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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione - 30 gennaio 2023
Diritto della concorrenza – Europa / Intese e settore degli stabilizzanti termici – Il Tribunale dell’UE ha rigettato il ricorso di GEA Group a seguito del rinvio della CGUE
Con la sentenza pubblicata lo scorso 25 gennaio, il Tribunale dell’UE (il Tribunale) ha rigettato il ricorso presentato da GEA Group AG (GEA) avverso la decisione del 2016 con cui la Commissione europea (la Commissione) aveva confermato la partecipazione di tale società ad un’intesa anticoncorrenziale nel mercato degli stabilizzanti termici a base di olio di soia epossidato ed esteri.
La sentenza oggetto di commento rappresenta un passo (forse decisivo) verso la conclusione di una vicenda processuale ultradecennale alquanto complessa che, per la comprensione della sentenza stessa, appare necessario riassumere brevemente.
Nel 2009 la Commissione aveva adottato una decisione con cui aveva sanzionato GEA, insieme ad alcune società che al tempo figuravano come sue controllate, per la già citata pratica anticoncorrenziale; tale decisione diverrà definitiva nel 2015 a seguito del rigetto del relativo ricorso. Tuttavia, su segnalazione di Aachener Chemische Werke für glastechnische Produkte und Verfahren mbH (ACW) – obbligata solidale con GEA in quanto società che aveva acquisito il controllo di una delle predette controllate di GEA successivamente al periodo in cui è stata accertata l’infrazione – la Commissione aveva adottato una nuova decisione nel 2010 con cui rimodulava i rapporti di solidarietà tra le co-obbligate per rispettare il limite edittale del 10% del fatturato nei confronti della segnalante. Nel 2015 tale seconda decisione è stata annullata dal Tribunale, in quanto adottata senza aver prima ascoltato in audizione GEA e dunque in violazione dei suoi diritti di difesa.
Nel 2016 la Commissione ha adottato un’ulteriore decisione che, in sostanza, riproduceva il contenuto di quella adottata nel 2010. Tuttavia, anch’essa era stata oggetto di impugnazione dinanzi al Tribunale, il quale l’aveva annullata stabilendo che la Commissione aveva violato sia il principio di parità di trattamento per non aver rimodulato la responsabilità solidale in maniera proporzionale tra le co-obbligate, sia le regole sulla fissazione della data di esigibilità delle sanzioni in materia di diritto della concorrenza. Di avviso opposto si è però dimostrata la Corte di Giustizia dell’UE (la CGUE), che nel 2020 ha integralmente annullato tale sentenza e rinviato la causa al Tribunale (come già commentato in questa Newsletter).
Il Tribunale si è dunque trovato nuovamente a decidere del ricorso presentato da GEA contro la decisione della Commissione del 2016, questa volta con l’obbligo di conformarsi alle valutazioni di diritto formulate dalla CGUE.
Ciò chiarito, con la sentenza in commento il Tribunale ha in primo luogo confermato che GEA non può lamentare alcuna disparità di trattamento rispetto alle altre co-obbligate solidali poiché, quando due persone giuridiche distinte non costituiscono più una singola unità economica alla data di adozione di un provvedimento sanzionatorio, queste hanno il diritto di vedersi applicare il limite del 10% del fatturato individualmente. Di conseguenza, la circostanza per cui la quota di responsabilità solidale sopportata da ACW con la sola GEA si sia di fatto annullata, mentre quella sopportata solidalmente con GEA e un’altra società si sia solo ridotta, risulta essere una conseguenza automatica di tale regola senza che sia possibile affermare che questo comporti l’accertamento di una minore responsabilità in capo ad ACW.
In secondo luogo, il Tribunale ha confermato che la Commissione non ha agito ultra vires quando nel 2016 ha fissato retroattivamente la data di esigibilità della sanzione alla data originaria del 10 maggio 2010. Sul punto va evidenziato che il Tribunale ha riconosciuto che il fondamento giuridico per l’esigibilità della sanzione nel caso di specie è costituito dalla decisione iniziale della Commissione (del 2009) in quanto le successive modifiche hanno riguardato esclusivamente il totale della sanzione irrogabile alla sola ACW e la rimodulazione della responsabilità solidale tra le co-obbligate, ma non hanno inciso in alcun modo sull’imposizione della sanzione in quanto tale né sul suo importo complessivo.
In aggiunta, il Tribunale ha rigettato anche le censure relative ad un’asserita violazione dei diritti di difesa di GEA dovuta al fatto che la Commissione aveva adottato la decisione del 2016 senza aver prima ascoltato le sue argomentazioni orali (sebbene GEA avesse presentato le proprie osservazioni per iscritto). Per risolvere la questione, il Tribunale ha dovuto definire se l’atto con cui la Commissione ha notificato alle parti l’intenzione di adottare una nuova decisione nel 2016 costituisca o meno una comunicazione degli addebiti (statement of objections – SO) alla quale, secondo la normativa rilevante, è collegato il diritto della parte interessata di richiedere la partecipazione ad un’audizione formale. Al riguardo, il Tribunale ha concluso in senso contrario osservando che l’atto in questione non include gli elementi tipici di uno SO, come una nuova contestazione od elementi di fatto o di diritto che possano dar luogo ad una sanzione, bensì solo elementi ulteriori come il riconoscimento di un errore nella determinazione dei limiti alla responsabilità delle parti e le relative modalità di ricalcolo.
Con la sentenza oggetto di commento, il Tribunale ha quindi respinto il ricorso proposto da GEA confermando la sanzione ad essa irrogata e ponendo presumibilmente fine a questa complessa vicenda processuale. La sentenza contiene aspetti giuridici rilevanti, quali la conferma della visione della soglia edittale del 10% alle sanzioni come limite “esterno” e applicabile in modo formale a livello di gruppo/unità economica, ed una interpretazione non estensiva della nozione dello SO (e delle relative salvaguardie processuali).
Niccolò Antoniazzi
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Diritto della concorrenza – Italia / Termine di decadenza dell’avvio del procedimento per l'accertamento di un'intesa restrittiva della concorrenza – Secondo il TAR Lazio l’avvio del procedimento costituisce un momento discrezionale dell’AGCM
Con la sentenza del 3 gennaio 2023, n. 125, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (il TAR Lazio) è tornato ad interrogarsi su un tema centrale nell’attuale dibattito antitrust in Italia: l’applicabilità ai procedimenti antitrust del termine decadenziale di 90 giorni per la contestazione delle infrazioni previsto dalla l. n. 689 del 24 novembre 1981 (la l. 689/1981), con riferimento all’avvio di un procedimento istruttorio per l'accertamento di un'intesa restrittiva della concorrenza da parte dell’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato (l’AGCM).
La vicenda su cui si è espresso il TAR Lazio originava dall’adozione da parte dell’AGCM nel dicembre 2021 di un provvedimento sanzionatorio (il Provvedimento) con cui veniva accertata la conclusione di un’intesa restrittiva della concorrenza tra le società armatrici operanti nel golfo di Napoli nel trasporto di infiammabili e di rifiuti dalle isole (Ischia, Procida e Capri) al continente (Napoli e Pozzuoli) (gli Operatori), le quali venivano sanzionate. Il procedimento istruttorio era stato avviato nel gennaio 2020 a valle di diverse segnalazioni ricevute a partire dal maggio 2018, da parte di alcune associazioni di consumatori, di operatori concorrenti e di alcuni Comuni della zona che denunciavano alcune pratiche escludenti asseritamente poste in essere dagli Operatori, con particolare riferimento al trattamento preferenziale accordato ad alcuni distributori di carburante sull’isola di Ischia, a danno degli altri, nonché per una politica di ripartizione del mercato e di determinazione congiunta delle tariffe praticate.
Gli Operatori contestavano dinanzi al TAR Lazio la legittimità del Provvedimento con riferimento, per quanto qui interessa, anche alla tardiva contestazione dell’illecito accertato con superamento del termine di 90 giorni previsto dall’articolo 14 della l. 689/1981 che, per l’appunto, stabilisce che, in mancanza di contestazione immediata dell’illecito, esso deve essere portato a conoscenza del trasgressore entro 90 giorni dalla data del suo accertamento.
A fronte della censura sollevata, il TAR Lazio ricostruisce lo stato della giurisprudenza sulla decadenza del potere sanzionatorio dell’AGCM (e in generale di tutte le autorità amministrative indipendenti), rilevando la presenza di due distinti orientamenti. Il primo, secondo cui il termine di 90 giorni previsto dall’articolo 14 della l. 689/1981 non sarebbe direttamente applicabile ai procedimenti dell’AGCM, con la conseguenza che il potere dell’AGCM di avviare un procedimento istruttorio non sarebbe soggetto a tempistiche rigide ma troverebbe come limite quello di essere avviato in un “termine congruo” – sindacabile dal giudice amministrativo solo nei limiti della ragionevolezza dello stesso. Il secondo orientamento, recentemente sposato anche dal Consiglio di Stato, al contrario, ritiene direttamente applicabile il termine di 90 giorni decorrente dalla data del suo accertamento.
Tuttavia, è proprio sulla nozione di “accertamento” che il TAR Lazio concentra la sua argomentazione, che risulta innovativa rispetto alle precedenti sentenza sul tema.
Se da un lato, infatti, non prende posizione sull’applicabilità o meno del termine di 90 giorni ovvero di un termine congruo ai procedimenti antitrust, il giudice osserva che nella fase preistruttoria, l’AGCM raccoglie i primi elementi indiziari al fine di verificare l’effettiva esistenza dell’illecito antitrust senza essere assoggettata ad una tempistica predefinita. Si afferma infatti che l’AGCM è tenuta ad avviare il procedimento nel momento che più ritiene opportuno secondo le proprie priorità operative, effettuando una vera e propria valutazione discrezionale sull’opportunità di iniziare o meno la fase istruttoria. Nello stesso senso, si osserva che costituisce una valutazione discrezionale dell’AGCM quella di stabilire il momento in cui si ritengono sufficienti gli elementi acquisiti al fine di contestare l’infrazione.
Dalla natura discrezionale della scelta relativa all’avvio dell’istruttoria e della valutazione circa la completezza degli elementi acquisiti per poter procedere, il TAR Lazio fa discendere il principio per cui le scelte dell’AGCM sono sindacabili nei limiti dell’eccesso di potere. Ne consegue che, secondo tale impostazione, non ci sarebbe spazio per l’intervento del giudice amministrativo a fronte di scelte “congruamente motivate”.
Nel concreto, il TAR Lazio respinge dunque le doglianze degli Operatori che rilevavano che il procedimento istruttorio era stato avviato a seguito della ricezione di una nota da parte della Capitaneria di Porto che, secondo l’impostazione degli Operatori, non aveva aggiunto nulla rispetto alle informazioni già in possesso dell’AGCM. Sul punto, il TAR Lazio rileva la valutazione circa l’utilità di un documento emerge solamente a valle dell’esame dello stesso (e anche dal momento della richiesta), osservando poi che l’utilità o meno di una determinata informazione rispetto alla definizione dell’accertamento dell’AGCM costituisce comunque un apprezzamento di merito della medesima e, come tale, insindacabile da parte del giudice.
Nello stesso senso, il TAR Lazio esclude che le segnalazioni ricevute fin dal 2018, avessero fornito un quadro chiaro all’AGCM, in ragione della loro natura generica e non circostanziata. Da segnalare, poi, che sebbene più dettagliata, non è stata ritenuta sufficiente nemmeno la segnalazione inviata da un Comune della zona in ragione del (solo) fatto l’AGCM figurasse solo come nona destinataria della comunicazione “segno evidente che il comune non mirasse a denunciare l’esistenza di un’intesa”.
In conclusione, rispetto all’applicazione del termine di contestazione previsto dalla l. 689/1981 ai procedimenti delle autorità indipendenti, la sentenza in commento si mostra innovativa in quanto valorizza in modo particolare la discrezionalità dell’AGCM sui tempi dell’avvio dell’istruttoria e in particolare sul potere di ritenere accertato o meno un determinato illecito. Ciò potrebbe ridurre significativamente il controllo del giudice amministrativo sulla tempistica di avvio del procedimento da parte dell’AGCM, in discontinuità con l’approccio prevalente negli ultimi anni sul punto sia del TAR Lazio sia del Consiglio di Stato.
Enrico Mantovani
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Tutela del consumatore / Cooperazione tra Commissione ed autorità di protezione dei consumatori, e piattaforme online – Google si impegna a fornire informazioni più trasparenti per conformarsi alle norme dell’UE
Nell’ambito della rete di cooperazione per la tutela dei consumatori coordinata dalla Commissione europea (la Commissione), Google ha formalmente assunto gli impegni a introdurre modifiche relativamente a diversi prodotti e servizi – segnatamente, Google Store (GS), Google Play Store (GPS), Google Hotels (GH) e Google Flights (GF) – così da fornire ai consumatori informazioni più chiare e accurate in armonia con le norme dell’Unione europea in materia di tutela dei consumatori.
Gli impegni in analisi sono il frutto di un dialogo avviato da Google con la Commissione nel 2021, l’Autorità per i Consumatori e i Mercati olandese e la Direzione Generale per l’Ispezione Economica belga, sulla base di quanto previsto dal regolamento sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori n. 2017/2394 (il Regolamento). In particolare, l’art. 17 del Regolamento dispone che, qualora vi sia un ragionevole sospetto di infrazione diffusa delle norme dell’UE sulla tutela degli interessi dei consumatori, le autorità competenti per tale infrazione avviino un’azione che comporta lo svolgimento di indagini coordinate coadiuvate dalla Commissione che, come è noto, non dispone di poteri di enforcement diretto in tale materia. Detta cooperazione è finalizzata all’adozione di una posizione comune tra tali autorità sulla cui base l’operatore interessato può proporre impegni, valutati – e monitorati quanto alla loro esecuzione – dalle stesse autorità competenti interessate dall’azione coordinata, uniche titolari del potere di disporre misure di esecuzione e irrogare sanzioni in caso di mancato rispetto degli impegni adottati.
In questo contesto, le principali criticità individuate dalle autorità concernevano le informazioni precontrattuali fornite al consumatore, i prezzi dei beni e servizi indicati, le condizioni generali di contratto, il business model di GF e GH, la verificabilità delle recensioni mostrate ai consumatori su GH, le pratiche di geo-blocking, i risultati presentati al consumatore all’utilizzo delle piattaforme in questione e la rimozione dei contenuti illegali presenti sulle stesse.
In questo contesto, Google ha ritenuto di poter offrire una serie di impegni, sia a carattere generale, sia specifico.
Su un piano generale, Google si è impegnata a migliorare la procedura attraverso la quale le autorità per la tutela dei consumatori possono richiederle la rapida rimozione di contenuti illegali, mediante la creazione di un indirizzo di posta elettronica riservato alle autorità che garantisse il rapido contatto tra queste ultime e le funzioni di Google responsabili. Inoltre, si è impegnata a garantire maggiore trasparenza quanto ai risultati presentati al consumatore in caso di ricerca mediante il motore Google.com affinché una volta mostrati la serie di prodotti che corrispondono alla ricerca svolta (negli impegni viene richiamato l’esempio di calzature sportive) il consumatore possa comprendere che gli stessi non sono su criteri imparziali, bensì anche eventualmente basati su sponsorizzazioni.
Rispetto a GF e GH, Google si è impegnata a chiarire se essa agisce o meno come mero intermediario, nel qual caso è chiamata a identificare in modo chiaro l’operatore fornitore del servizio di trasporto aereo ovvero di hotel, indicando per quanto riguarda GH se lo stesso è un privato. Maggiore trasparenza è richiesta anche quanto al prezzo finale, specie per quel che concerne l’applicazione di eventuali promozioni. Inoltre, con riguardo a GH, Google sarà chiamata a chiarire al consumatore che le recensioni delle strutture recettive non sono verificate.
Impegni di analoga portata – incentrati sulla trasparenza delle informazioni da fornire al consumatore – sono stati adottati per GPS e GS, nella misura in cui dovrà essere garantito un maggior grado di chiarezza e accessibilità del patrimonio conoscitivo del consumatore in fase precontrattuale circa la figura del service provider nell’ambito di GPS e del fornitore operante su GS. Inoltre, dovrà essere garantito un accesso immediato mediante link dedicato alla piattaforma di Online Dispute Resolution, messa a disposizione dalla Commissione e attraverso la quale il consumatore può presentare un reclamo e avviare un dialogo con il professionista interessato.
Con particolar riguardo a GS, ulteriori informazioni precontrattuali relativamente a costi di consegna, al diritto di recesso, alla disponibilità di opzioni di riparazione ovvero alla sostituzione saranno fornite al consumatore con un più elevato grado di chiarezza rispetto a quello attuale. Google dovrà inoltre limitare il proprio potere unilaterale di cancellare ordini e cambiare il prezzo in caso di errori.
Altre misure riguardano l’osservanza del regolamento 2018/302 (il Regolamento geo-blocking) recante misure volte a impedire i blocchi geografici ingiustificati e altre forme di discriminazione basate sulla nazionalità, sul luogo di residenza o sul luogo di stabilimento dei clienti nell’ambito del mercato interno, nella misura in cui, rispetto a GPS e GS, i consumatori non sono posti nella condizione di poter accedere alle differenti versioni nazionali delle due piattaforme e utilizzare mezzi di pagamento di tutti i paesi dell’UE. In particolare, con riferimento a GPS, le autorità nazionali hanno osservato che è impossibile per i consumatori accedere a versioni di altra nazione rispetto alla propria, in contrasto con l’art. 3, par. 1 del Regolamento geo-blocking – il quale vieta di bloccare o limitare l’accesso di un cliente alla sua interfaccia online per motivi legati alla nazionalità, al luogo di residenza o al luogo di stabilimento – posto che il numero di passaggi risultava necessario per cambiare la “nazionalità” di GPS è stato considerato eccessivo.
Per quanto concerne GS, gli impegni si concentrano sulla necessità di rimuovere le restrizioni ai pagamenti, in armonia con quanto disposto dall’art. 5 del Regolamento geo-blocking il quale dispone che un professionista non possa, nell’ambito dei mezzi di pagamento dallo stesso accettati, applicare condizioni diverse a un’operazione di pagamento per motivi connessi alla nazionalità, al luogo di residenza o al luogo di stabilimento di un cliente, al luogo di stabilimento del prestatore dei servizi di pagamento o al luogo di emissione dello strumento di pagamento all’interno dell’UE, oltre che – per quanto soprattutto rileva nel caso de quo – rispetto all’ubicazione del conto di pagamento. A questo riguardo, è stata così modificata la pratica di Google secondo cui, ad esempio, un consumatore belga che intenda acquistare un prodotto presso il GS tedesco deve essere in possesso di un indirizzo fisico in Germania collegato alla carta di credito utilizzata per il pagamento, rendendosi altrimenti impossibile l’acquisto.
La portata degli impegni assunti da Google è stata considerata dalle autorità coinvolte come un risultato soddisfacente della cooperazione tra le medesime e con gli operatori nel mercato, garantendo una piena tutela del consumatore attraverso un’applicazione efficace di vari strumenti normativi del diritto eurounitario.
Francesca Incaprera Huerta
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Tutela dei consumatori e settore delle vendite online – L’AGCM sanziona Yoox Net-a-Porter per alcune pratiche scorrette relative al suo portale di e-commerce
Con il provvedimento n. 30440, adottato lo scorso 20 dicembre 2022 ad esito del procedimento PS11852, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (l’AGCM) ha irrogato alla società Yoox Net-a-Porter S.p.A. (Yoox) una sanzione amministrativa pari a 5,25 milioni di euro, per aver posto in essere tra il 2019 e il 2022 diverse pratiche commerciali scorrette nel contesto dell’attività di vendita online di capi di abbigliamento e altri beni di moda, lusso e design tramite il sito di e-commerce www.yoox.com (il Portale).
In particolare, il procedimento ha avuto ad oggetto due gruppi di condotte consistenti, rispettivamente: (a) nell’adozione unilaterale di restrizioni, in assenza di alcuna informativa al riguardo, nei confronti di consumatori qualificati come “serial returners” (ossia consumatori che, sebbene “genuini” – e dunque non potenziali frodatori – avevano superato determinate quote di resi rispetto agli acquisti effettuati, stabilite internamente da Yoox, e non conoscibili all’esterno) (i Serial Returners) e nell’adozione di condotte ostruzionistiche dirette sostanzialmente a ostacolare l’esercizio dei diritti di recesso e rimborso da parte degli utenti del Portale (la Condotta A); nonché (b) in modalità ingannevoli di prospettazione dei prezzi dei prodotti venduti sul Portale, e degli sconti effettivamente applicati da Yoox (la Condotta B).
Con riguardo alla Condotta A – qualificata come non diligente, ingannevole, omissiva e aggressiva, in violazione degli articoli 20, 22, 24 e 25 del Codice del Consumo – l’AGCM ha evidenziato in primo luogo come nei confronti dei Serial Returners Yoox procedeva al blocco degli ordini già effettuati da questi ultimi, omettendo l’indicazione delle ragioni che avevano portato all’adozione di tale misura. Il tutto, ad avviso dell’AGCM, avveniva nella piena consapevolezza da parte di Yoox della probabile illegittimità di tale condotta alla luce degli articoli 52 e seguenti del Codice del Consumo, che conferiscono ai consumatori il diritto di poter effettuare il reso dei prodotti acquistati a distanza entro 14 giorni, senza alcuna penalità e senza dover indicare il motivo del reso.
In secondo luogo, con riguardo alla frapposizione di ostacoli al pieno esercizio dei diritti di reso e rimborso da parte degli utenti, l’AGCM ha rilevato come Yoox, da un lato, (i) abbia adottato una politica di resi – riflessa nelle proprie condizioni generali di vendita (le CGV) – volutamente vaga e indefinita, che avrebbe permesso alla società di rifiutare in numerose occasioni i resi dei propri utenti (e, dunque, di non procedere al correlato rimborso) senza identificare precisamente i motivi alla base di tale rifiuto, e, dall’altro, (ii) proceda al rimborso di quanto speso dall’utente una volta accettato il reso solo dopo un periodo – superiore ai due mesi – giudicato eccessivamente lungo.
È degna di menzione, a tal proposito, la (a dire il vero sorprendente nella sua assolutezza) argomentazione opposta dall’AGCM alla difesa di Yoox, la quale sosteneva che le sue politiche di reso di cui alle CGV sarebbero volutamente e legittimamente disciplinate in modo generico, al fine di prevenire comportamenti opportunistici da parte degli utenti del Portale diretti ad abusare del diritto di reso riconosciuto dal Codice del Consumo. Secondo l’AGCM, infatti, la nozione di abuso del diritto “…costituisce una categoria astratta molto controversa in dottrina…” la cui applicazione alla fattispecie di cui al caso in esame deve ritenersi da escludere “… in ragione della scelta del legislatore europeo, e di riflesso di quello nazionale, di garantire ai consumatori nei contratti a distanza una particolare e rafforzata forma di tutela riconoscendo in favore degli stessi un diritto legale di recesso pieno e incondizionato”.
Con riguardo alla Condotta B – qualificata come non diligente e ingannevole, in violazione degli articoli 20, 21 e 22 del Codice del Consumo – l’AGCM ha evidenziato come le modalità di prospettazione agli utenti del Portale dei prezzi dei prodotti ivi venduti risultino decettive, dal momento che, in primo luogo, (i) saltuariamente nel corso dell’anno – e, in particolare, in vista di iniziative promozionali (quali i saldi stagionali) – i prodotti venduti sul Portale subiscono sensibili aumenti di prezzo per poi dare origine, una volta applicata la decurtazione della promozione, ad un prezzo finale apparentemente molto vantaggioso per i consumatori, ma in realtà prossimo (o, in alcuni casi, addirittura superiore) a quello praticato prima del rialzo. Inoltre, (ii) con riguardo alle modalità di indicazione dei prezzi dei prodotti e adottate dal 1 febbraio 2022, dove il prezzo praticato sul Portale viene rappresentato quale il risultato di uno sconto sul prezzo “retail” originale, l’AGCM ha evidenziato come in realtà il prezzo “retail” così indicato non risulti mai essere stato effettivamente praticato da Yoox, bensì rappresenti il prezzo di vendita al dettaglio di tali prodotti praticati da operatori terzi nella stagione, normalmente precedente, in cui il prodotto era stato immesso sul mercato.
Anche con riguardo alla Condotta B, merita una riflessione l’affermazione dell’AGCM secondo cui, anche laddove – come nel caso di specie – eventuali fluttuazioni nei prezzi dei prodotti avvengano durante tutto l’anno, e non solo in occasione di campagne promozionali, il verificarsi di tali rialzi nei periodi immediatamente precedenti le promozioni ingenera “…‘oggettivamente’ un effetto ingannevole nei confronti dei consumatori…” circa la convenienza dei propri acquisti, il quale si pone in contrasto con il dovere di diligenza professionale “…in ossequio al quale un professionista dovrebbe astenersi dal modificare i prezzi dei prodotti nei periodi precedenti le iniziative promozionali, specie quelle già programmate o comunque prevedibili, come ad esempio il Black Friday o i saldi stagionali…”. L’aspetto meno convincente in questo caso è rappresentato ancora una volta dall’assolutezza dell’affermazione, ben potendo ipotizzarsi che i prezzi all’ingrosso dei prodotti di volta in volta acquistati da Yoox possono mutare, con la conseguenza di dover “aggiustare” il prezzo al dettaglio di conseguenza.
Il provvedimento in esame rappresenta un significativo esempio dell’approccio particolarmente rigoroso adottato dall’AGCM con riguardo alle vendite online e all’importanza di una piena e corretta informativa ai consumatori fin dal momento del c.d. aggancio, al fine di assicurare a questi ultimi la possibilità di adottare decisioni pienamente consapevoli. Non resta che attendere se emergeranno ulteriori indicazioni in proposito, all’esito dell’eventuale giudizio di impugnazione promosso da Yoox avverso la decisione in commento.
Ignazio Pinzuti Ansolini
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