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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione - 13 maggio 2024

Diritto della concorrenza – Europa / Aiuti di Stato e settore aereo – Il Tribunale dell’Unione Europea accoglie il ricorso di Ryanair avverso la decisione della Commissione che aveva autorizzato l’aiuto di Stato concesso dalla Germania per la ristrutturazione della compagnia aerea Condor

Con la sentenza pubblicata lo scorso 8 maggio nel caso T-28/22, il Tribunale dell’Unione Europea (il Tribunale) ha accolto il ricorso proposto da Ryanair DAC (Ryanair) avverso la decisione della Commissione europea (la Commissione) che aveva autorizzato nel luglio del 2021, sulla base dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c) del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) e degli Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese non finanziarie (gli Orientamenti), una misura di aiuto a sostegno della ristrutturazione e del proseguimento delle attività della compagnia aerea charter tedesca, Condor.

La vicenda trae origine dalla misura statale approvata dalla Commissione nel luglio del 2021 che comprendeva due parti: la modifica delle condizioni dei prestiti COVID-19 del 2020 e, la cancellazione di un debito di importo pari a EUR 20,2 milioni, corrispondente agli interessi che la Condor doveva rimborsare a seguito della decisione sull’aiuto COVID-19 (l’Aiuto).

La sentenza in commento si focalizza sull’interpretazione del paragrafo 67 degli Orientamenti: Ryanair sosteneva che la Commissione avrebbe violato tale paragrafo, in quanto non avrebbe esaminato se l’Aiuto prevedesse condizioni tali da garantire allo Stato una quota ragionevole dei futuri incrementi di valore di Condor. Di contro, la Commissione riteneva che il paragrafo 67 degli Orientamenti non fosse applicabile in questo caso, posto che lo stesso sarebbe rilevante solo quando la misura controversa è rappresentata da un conferimento di capitale e lo Stato membro interessato detenga una partecipazione nel beneficiario, circostanze che non si sarebbero verificate nella fattispecie.

Il Tribunale si è pronunciato a favore di Ryanair statuendo che la Commissione avrebbe errato nell’omettere di esaminare la conformità dell’Aiuto ai requisiti del paragrafo 67, sulla scorta delle seguenti argomentazioni.

In primo luogo, sarebbe l’interpretazione letterale del paragrafo 67 a prevedere che l’obbligo di disporre condizioni tali da procurare allo Stato una quota ragionevole dei futuri incrementi di valore del beneficiario si applica a “qualsiasi aiuto di Stato che rafforzi la posizione del beneficiario in termini di capitale proprio”, in combinato disposto con il paragrafo 65 che, introducendo la sezione degli Orientamenti rubricata “Condivisione degli oneri”, fornisce tre esempi di aiuti di Stato che rafforzano la posizione del beneficiario in termini di capitale proprio, ossia sovvenzioni, conferimenti di capitale e riduzioni dell’indebitamento, come era appunto avvenuto nel caso di specie.

In secondo luogo, pur accogliendo il rilievo della Commissione secondo cui la parte finale del paragrafo 67 fa riferimento solo all’ipotesi di conferimento di capitale, il Tribunale ritiene che l’apparente incoerenza tra la prima e la seconda parte del paragrafo 67 sia superata dal fatto che l’ultima parte del paragrafo 67 segue immediatamente la condizione tale da procurare allo Stato una “quota ragionevole” dei futuri incrementi di valore del beneficiario e, quindi, il riferimento al capitale proprio del beneficiario costituisce un mero termine di riferimento per la quantificazione della suddetta “quota ragionevole”.

Inoltre, in base ad una lettura contestuale degli altri paragrafi della sezione sulla condivisione degli oneri, il Tribunale aggiunge che neppure il paragrafo 66 degli Orientamenti suggerisce che tale norma sia destinata ad applicarsi solo a talune forme di aiuti di Stato, bensì la formulazione in termini generici che si riferisce ad un intervento statale indica che tale paragrafo si applichi in realtà indipendentemente dalla forma che assume tale intervento. Pertanto, il paragrafo 67 concorderebbe con gli ambiti di applicazione dei paragrafi 65 e 66 degli Orientamenti, e si aggiungerebbe a questi requisiti.

Infatti, se da un lato il requisito di cui al paragrafo 66 riguarda l’assorbimento delle perdite del beneficiario da parte degli azionisti e dei detentori di debito subordinato, che deve essere attuato prima dell’intervento dello Stato, dall’altro, il paragrafo 67 si riferisce a una situazione futura, ossia quella dei futuri incrementi di valore del beneficiario.

Infine, in termini di interpretazione teleologica del paragrafo 67, il Tribunale rileva che la disciplina della condivisione degli oneri trova la sua ratio nella prevenzione del cosiddetto “azzardo morale”, ossia evitare che le imprese adottino comportamenti aziendali eccessivamente rischiose facendo affidamento sulla possibilità che l’impresa riceva un aiuto di Stato. Tale obiettivo non potrebbe invece essere raggiunto se determinati tipi di misure di aiuto che, comunque, rafforzano la posizione del beneficiario in termini di capitale proprio e generano lo stesso azzardo morale derivante da un conferimento di capitali, dovessero essere esclusi dal suo ambito di applicazione.

La sentenza in commento risulta essere interessante in quanto fornisce elementi utili alla interpretazione degli Orientamenti e, in particolare, alla valutazione del concetto di “condivisione degli oneri” nel caso di misure statali per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese. Non resta che attendere l’eventuale sentenza della CGUE sulla vicenda.

Sabina Pacifico

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Diritto della concorrenza – Italia / Concentrazioni e settori dei prodotti da forno e del gelato industriale – In sede di avvio della Fase II, l’AGCM ha deliberato l’immediata sospensione dell’operazione di acquisto del controllo congiunto da parte di Frozen Investments e Sammontana su Forno d’Asolo e Sammontana

Nella sua riunione del 30 aprile 2024, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha deliberato l’avvio dell’istruttoria nonché la immediata sospensione (la Delibera) dell’operazione di acquisizione del controllo congiunto da parte di Frozen Investments S.à r.l. (Frozen, società facente parte del gruppo di investimento Investindustrial) e Sammontana Finanziaria S.r.l. (Sammontana Finanziaria), delle società Sammontana S.p.A. Società Benefit (Sammontana) e Forno d’Asolo S.p.A. (FdA, con Sammontana le Società Target), entrambe attive nei settori della produzione e commercializzazione di prodotti da forno surgelati e gelati industriali (complessivamente, l’Operazione).

L’Operazione rientrava nell’ambito di applicazione del Regolamento (CE) n. 139/2004; tuttavia, con decisione del 13 marzo 2024, la Commissione europea ha disposto il rinvio dell’Operazione all’AGCM, alla quale l’Operazione è stata notificata poche settimane dopo.

Secondo l’AGCM i mercati rilevanti con riferimento all’Operazione sono due: (i) il mercato della produzione e commercializzazione dei prodotti da forno; e (ii) il mercato della produzione e commercializzazione dei gelati. Con riferimento al mercato sub (i), l’AGCM indica che Sammontana e FdA sono rispettivamente il primo e il secondo operatore di prodotti da forno surgelati in Italia nel canale food service (ossia bar, hotel, ristoranti, pizzerie, locali e strutture di intrattenimento), ossia l’unico canale dove operano entrambe le Società Target. Secondo l’AGCM, l’Operazione determina una sovrapposizione rilevante per una specifica categoria di prodotti di questo mercato, ossia i prodotti da forno surgelati per la prima colazione, a cui è ascrivibile la parte prevalente del fatturato delle Società Target sul fatturato complessivo derivante dai prodotti da forno surgelati. In particolare, in quest’ultima suddivisione del mercato, secondo quanto indicato nel provvedimento di avvio, l’entità post merger verrebbe a detenere una quota del 45-50%, a fronte di quote dei principali concorrenti inferiori al 10%.

Alla luce di ciò, in considerazione del livello aggregato delle quote, unitamente ad altri fattori come la rilevante e capillare presenza della rete di vendita delle Società Target, nonché la notorietà dei marchi gestiti, l’AGCM ritiene in via preliminare che l’Operazione possa ostacolare in modo significativo la concorrenza effettiva nel mercato della produzione e vendita dei prodotti da forno surgelati per la prima colazione. Benché nei mercati relativi alle altre categorie di prodotti (ossia snack salati surgelati, pasticceria surgelata e panetteria surgelata) le quote congiunte delle Società Target non risultino così elevate, l’AGCM non esclude che anche in questi possano determinarsi effetti anticoncorrenziali derivanti dall’Operazione, posto che tali prodotti condividono con i prodotti da forno surgelati per la prima colazione la capillare rete distributiva delle Società Target.

Con riferimento al mercato sub (ii), a esito all’Operazione le Società Target andranno a detenere una quota congiunta del 25-30% nel mercato del c.d. gelato ‘da impulso’. Secondo l’AGCM, anche in questo caso, benché la quota di mercato dell’entità post merger non sia particolarmente elevata, non può escludersi un effetto anticoncorrenziale dell’Operazione, considerato che i mercati dei gelati da impulso sono strettamente collegati a quelli dei prodotti da forno surgelati. Il significativo rafforzamento a livello di quote di mercato e di rete distributiva delle Società Target in esame potrebbe, infatti, consentire alle stesse di “fare leva” su tale posizione per estenderla ai mercati dei gelati da impulso, a scapito dei concorrenti che non sono dotati di una gamma di prodotti comparabile in termini di ampiezza e profondità, né di una rete distributiva altrettanto capillare.

Alla luce di quanto sopra, e considerato che gli accordi relativi all’Operazione prevedono la riorganizzazione delle attività dei complessi aziendali, l’AGCM ritiene che l’Operazione potrebbe determinare, nelle more della Fase II, effetti anticoncorrenziali difficilmente reversibili e, per tale motivo, è stata ordinata la immediata sospensione della realizzazione dell’Operazione fino alla chiusura del procedimento.

Oltre ad aggiungersi ai rari casi in cui l’Autorità è intervenuta ordinando, in sede di avvio della c.d. Fase II, la sospensione di una operazione di concentrazione notificata ma non ancora realizzata, il caso in questione presenta profili di sicuro interesse anche in relazione alle possibili misure che le società coinvolte potrebbe considerare per ridurre i rischi concorrenziali ipotizzati in sede di avvio della Fase II.

Mila Filomena Crispino

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Tutela del consumatore / Clausole vessatorie e settore dell’autonoleggio – L’AGCM ha sanzionato, per un ammontare complessivo di oltre 18 milioni di euro, sei società operanti nel settore dei servizi di autonoleggio in relazione ad una serie di clausole vessatorie

Con i provvedimenti dello scorso 18 aprile (i Provvedimenti), l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (l’AGCM) ha sanzionato, per avere inserito una serie di clausole vessatorie nella documentazione contrattuale, le seguenti società: Avis Budget Italia S.p.A., Hertz Italiana S.r.l., Centauro Rent a Car Italy S.r.l., Green Motion Italia S.r.l., Noleggiare S.r.l. e Drivalia Leasys Rent S.p.A. (congiuntamente, le Società o i Professionisti), per un ammontare complessivo di oltre 18 milioni di euro.

Secondo le ricostruzioni dell’AGCM, le suddette Società, tutte attive nel settore della prestazione di servizi di autonoleggio a breve termine senza conducente, avrebbero inserito nella documentazione contrattuale una clausola che prevede un obbligo da parte del locatario della vettura al pagamento di una commissione fissa per la “gestione della pratica amministrativa” correlata a ciascuna sanzione irrogata per violazione del Codice della Strada od omesso pagamento di pedaggi o parcheggi durante il noleggio (la Clausola), con addebito automatico di tale importo sulla carta di pagamento utilizzata in sede di noleggio.

Alla luce delle evidenze istruttorie, l’AGCM ha ritenuto che la Clausola in esame fosse vessatoria ai sensi dell’articolo 33, comma 1, del Codice del Consumo, in quanto tale da determinare un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto di noleggio mediante l’istituzione di un obbligo in capo al consumatore-locatario al pagamento di un importo forfetario, generando così un onere distinto e addizionale rispetto al corrispettivo dovuto in relazione al noleggio. Non sono state quindi accolte le difese dei Professionisti, i quali hanno sostenuto che l’onere sopra descritto si inquadri piuttosto come “un recupero di un costo industriale” oppure “un corrispettivo per prestazioni aggiuntive” svolte a favore del cliente.

Del resto, la stessa modifica intervenuta nel 2021 nel settore dell’autonoleggio, attuata dal decreto-legge “Infrastrutture”, con la nuova formulazione dell’articolo 196 del Codice della Strada, esclude il vincolo di solidarietà tra l’impresa di autonoleggio e il cliente-locatario al pagamento delle infrazioni imputabili ai clienti noleggianti. Di conseguenza, i Professionisti-locatori sono tenuti esclusivamente a: (i) reperire nel proprio data-base clienti i dati anagrafici e identificativi del noleggiante a cui è imputata la sanzione ricevuta dall’Ente accertatore; e (ii) trasferire i suddetti dati all’Ente accertatore per consentire una corretta ri-notifica della sanzione; ossia tutte attività ritenute, dai consolidati orientamenti della stessa AGCM e dei giudici amministrativi, pacificamente funzionali all’esonero nei confronti dei Professionisti di ogni tipo di responsabilità.

Pertanto, sulla scorta di queste motivazioni, l’AGCM ha ritenuto la Clausola ingiustificata ed ha irrogato nei confronti dei Professionisti sanzioni amministrative pecuniarie calcolate tenendo conto di diversi parametri, tra cui: (i) la gravità dell’infrazione; (ii) la durata dell’infrazione e (iii) le condizioni economiche e patrimoniali dei singoli Professionisti. In particolare, il parametro relativo alla gravità dell’infrazione considera: (a) l’opera svolta per eliminare o attenuare l’infrazione; (b) l’importo della commissione contenuta nella Clausola; (c) il carattere automatico dell’addebito del suddetto pagamento nei confronti del cliente; e (d) l’idoneità della Clausola in esame a coinvolgere un ampio spettro di consumatori. Sono stati tenuti altresì in conto gli introiti derivanti ai Professionisti dall’applicazione della Clausola in questione.

Nel caso specifico della società Avis Budget Italia S.p.A., nei confronti della quale è stata irrogata la sanzione amministrativa pecuniaria di ammontare più elevato, pari a 9 milioni di euro, l’importo della commissione contestata dall’AGCM è stato ridotto da 40 a 26 euro + IVA poco prima della chiusura dell’istruttoria; tale ravvedimento, tuttavia, non è stato ritenuto sufficiente né a far venir meno il carattere della vessatorietà insito nella Clausola né meritevole di una riduzione dell’importo della sanzione che, come detto sopra, ha tenuto altresì conto della circostanza per cui Avis avrebbe guadagnato tra i 10 e i 35 milioni di euro per effetto dell’indebita applicazione della Clausola vessatoria durante gli ultimi 20 anni.

Allegra Tucci

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Appalti, concessioni e regolazione / Appalti – I termini per l’integrazione documentale nel procedimento sul soccorso istruttorio e l’applicazione della disciplina processuale sul calcolo dei termini

Con sentenza del 3 maggio u.s., il TAR ha annullato un provvedimento di esclusione da una gara con una decisione che puntualizza principi in tema di tassatività delle cause di esclusione e sul calcolo dei termini procedimentali.

La vicenda trae origine da una a una gara indetta dalla ASL Roma 4 (Stazione appaltante) per la fornitura di materiale protesico e dispositivi medici. La Stazione Appaltante ha rilevato che mancava un documento nella busta amministrativa del concorrente Tau Medica s.r.l. (Tau Medica) e, pertanto, nell’esercizio del soccorso istruttorio, ha richiesto in data 21 febbraio d’integrare il documento mancante sulla piattaforma informatica entro un termine perentorio di 10 gg.

Considerato che il termine di 10 gg scadeva il sabato 2 marzo, la società Tau Medica ha ritenuto di poter consegnare il documento richiesto il successivo lunedì 4 marzo. Al momento di caricare il documento, la società si è avveduta che la piattaforma aveva già considerato scaduto il termine a partire dalle ore 10.00 e non consentiva più il suo caricamento. La società TAU Medica procedeva pertanto ad inviare il documento tramite PEC.

La Stazione appaltante escludeva la società dalla gara rilevando che il documento era stato presentato il 4 marzo anziché il 2, alle ore 16:00 anziché alle 10:00 e tramite PEC in luogo della piattaforma. La società TAU Medica impugnava il provvedimento di esclusione davanti al TAR.

In relazione a un primo profilo, il TAR ha chiarito che, in linea di principio, il provvedimento impugnato non rappresenta una violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione. Infatti, il codice dei contratti pubblici prevede l’esistenza di una specifica causa di esclusione in relazione al mancato rispetto del termine assegnato, in sede di soccorso istruttorio per l’integrazione del documento mancante.

Del pari il TAR chiarisce che il soccorso istruttorio è istituto che si applica in relazione alla carenza di qualsiasi elemento formale della domanda, e dunque non limitatamente solo a documenti per così dire essenziali (a prescindere dalla natura in realtà essenziale del documento nel caso di specie).

Sotto un secondo profilo, TAR accoglie invece il ricorso della società Tau Medica e annulla il provvedimento di esclusione perché la Stazione Appaltante non ha correttamente calcolato la data di scadenza del termine perentorio entro cui la società doveva integrare il documento mancante. Infatti, da un lato, il TAR considera che il termine di 10 giorni scadeva il 4 marzo e non il 2 marzo. Questo perché, secondo il TAR, si devono applicare i criteri previsti nel Codice di procedura civile per il calcolo dei termini, e pertanto la scadenza che cade nella giornata di sabato è prorogata di diritto al primo giorno lavorativo seguente. L’applicazione della disciplina processuale sui termini ai termini di un procedimento amministrativo rappresenta il punto d’interesse più rilevante della sentenza in esame.

Da un altro lato, il TAR rileva che l’amministrazione deve essere guidata nella sua azione in sede di procedure di gara dai principi di buona fede e leale collaborazione nonché di massima partecipazione a tutela della concorrenza. In tale prospettiva, il mancato rispetto dell’orario (nel caso, le ore 10:00) andava qualificato come errore scusabile tenendo conto degli aspetti fattuali della vicenda (ossia, un diverso tenore letterale tra la comunicazione scritta inviata alla Tau Medica, che non menzionava l’orario, e la pagina specifica della piattaforma che in relazione sempre alla medesima comunicazione scritta indicava l’orario delle 10:00, nonché il fatto che in generale la scadenza dei termini per i depositi dei documenti all’amministrazione coincide con le ore 24:00 dell’ultimo giorno).

Stefania Guarino

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Legal News / Intese e validità delle clausole contrattuali – La Cassazione ha aggiornato il proprio orientamento in tema di nullità delle clausole dei contratti di mutuo stipulati ai tassi Euribor

Con la sentenza dello scorso 3 maggio, la Corte di Cassazione (la Cassazione) ha aggiornato il proprio precedente orientamento in tema di nullità delle clausole dei contratti di mutuo stipulati nel periodo di validità dell’intesa avente ad oggetto la manipolazione del tasso Euro Inter-Bank Offered Rate (Euribor – caso AT.39914). Nello specifico, la Cassazione ha fornito un’interpretazione sia sulla nozione di contratto stipulato “a valle” di un’intesa, sia sull’impatto dell’intesa stessa sul regolamento negoziale fra la parti del contratto.

La vicenda prende le mosse dalla nota intesa fra banche, accertata dalla Commissione europea nel 2013, che si sarebbe concretata in numerosi scambi di informazioni con lo scopo di manipolare il mercato dei derivati sui tassi di interesse in euro collegati all’Euribor e/o all’EONIA (Euro Over-Night Index Average). La vicenda ha dato luogo ad una nutrita giurisprudenza che si è pronunciata a più riprese sulla possibilità di ottenere il risarcimento automatico degli interessi corrisposti, qualora il contratto di mutuo abbia incluso una clausola sugli interessi parametrata al tasso Euribor (le c.d. clausole Euribor). L’ultima pronuncia in materia, risalente al dicembre 2023, aveva confermato la possibilità di ottenere tale rimborso automatico, precisando che le clausole Euribor dovessero ritenersi nulle indipendentemente dal fatto che la banca stipulante avesse partecipato all’intesa.

Nella sentenza in commento la Cassazione si pronuncia sul ricorso presentato dalla società Neemias S.r.l. che, agendo in opposizione all’esecuzione nei confronti della cessionaria del credito derivante da un contratto di mutuo stipulato con il Credito Valtellinese S.c.r.l. e contenente la clausola Euribor, ha addotto la validità di tale clausola fra i motivi di ricorso per Cassazione. La Cassazione, pur dichiarando inammissibile il motivo in questione e confermando sul punto quanto rilevato dalla Corte d’Appello, ha ritenuto opportuno enunciare i rilevanti principi di diritto, in considerazione del particolare rilievo giuridico e sociale della questione.

In primo luogo, la Cassazione ha stabilito che i contratti di mutuo che fissano tassi di interesse con rinvio al parametro Euribor non possono considerarsi in assoluto contratti “a valle” dell’intesa diretta ad alterare l’Euribor. Secondo la Cassazione, infatti, affinché un contratto sia “a valle” di un’intesa illecita è necessario che esso sia concluso “in consapevole applicazione” dell’intesa stessa, ossia che almeno una delle parti fosse consapevole dell’alterazione del parametro e abbia inteso avvalersene.

In secondo luogo, con riferimento alla validità della clausola Euribor e alla sua capacità di alterare il regolamento negoziale fra le parti, la Cassazione ha stabilito che dette clausole non possono dirsi per sé nulle, perché ritenute “a valle” di un’intesa illecita (salvo il caso sopracitato di “applicazione consapevole”). Tuttavia, la Cassazione stabilisce che dette clausole potrebbero considerarsi affette da nullità parziale, se e in quanto l’intesa a monte abbia in concreto fatto venir meno o reso incompatibile con la volontà delle parti il parametro esterno da queste utilizzato per la formulazione della clausola (ossia, l’Euribor). In tale ultimo caso, la parte avrà a disposizione il rimedio del risarcimento del danno, ma la Cassazione fa anche esplicito riferimento alla possibilità di una sostituzione in via normativa della clausola Euribor, se non sia possibile altrimenti ricostruirne il valore “genuino”.

In conclusione, si tratta di una sentenza che si pone in contrasto (almeno parziale) con le ultime pronunce della stessa Cassazione sull’argomento, sollevando peraltro qualche riflessione anche in tema di compatibilità dei principi in essa espressi con la dottrina degli “umbrella effects”, nota al diritto della concorrenza, e la tutela garantita all’utente finale che abbia subito tali effetti derivanti da un’intesa illecita.

Vale la pena di segnalare che, proprio allo scopo di evitare tali oscillazioni negli orientamenti della Cassazione su una questione di grande rilievo, il procuratore generale aveva chiesto una pronuncia a Sezioni Unite, richiesta tuttavia non accolta; tale pronuncia avrebbe verosimilmente messo fine al susseguirsi di orientamenti contrastanti, e garantirebbe agli utenti danneggiati la certezza di poter ricevere in automatico il rimborso degli interessi pagati in base alle clausole Euribor.

Irene Indino

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