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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione - 06 marzo 2023
Diritto della concorrenza – Europa / Intesa e settore energetico – L’Avvocato Generale Rantos ha reso le proprie conclusioni nell’ambito di un rinvio pregiudiziale in relazione ad un’intesa accertata dall’autorità portoghese approfondendo il concetto di concorrenza potenziale
Con le sue conclusioni del 2 marzo 2023, l’Avvocato Generale Rantos (l’AG Rantos) si è pronunciato sulla domanda di rinvio pregiudiziale (C-331/21) formulata dal Tribunal da Relação de Lisboa (Corte d’appello di Lisbona) nell’ambito della controversia relativa all’intesa restrittiva accertata dall’autorità della concorrenza portoghese (l’Autorità) tra le imprese Energias de Portugal, S.A., EDP Comercial – Comercialização de Energia, S.A., Sonae Investimentos, SGPS, S.A., Sonae MC – Modelo Continente SGPS, S.A. e Modelo Continente Hipermercados, S.A.
Le condotte oggetto della decisione dell’Autorità avevano ad oggetto un accordo di partenariato tra un’impresa attiva nella grande distribuzione e un’impresa fornitrice di gas naturale ed energia elettrica, orientato, secondo l’Autorità, a ritardare l’ingresso della prima nei mercati della fornitura di energia elettrica e gas naturale in Portogallo i quali, negli anni dell’intesa, stavano completando il processo di liberalizzazione.
Le questioni pregiudiziali, in particolare, vertevano, tra le altre cose, sulla possibilità e sulle condizioni per cui imprese presenti su mercati del prodotto distinti possano essere considerate come concorrenti potenziali ai fini dell’applicazione dell’articolo 101 TFUE.
Le conclusioni dell’AG Rantos ripercorrono i criteri per la determinazione della concorrenza potenziale tra due imprese attive su mercati distinti, applicando nel caso concreto i principi individuati dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea (la CGUE) nel caso Generics UK per cui era stato ritenuto necessario provare (i) la possibilità reale e concreta dell’impresa di accedere al mercato, (ii) la ferma intenzione e la capacità propria di entrarvi e (iii) l’esistenza di misure preparatorie sufficienti per procedervi in un breve periodo.
In particolare, si individua come presupposto necessario per l’esistenza di una concorrenza potenziale la sussistenza di “possibilità reali e concrete di accesso al mercato”, anche considerato il contesto economico e giuridico che ne disciplina il funzionamento. Si qualificano invece (i) l’intenzione dell’impresa di accedere al mercato, (ii) l’esistenza di misure preparatorie, e (iii) la prova della percezione che una parte ha dell’altra come concorrente, come elementi solo indiziari, da considerare congiuntamente e, di per sé, non sufficienti o determinanti.
L’AG Rantos evidenzia, inoltre, che una clausola di non concorrenza possa essere considerata non restrittiva nei soli casi in cui ne sia provata la necessità ai fini dell’attuazione dell’accordo complessivo, e sia proporzionata agli obiettivi da esso perseguiti.
Le conclusioni in commento – qualora fossero recepite dalla CGUE – fornirebbero ulteriori indicazioni sulla definizione del concetto di concorrenza potenziale; chiariscono infatti la natura dei criteri utilizzati dalla precedente giurisprudenza e, in particolare, valutano come decisiva la “possibilità reale e concreta di accesso al mercato”, relegando ad elementi indiziari le altre circostanze fino ad ora considerate invece necessarie.
Alberto Galasso
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Diritto della concorrenza – Italia / L’AGCM avvia una consultazione pubblica sulla nuova Comunicazione relativa alle procedure di “transazione”
L’art. 34 co. 1 della L. 118/2022 (denominata altresì “Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021”), ha inserito nella L. 287/1990 l’art. 14-quater con il quale è stata prevista – al pari di quanto già presente a livello europeo con la Comunicazione della Commissione UE concernente la procedura di transazione – la possibilità che nel corso di un’istruttoria avviata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (l’AGCM) sia fissato un termine entro il quale le imprese interessate possano manifestare la loro disponibilità a partecipare ad una procedura di transazione.
Il co. 5 dell’articolo 14-quater prevede che l’AGCM definisca con proprio provvedimento le regole che disciplinano la procedura in parola e l’entità della riduzione della sanzione. Su tali basi, l’AGCM ha pubblicato in data 22 febbraio una bozza di Comunicazione ponendola in consultazione fino al 24 marzo.
La ratio della procedura di transazione è di ottenere una definizione celere degli addebiti, che le imprese interessate sono disposte ad accettare a fronte della riduzione della sanzione in caso di accertamento di violazioni degli artt. 101 e 102 del TFUE. La possibilità di avviare la procedura di transazione spetterebbe “esclusivamente” all’AGCM, tanto che ogni richiesta ad opera di una delle parti coinvolte nell’istruttoria verrebbe considerata “irricevibile”; la comunicazione dell’AGCM sulla possibile procedura di transazione (Comunicazione) dovrebbe, inoltre, pervenire prima dell’invio della Comunicazione sulle risultanze istruttorie (CRI).
Dopo la Comunicazione non sarebbe più possibile per le imprese ricevere l’immunità dalle sanzioni ai sensi del programma di clemenza e, inoltre, l’AGCM “di regola” non potrebbe esaminare neppure gli impegni presentati dalle imprese; rimane tuttavia possibile richiedere il beneficio della riduzione delle sanzioni e cumulare la relativa riduzione con quella percepibile se la procedura di transazione venisse chiusa con successo.
Le parti, dopo la Comunicazione, dovrebbero manifestare il proprio interesse a partecipare alle discussioni entro un termine non inferiore a 15 giorni. In caso di manifestazione dell’interesse, l’AGCM potrebbe poi decidere di avviare la procedura di transazione. Nel corso delle discussioni le parti saranno informate in merito agli elementi essenziali dell’illecito ipotizzato dall’AGCM (fatti contestati, gravità, durata della presunta violazione, imputazione della responsabilità, stima delle sanzioni applicabili) e avranno diritto di visionare i documenti accessibili al fine di permetter loro di precisare la propria posizione in ordine ad ogni aspetto della condotta illecita.
Laddove il dialogo tra l’AGCM e le parti conducesse ad una eventuale visione condivisa dell’illecito ipotizzato, verrebbe indicato alle imprese un termine non inferiore a 15 giorni per la formalizzazione di una proposta di transazione, la quale potrà anche essere presentata “oralmente” e dovrà contenere inter alia: (i) un riconoscimento della responsabilità per l’infrazione, descritta sinteticamente e conformemente ai risultati delle discussioni con l’AGCM; (ii) un’indicazione dell’importo massimo della sanzione che le parti prevedono sarà loro inflitta, e che esse sarebbero disposte ad accettare; (iii) la conferma della rinuncia a presentare la memoria finale post-CRI e a chiedere l’audizione finale innanzi al Collegio, salvo che la CRI o la decisione dell’AGCM non rispecchino la loro proposta di transazione (Proposta). Le proposte delle parti si ritengono accolte se: (i) gli elementi dell’illecito descritti nella Proposta sono rispecchiati nella CRI, e se (ii) la sanzione inflitta non eccede l’importo massimo indicato nella Proposta. Ove sia questo il caso, le parti interessate devono confermare che la CRI corrisponde effettivamente al contenuto della Proposta, mentre in assenza di tale conferma l’Autorità potrà interrompere la procedura.
A seguito della predetta conferma, il Collegio procederà all’adozione della decisione definitiva, mantenendo comunque il diritto di adottare una decisione finale che si discosti dalla posizione espressa nella CRI. Qualora decidesse di agire in tal senso, l’AGCM informerà le parti e notificherà loro una nuova CRI per garantire l’esercizio del diritto alla difesa; le ammissioni formulate dalle parti sino a quel momento si intenderanno quindi ritirate e non potranno essere utilizzate come prove nel corso dell’istruttoria.
Qualora la procedura di transazione si concluda positivamente, l’AGCM ridurrà di almeno il 10% l’ammontare della sanzione, calcolata sul massimo edittale stabilito dall’art. 15, comma 1-bis, L. 287/90, ove applicabile.
Da ultimo, la bozza in consultazione prevede che questa procedura si applicherà a tutti gli accertamenti istruttori avviati successivamente alla pubblicazione della stessa sul Bollettino dell’AGCM, nonché a quelli in corso per i quali non sia stata già trasmessa la CRI.
L’introduzione di tale procedura introduce un indubbio strumento di razionalizzazione e utilizzo efficiente delle risorse sia pubbliche che private, evitando inutili aggravi procedimentali e incentivando la cooperazione tra l’AGCM e imprese oggetto di istruttoria. È ragionevole attendersi che il testo definitivo sarà pubblicato nei prossimi mesi e che possa presentare delle modifiche rispetto alla versione attualmente circolata; non resta che attendere la pubblicazione della versione definitiva per comprendere l’effettiva portata di tale riforma.
Gabriele Maria Polito
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Abusi e settore dei rifiuti – Il Consiglio di Stato accoglie l’appello presentato dall’AGCM contro la sentenza del TAR Lazio di annullamento della sanzione per abuso di posizione dominante da parte di Herambiente S.p.A e Hera S.p.A.
Con la sentenza pubblicata il 1° marzo 2023 il Consiglio di Stato (il CdS) ha accolto l’appello proposto dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (l’AGCM) contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la regione Lazio (il TAR Lazio) che aveva annullato la sanzione di circa 1.9 milioni di Euro irrogata ad Herambiente ed Hera (le Società) per abuso di posizione dominante.
L’abuso contestato alle Società era dipeso dalla scelta di Herambiente – società a capitale prevalentemente pubblico ed al tempo concessionaria esclusiva del servizio di raccolta differenziata dei rifiuti cellulosici in diversi comuni dell’Emilia-Romagna – di recedere dal consorzio COMIECO (al quale aveva fino a quel momento conferito i rifiuti da imballaggio, da trasformarsi in macero rivenduto alle cartiere) per vendere i rifiuti raccolti nell’ambito della concessione alla controllata Akron S.p.A. Secondo l’AGCM il conferimento diretto della carta raccolta da Hera era valso ad escludere le società concorrenti impegnate nella selezione e nel recupero dall’accesso ad una materia prima essenziale nelle prime fasi del ciclo della carta, conferendo così ad Akron un evidente vantaggio competitivo, peraltro non replicabile nel mercato finale della vendita del macero.
L’abuso della posizione dominante da parte delle Società aveva, inoltre, avuto effetti di sfruttamento, avendo provocato un aumento della tariffa di raccolta rispetto a quella che sarebbe stata ove le Società avessero continuato ad essere parte di COMIECO.
Il CdS, dichiarando fondato l’appello, ha richiamato l’art. 102 del TFUE ed i principi di proporzionalità e ragionevolezza, facendo esplicito riferimento alla “speciale responsabilità” che grava sull’impresa che si trovi in una posizione di dominanza, a fortiori nel caso in cui tale posizione dominante discenda dalla titolarità di un diritto di esclusiva e produca i suoi effetti su un mercato ancora allo stato embrionale e che sta cercando di aprirsi alla concorrenza; in tale contesto anche eventuali effetti benefici sul sistema in termini di qualità o innovazione che, almeno in astratto, potrebbero valere a giustificare la condotta, devono essere adeguatamente ponderati dacché non possono, da soli (alla stregua del principio di proporzionalità) valere ad escludere una effettiva concorrenza in un settore del quale deve essere incentivato lo sviluppo. Per il CdS deve quindi “…trovare integrale conferma la prospettazione dell’Autorità per cui il conferimento diretto infragruppo ha penalizzato il processo competitivo….”, assunto confermato dal fatto che “….sarebbe stato troppo costoso per i concorrenti esclusi produrre il macero con rifiuti di qualità superiore e che, comunque, non vi era sufficiente disponibilità di raccolta congiunta sul mercato, al di fuori dei quantitativi raccolti da HERA, stante il regime di monopolio nel quale la stessa operava nel mercato della raccolta….”
Per il CdS è dimostrato che l’operazione si sia riflessa in modo deteriore sugli utenti finali del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, con l’innalzamento delle relative tariffe, a tutto vantaggio della redditività delle Società.
Il CdS ha quindi accolto l’appello e riformato radicalmente la sentenza emessa dal TAR Lazio, rigettando le censure presentate dalle società appellate rispetto al difetto di istruttoria, violazione del principio del giusto procedimento e carenza di motivazione, ed accogliendo in parte quella relativa alla quantificazione della sanzione per errata determinazione della durata dell’abuso, rideterminandola da tre a due anni ed applicando un coefficiente di gravità ridotto al 5% dall’iniziale 20%.
Questa sentenza conferma l’importanza di una attenta valutazione delle scelte imprenditoriali assunte da società che operano in regime di monopolio legale, da ponderarsi alla luce dell’art. 102 TFUE e dei principi di proporzionalità e adeguatezza così da assicurare che la propria posizione di dominanza su un mercato non valga a falsare o ad impedire il libero svolgimento della concorrenza su mercati contigui.
Antonino Iago Gentile
Energy / Incentivi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili: nuovo rinvio pregiudiziale del Consiglio di Stato alla Corte di Giustizia dell’Unione europea sui principi della stabilità regolatoria e del legittimo affidamento
Il Consiglio di Stato (il CdS) con ordinanza n. 2009/2023 del 27 febbraio ha operato un nuovo rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea (la CGUE) con riferimento alla disciplina in materia di assegnazione degli incentivi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili entrati in esercizio prima del 31 dicembre 2012 (gli Impianti Esistenti).
Il rinvio pregiudiziale viene operato nell’ambito della controversia che vede opposti il Gestore dei Servizi Energetici S.p.A. (il GSE) e plurime società titolari di impianti di produzione di energia da fonte diversa da quella fotovoltaica (le Appellate) ammesse a beneficiare del sistema di incentivazione mediante rilascio dei c.d. certificati verdi attestanti l’avvenuta produzione di una quota di energia da fonti rinnovabili (ai sensi del d.lgs n. 79 del 1999).
L’origine del rinvio pregiudiziale si individua nel venir meno dell’obbligo di acquisto di tali certificati verdi in capo ai produttori o importatori di energia da fonte non rinnovabile con l’intervento del d.lgs n. 28/2011, e del relativo decreto ministeriale di attuazione del 6 luglio 2012, che hanno introdotto i nuovi meccanismi di incentivazione alla produzione di energia rinnovabile consistenti in tariffe incentivanti.
Se ad oggi non sussistono dubbi sulle modalità di transizione dal vecchio al nuovo meccanismo di incentivazione per le società titolari degli impianti entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2012 (i Nuovi Impianti), consistenti nella necessità di stipulare una convenzione di diritto privato con il GSE, per gli Impianti Esistenti si contrappongono due tesi opposte; secondo il GSE e l’orientamento consolidato del CdS, infatti, l’assegnazione degli incentivi a favore di tali società dovrebbe essere sottoposta allo stesso meccanismo previsto per i Nuovi Impianti. Le Appellate fanno invece valere la tesi, sposata dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (il TAR Lazio) nel primo grado di giudizio, secondo cui per gli Impianti Esistenti la conversione del diritto ai certificati verdi in tariffa incentivante sarebbe già governata da una formula matematica contenuta nel d.lgs n. 28/2011 e relativo decreto di attuazione atta a calcolare tale tariffa, e non sarebbe quindi necessario stipulare una nuova convenzione con il GSE, peraltro contenente clausole particolarmente lesive della posizione delle società perché comportanti oneri aggiuntivi e pregiudizievoli rispetto a quelli preesistenti.
I dubbi di conformità alla disciplina eurounitaria riguardano, in primis, i considerando nn. 8, 14 e 25 della direttiva 2009/28/CE – di cui è attuazione il d.lgs n. 28/2011 – secondo i quali è essenziale garantire la stabilità a lungo termine del quadro regolatorio affinché le imprese possano effettuare investimenti razionali e sostenibili nel settore delle energie rinnovabili, così da creare certezza per gli investitori. Contrario a tali principi sarebbe, invece, subordinare l’assegnazione degli incentivi alle società titolari degli Impianti Esistenti alla stipula della convenzione di diritto privato con il GSE, in assenza di qualsiasi trattativa tra le parti e contenente oneri ulteriori per le società interessate.
Peraltro, nella misura in cui il mutamento del quadro giuridico determina oneri aggiuntivi e pregiudizievoli, vi sarebbe anche una violazione del principio del legittimo affidamento, corollario del principio della certezza del diritto, riposto dalle società titolari degli Impianti Esistenti e beneficiarie di uno strumento incentivante, così da frustrare gli obiettivi perseguiti mediante le decisioni strategiche e gli investimenti posti in essere in vigenza del quadro regolatorio precedente. Ad essere compromessi sarebbero, inoltre, gli obiettivi della disciplina unionale stessa, volta a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili di importazione e a incrementare l’uso di nuove tecnologie energetiche.
Nell’operare il rinvio pregiudiziale alla CGUE, il CdS attinge anche alle fonti primarie del diritto dell’UE, richiamando l’art. 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che sancisce la libertà di impresa, intesa come il diritto di ogni impresa di poter liberamente utilizzare, nei limiti della responsabilità per le proprie azioni, le risorse economiche e finanziarie di cui dispone. Parrebbe invero contraria a tale libertà fondamentale una modifica “in corsa” delle regole del gioco con effetti in relazione ad iniziative, quali gli investimenti nelle energie rinnovabili, che esigono un’adeguata programmazione a lungo termine e ciò sulla base degli incentivi esistenti al momento dell’effettuazione dell’investimento.
La CGUE sarà dunque chiamata a valutare la conformità della disciplina nazionale al diritto dell’UE, così decidendo del destino del meccanismo incentivante a favore delle società titolari degli Impianti Esistenti; l’auspicio è che sia valorizzato, in particolare, il principio del legittimo affidamento degli operatori economici, essenziale per conservare la fiducia degli stessi e costituente il presupposto degli investimenti che garantiscono la transizione verso le energie rinnovabili, cuore del Green Deal europeo.
Francesca Incaprera Huerta
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