precisato che non tutte le ipotesi di self-preferencing sono da ritenersi illecite ai sensi del diritto della concorrenza, essendo illecite solo quando la discriminazione da parte dell’impresa dominante avviene al di fuori della concorrenza basata sui meriti. In particolare, nel ritenere che la condotta di Google non fosse espressione di una concorrenza sul merito, la CGUE ha tenuto in considerazione diversi elementi di contesto, tra cui la posizione di “superdominanza” di Google nel mercato della ricerca generale e le caratteristiche del mercato, come le elevate barriere all’entrata e l’importanza del motore di ricerca generale per competere in maniera effettiva nel mercato della ricerca specializzata di comparazione dei prodotti. Infine, la CGUE ha anche ritenuto che nel caso in esame Google non avesse fornito la dimostrazione dell’esistenza di giustificazioni oggettive per la condotta tenuta.
In ultimo, con riferimento all’analisi degli effetti, la CGUE ha ribadito il principio circa la sufficienza della dimostrazione che la condotta fosse potenzialmente in grado di produrre effetti anticoncorrenziali. A tal proposito, la CGUE ha affermato che il criterio del “concorrente altrettanto efficiente” (Test AEC) non era necessario in un caso come quello di specie, in cui non si discuteva di un abuso di prezzo.
La sentenza della CGUE risulta di particolare interesse in quanto segna la definitiva conferma dell’avvenuto ingresso nel diritto della concorrenza della figura del self-preferencing come autonoma figura di abuso, i cui contorni restano a dire il vero ancora da definire con maggiore precisione.
Michael Tagliavini
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Report sulla competitività dell’UE – La Commissione europea ha pubblicato il report sulla competitività dell’UE realizzato da Mario Draghi
In data 9 settembre 2024, la Commissione europea (la Commissione) ha pubblicato l’atteso report “The Future of European Competitiveness”, che era stato commissionato più di un anno fa a Mario Draghi (il Report). Il Report contiene più di cento proposte “concrete e urgenti” per sostenere la crescita dell’Unione europea e chiudere quanto prima il divario con Cina e Stati Uniti, andando a toccare un’ampia gamma di priorità politiche e strategiche per garantire che l’UE rimanga competitiva a livello mondiale e crei le condizioni di crescita necessarie per le sue imprese e i suoi cittadini.
Il Report si compone di due parti: (i) la Parte A, intitolata “A competitiveness strategy for Europe” recante la sintesi dei risultati, e (ii) la Parte B, intitolata “In-depth analysis and recommendations” contenente il rapporto completo. In particolare, la Parte B (divisa in due Sezioni – la prima dedicata alle politiche settoriali e la seconda alle politiche orizzontali) contiene una serie di raccomandazioni (per lo più pensate per essere attuate rapidamente) per ogni settore critico e individua proposte prioritarie per il breve e medio termine. Le politiche settoriali analizzate riguardano l’energia, le materie prime critiche, la digitalizzazione e le tecnologie avanzate, le reti a banda larga ad alta velocità, l’intelligenza artificiale, i semiconduttori, le industrie ad alta intensità energetica, le tecnologie pulite, l’industria automobilistica, la difesa, lo spazio, la farmaceutica e i trasporti. Tra le politiche orizzontali analizzate vi è anche quella della Concorrenza (si veda “Revamping competition”, Capitolo 4, Sezione 2, Parte B del Report).
Il capitolo sulla politica della Concorrenza si apre indicando che i principi di quest’ultima – pur rimanendo validi – “devono essere adattati a un mondo che sta cambiando radicalmente”, soprattutto perché “l’economia si è spostata verso settori più innovativi, in cui la concorrenza è solitamente basata sulle tecnologie e sui marchi digitali”. Ed è proprio partendo dal tema dell’innovazione (filo rosso di tutto il Report) che vengono presentate una serie di proposte chiave (dieci in totale), le quali, se adottate, sarebbero in grado di provocare un forte impatto sull’attuale applicazione del diritto della concorrenza nell’Unione Europea. Di seguito si fornisce una breve descrizione delle più rilevanti.
La prima proposta prevede di enfatizzare il peso dell’innovazione e della concorrenza futura nelle decisioni della DG COMP, promuovendo i progressi nei settori in cui lo sviluppo di nuove tecnologie farebbe la differenza per i consumatori. Più nello specifico, viene suggerito di consentire alle imprese coinvolte in operazioni di M&A che non hanno una posizione dominante di giustificare tale operazione societaria dimostrando che, proprio grazie all’operazione, aumenterà l’innovazione. Secondo Mario Draghi, le norme rilevanti sono già formulate in modo sufficientemente ampio da consentire alla Commissione di tenere conto dell’innovazione e della concorrenza futura nelle sue decisioni; è quindi necessario modificare le prassi operative e aggiornare le linee guida per rendere l’attuale regolamento sulle concentrazioni adatto allo scopo, consentendo una vera e propria “innovation defence”.
Con la terza proposta, Draghi suggerisce di incorporare il concetto di resilienza nella politica di concorrenza. Tuttavia, considerando anche che alcuni problemi di resilienza riguardano i settori della sicurezza e della difesa, rispetto ai quali la DG COMP non ha la capacità di valutare o fare compromessi, Draghi propone di istituire un’autorità separata che fornisca un contributo alla DG COMP in questi casi speciali.
Con la quarta proposta, viene raccomandato di tornare alla “normale applicazione” dei controlli sugli aiuti di Stato in un’economia post-pandemica, andando a considerare attentamente la coerenza degli aiuti di Stato con qualsiasi politica industriale dell’UE. Con la settima raccomandazione, Draghi sottolinea l’importanza di una efficace applicazione del Digital Markets Act e della normativa sui Foreign Subsidies, che sarà possibile grazie allo sviluppo di competenze specifiche del personale.
Infine, Draghi suggerisce di introdurre un “nuovo strumento per la concorrenza” per le indagini in relazione a quattro scenari: (i) laddove i mercati, a causa del livello di concentrazione, non funzionano in modo ottimale a seguito di fenomeni di tacita collusione tra le imprese; (ii) in mercati caratterizzati da pregiudizi comportamentali da parte dei consumatori; (iii) nei mercati in cui la resilienza economica è debole (ad esempio a causa della dipendenza da un’unica fonte di materie prime); nonché (iv) nei casi in cui azioni di enforcement passate non hanno effetti sulla concorrenza.
Il Report rappresenta una traccia significativa di una possibile tabella di marcia per la Commissione per i prossimi cinque anni. Ora sarà discusso dagli Stati Membri e, quantomeno in parte, dovrebbe trovare una concreta attuazione.
Mila Filomena Crispino
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Diritto della concorrenza – Italia / Abusi e settore del trasporto aereo – Il Consiglio di Stato conferma la legittimità dell’ordine impartito dal TAR all’AGCM di produrre in giudizio la documentazione allegata ad una richiesta di collaborazione tra autorità nazionali della concorrenza
Con la sentenza pubblicata lo scorso 5 agosto, il Consiglio di Stato (il CdS) ha dichiarato inammissibile l’appello presentato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) avverso l’ordinanza con cui il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (il TAR) ordinava la produzione in giudizio dei documenti relativi alla richiesta di collaborazione (la Richiesta) avanzata dall’AGCM alla Competition and Consumer Protection Authority irlandese al fine di condurre un’ispezione a sorpresa presso i locali aziendali di Ryanair Holding Plc (congiuntamente a Ryanair DAC, Ryanair).
La vicenda in oggetto si pone nel contesto del procedimento avviato dall’AGCM nel settembre 2023 per accertare un potenziale abuso di posizione dominante di Ryanair per mezzo di condotte escludenti a danno delle agenzie di viaggio online e offline nella vendita di biglietti aerei (come già trattato in questa Newsletter).
A seguito dell’ispezione avvenuta nel marzo 2024, Ryanair agiva in giudizio dinanzi al giudice in Irlanda per chiedere l’annullamento dell’autorizzazione all’ispezione e la restituzione di tutti i documenti acquisiti in occasione della stessa. Tuttavia, il giudice irlandese ha riconosciuto il proprio difetto di giurisdizione e Ryanair, in parallelo con l’appello contro tale decisione, ha riproposto le proprie istanze dinanzi al TAR, lamentando in particolare l’illegittimità della Richiesta (e, di conseguenza, delle successive acquisizioni) in ragione dell’omessa preventiva adozione da parte dell’AGCM di un provvedimento ispettivo. In tale contesto, il TAR ha disposto con ordinanza (l’Ordinanza) la misura cautelare atipica dell’inibitoria all’utilizzo, da parte dell’AGCM, di quanto acquisito in sede di ispezione e ha altresì ordinato a quest’ultima di produrre in giudizio i documenti della Richiesta e, in particolare, il template ivi allegato.
L’AGCM proponeva dunque appello avverso l’Ordinanza nella parte in cui ha disposto l’ostensione dei suddetti documenti, evidenziando, inter alia, che detto ordine istruttorio eccederebbe quanto strettamente necessario alla difesa in giudizio di Ryanair, pregiudicando la strategia investigativa dell’AGCM, ed esponendo lo Stato italiano alle conseguenze di una violazione della segretezza della corrispondenza fra autorità nazionali della concorrenza garantita dal diritto dell’Unione Europea.
Tuttavia, il CdS ha dichiarato tale appello inammissibile negando che l’Ordinanza abbia carattere decisorio, in quanto questa non scaturisce da alcuna istanza di accesso avanzata dalle parti, riconoscendole invece il carattere di integrazione istruttoria. Tale conclusione troverebbe altresì conforto nell’osservazione per cui i documenti della Richiesta fanno espresso rinvio al template per specificare la contestazione mossa nei confronti di Ryanair e che la visione di tale documento sarà pertanto necessaria ai fini della motivazione della futura pronuncia del TAR in merito alla legittimità della Richiesta. Secondo il CdS, inoltre, la possibilità per l’AGCM di applicare gli opportuni omissis ai documenti in questione è sufficiente a non pregiudicare le esigenze investigative dell’AGCM.
Non resta quindi che attendere la pronuncia del TAR sull’azione proposta da Ryanair, nonché quella del giudice irlandese di secondo grado.
Niccolò Antoniazzi
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Abuso di posizione dominante e settore della mobilità elettrica – L’AGCM ha concluso il procedimento avviato nei confronti di Bosch accettando gli impegni proposti
Con il provvedimento (Provvedimento) adottato lo scorso 30 luglio, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (l’AGCM) ha accolto gli impegni presentati da Robert Bosch GmbH (Bosch) concludendo, senza accertare alcuna violazione, il procedimento avviato nei confronti della stessa (oggetto di commento in questa Newsletter) per presunto abuso di posizione dominante nel mercato europeo degli e-kit per e-bike, ossia l’insieme delle componenti elettriche ed elettroniche necessarie per costruire una e-bike.
Più specificatamente, gli impegni presentati consistono in soluzioni tecniche volte a superare la mancanza di interoperabilità tra gli e-kit di Bosch e i componenti ABS dei produttori terzi, condotta ritenuta in sede di avvio dell’istruttoria come potenzialmente idonea ad escludere i concorrenti nel mercato europeo degli ABS per e-bike. In particolare, l’AGCM aveva ritenuto che, con tale condotta, Bosch avesse fatto leva sulla propria posizione di leadership nel mercato degli e-kit per e-bike per restringere la concorrenza nel mercato degli ABS per e-bike, con conseguente potenziale estensione della propria posizione dominante in detto ultimo mercato.
Al fine di cercare di rispondere alle criticità concorrenziali sollevate in sede di avvio, Bosch aveva deciso di presentare degli impegni, i quali sono stati accolti con il Provvedimento in commento.
Più in particolare, in merito al primo impegno preso, Bosch si è obbligata a procurare ai produttori di ABS la fornitura di dispositivi materiali e tecnologici che assicurino la compatibilità elettrica e l’interoperabilità digitale tra i suoi e-kit e gli ABS per e-bike dei produttori terzi fino alla permanenza in commercio degli stessi e-kit oggetto del procedimento.
Con il secondo impegno, Bosch si è obbligata a procedere alla modifica della clausola concernente la garanzia contenuta nei contratti di vendita dei propri e-kit per e-bike, estendendola anche in caso di sostituzione con componenti prodotti da terzi operatori, a condizione che non siano tali interventi ad aver causato il danno.
L’AGCM, anche ad esito di un market test, ha valutato positivamente gli impegni presi da Bosch, considerandoli idonei a consentire una immediata interoperabilità tra i sistemi: ciò permette ai produttori di e-bike di scegliere liberamente la combinazione di e-kit e ABS più efficiente, garantendo benefici sia in termini di sicurezza, sia in termini di sostenibilità. Tali impegni permetteranno di evitare che la sua posizione nel mercato degli e-kit per e-bike possa influenzare e restringere la concorrenza nel mercato contiguo degli ABS per e-bike.
La presente decisione è di particolare interesse in quanto riguarda un settore, quello della mobilità elettrica, oggetto di una continua regolamentazione nazionale ed europea legata al settore della transizione ecologica, sempre più strategico.
Margherita Zucchini
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Appalti, concessioni e regolazione / Appalti, concessioni e regolazione – Alla Consulta la norma sull’esclusione automatica per gravi violazioni fiscali
Con ordinanza dell’11 settembre (l’Ordinanza), il Consiglio di Stato (il CdS) ha sollevato una questione di legittimità costituzionale dell’art. 80, co. 4 del d.lgs. 50/2016 (la disposizione normativa) che prevede l’esclusione automatica dei concorrenti in gare d’appalto per gravi violazioni fiscali definitivamente accertate. Secondo il CdS, la violazione fiscale che determina l’esclusione automatica è riferita ad una soglia eccessivamente bassa, in violazione del principio costituzionale di proporzionalità.
La vicenda nasce da una gara indetta dall’USL di Reggio Emilia per l’affidamento di un appalto per servizi di accompagnamento e trasporto pazienti per un valore di 10 milioni di euro. L’USL ha aggiudicato l’appalto alla società Dussman (l’aggiudicatario) e il concorrente Markas S.r.l., (la ricorrente) ha lamentato che l’aggiudicatario avrebbe dovuto essere escluso dalla procedura. Infatti, l’art. 80, comma 4, del d.lgs. 50/2016 prevedeva l’esclusione automatica nei confronti dei concorrenti che avessero compiuto gravi violazioni fiscali per importi superiori a 5.000 euro accertate in via definitiva e, nel caso di specie, la società aggiudicataria aveva un debito fiscale residuo ancora non pagato per circa 9.000 euro.
Il TAR Emilia-Romagna rigettava il ricorso della ricorrente.
La ricorrente appellava dunque di fronte al CdS, dove l’aggiudicatario eccepiva l’incostituzionalità dell’art. 80, co. 4 del d.lgs. 50/2016 perché prevedeva un meccanismo di esclusione automatica al superamento di una soglia che, come nel caso di specie, appariva irrisoria rispetto al valore dell’appalto.
Il CdS ha rilevato che la disposizione normativa ha una duplice ratio: da un lato consente all’amministrazione di entrare in rapporti contrattuali soltanto con operatori economici integri e affidabili; dall’altro soddisfa l’esigenza tributaristica di impedire che un soggetto privato possa ricevere somme di denaro da parte dell’amministrazione fintanto che non abbia pagato i propri debiti nei confronti dello Stato.
In tale contesto, secondo il CdS, la disposizione normativa si presta ad un dubbio di costituzionalità per l’assenza di qualunque rapporto di proporzionalità fra il valore della violazione, potenzialmente irrisorio, e quello dell’appalto, potenzialmente (e come in questo caso) molto elevato.
Infatti, per quanto attiene alla prima finalità, il CdS ha ritenuto che la disposizione normativa sia idonea allo scopo, ma non necessaria – in quanto sono concepibili misure meno intrusive – né proporzionata – in quanto un debito irrisorio non pregiudica la credibilità di un concorrente, qualora l’appalto abbia elevatissimo valore economico. Per quanto riguarda la finalità strettamente fiscale, il CdS ha considerato la soglia ancora una volta idonea, ma non necessaria allo scopo della riscossione del credito. L’Ordinanza mette infatti in luce come esista già per l’amministrazione un generale divieto di sborsare somme di denaro a privati che non abbiano pagato i tributi dovuti, senza che la legge debba ricorrere al rimedio del tutto sproporzionato di una esclusione a monte dell’aggiudicazione.
Di conseguenza, il CdS ha sollevato il quesito con la Consulta e suggerito l’introduzione di un necessario rapporto di proporzionalità fra violazione fiscale e valore dell’appalto, come del resto già avviene nel caso dell’esclusione non automatica.
L’Ordinanza è particolarmente significativa perché, sebbene il quesito di costituzionalità riguardi il vecchio codice appalti, le stesse considerazioni sono valide per l’art. 94, co. 6 del nuovo codice che ne riproduce il contenuto senza modifiche sostanziali.
Massimiliano Gelmi