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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione
Diritto della Concorrenza UE / Aiuti di Stato, diritto antitrust e l’impatto del conflitto russo-ucraino – La Commissione adotta un Quadro temporaneo e l’ECN emette un comunicato congiunto sull’applicazione dell’articolo 101 TFUE
Come è stato anticipato nella nostra Newsletter del 14 marzo scorso, la Commissione europea (la Commissione) ha ora annunciato, in un press release del 23 marzo, l’adozione di un Quadro Temporaneo di crisi (il Quadro Temporaneo) per consentire agli Stati membri di sostenere le proprie economie nel contesto del conflitto tra Russia e Ucraina avvalendosi della piena flessibilità delle norme in materia di aiuti di Stato. Per ragioni analoghe lo European Competition Network (ECN) ha reso noto un comunicato stampa in cui si dichiara che la Commissione e le autorità antitrust dello Spazio economico europeo eviteranno di censurare collaborazioni tra imprese che siano strettamente necessarie e temporanee specificamente mirate ad evitare le gravi perturbazioni causate dall'impatto della guerra e/o delle sanzioni nel mercato unico.
Il Quadro Temporaneo, adottato ai sensi dell’articolo 107(3)(b) TFEU, individua i criteri di compatibilità con il mercato interno delle misure che gli Stati membri possono adottare “per porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro” come quello derivante dall’aggressione militare della Russia in Ucraina che sta causando l’innalzamento dei prezzi di alcune materie prime e causando difficoltà di approvvigionamento delle stesse. La Commissione ricorda inoltre che gli Stati membri hanno altresì la possibilità di adottare misure di aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107(2)(b) per mitigare i danni direttamente causati “da eventi eccezionali” e, nello specifico, dalle sanzioni economiche e dalle misure di ritorsione adottate dalla Russia in risposta alle prime, purché proporzionate e direttamente collegate al conflitto. Inoltre, il cumulo tra questi due tipi di misure è ammesso fintantoché non venga superata l’entità del danno effettivamente subito.
Nel nuovo Quadro Temporaneo la Commissione elenca le misure che non necessitano di essere notificate in quanto non rientrano nell’ambito di applicazione della disciplina in materia di aiuti di Stato. Tra le altre, si segnalano (i) le misure che si applicano indistintamente alla generalità delle imprese come riduzione di tasse ambientali armonizzate, in coerenza con i regolamenti di esenzione per categoria; e (ii) misure per il trasporto di rifugiati e aiuti umanitari purché i servizi non vengano acquistati a prezzi superiori a quelli di mercato.
La Commissione individua quindi tre tipi di misure che gli Stati membri possono adottare a favore di imprese che si trovano in una situazione di difficoltà economica. Viene al riguardo chiarito che sono escluse dall’ambito di applicazione del Quadro Temporaneo le imprese controllate da entità russe destinatarie delle sanzioni finanziarie imposte dall’Unione europea al fine di isolare l’economia russa. Le tre misure in questione sono:
- la previsione di aiuti di importo limitato fino a €400.000 alle imprese colpite dalla crisi, ridotto a €35.000 per le imprese attive nel settore agricolo e della pesca;
- il sostegno alla liquidità sotto forma di garanzie statali e prestiti agevolati;
- la previsione di aiuti destinati a compensare i prezzi elevati dell’energia e del gas, soprattutto a favore delle cosiddette “imprese energivore”, fino ad un massimo di €2.000.000.
Il Quadro Temporaneo prevede delle clausole di salvaguardia che integrano la valutazione di compatibilità delle misure che gli Stati membri desiderano adottare. In particolare, è necessario che (i) vi sia una connessione tra l’ammontare dell’aiuto e l’estensione dell’attività e dell’esposizione al conflitto del beneficiario e che (ii) alla concessione dell’aiuto non segua la delocalizzazione del beneficiario in uno Stato membro differente. Inoltre, benché non si tratti di una vera e propria clausola di salvaguardia, è interessante notare il costante interesse della Commissione alle tematiche ambientali e di sostenibilità in quanto si invitano – ma non si obbligano – gli Stati membri a subordinare la concessione degli aiuti al rispetto di taluni obiettivi green, come ad esempio (i) destinare investimenti per ridurre il consumo di gas mediante l’utilizzo di energie rinnovabili oppure (ii) soddisfare una parte del proprio fabbisogno energetico mediante l’impiego di energie rinnovabili.
Benché il Quadro Temporaneo sarà inizialmente in vigore fino al 31 dicembre 2022, la Commissione si impegna a rivedere e modificare le disposizioni ivi previste per riflettere l’andamento dell’attuale conflitto militare e l’evoluzione delle conseguenze economiche. Nel notare l’evidente parallelismo con il meccanismo di aiuti adottato durante la crisi sanitaria, l’ambito temporale di applicazione di questo Quadro Temporaneo sarà influenzato dall’andamento della crisi in atto durante la quale la Commissione valuterà rapidamente gli aiuti di Stato notificati nell’alveo del Quadro Temporaneo e guiderà gli Stati membri nell’impiego di questo strumento.
Come supra anticipato, si segnala altresì che l’ECN ha pubblicato un comunicato stampa in cui riconosce che l’attuale situazione di crisi potrebbe innescare la necessità per le imprese di cooperare al fine di (i) garantire l’acquisto, la fornitura e la distribuzione a condizione eque di determinati prodotti e materie prime; o (ii) mitigare le gravi conseguenze economiche del conflitto in corso, comprese quelle derivanti dal rispetto delle sanzioni imposte dall'Unione europea. Utilizzando locuzioni simili a quanto dichiarato con riferimento alle ipotesi di collaborazioni strettamente necessarie a fronteggiare l’emergenza Covid, cui il comunicato stampa fa espresso riferimento, l’ECN ha dichiarato che non interverrà attivamente contro iniziative strettamente necessarie e temporanee specificamente mirate ad evitare le gravi perturbazioni causate dall'impatto della guerra e/o delle sanzioni nel mercato unico. Le imprese intenzionate a costituire tali meccanismi di cooperazione potranno rivolgersi ai membri dell’ECN per ricevere un orientamento informale sulla compatibilità delle loro iniziative con il diritto della concorrenza. Allo stesso tempo, tuttavia, le autorità della concorrenza degli Stati membri continueranno a vigilare sul comportamento degli operatori sul mercato per reprimere eventuali comportamenti abusivi.
Sabina Pacifico
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Diritto della concorrenza e principio del ne bis in idem – La Corte di Giustizia chiarisce la tutela offerta dal diritto dell’Unione contro i rischi relativi alla c.d. duplice incriminazione
Con le due sentenze C-117/20 e C-151/20 pronunciate in sede di rinvio pregiudiziale lo scorso 22 marzo, la Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE) ha fornito utili chiarimenti sull’applicazione del principio del ne bis in idem, chiarendo la tutela offerta dell’Unione europea nei casi di c.d. duplice incriminazione per i medesimi fatti.
Il primo caso riguarda la società belga Bpost SA (Bpost) la quale era stata multata, nel 2011, dall’autorità belga di regolamentazione postale (IBPT) per l’applicazione di alcuni sistemi di sconti che violavano le norme di settore e, nel 2012, dall’autorità antitrust belga in relazione allo stesso sistema di sconti ai sensi della norma che vieta l’abuso di posizione dominante.
Il secondo caso, invece, riguarda due società tedesche produttrici di zucchero, Nordzucker AG e Sudzucker R AG, che avevano presentato domanda di leniency sia dinanzi all’autorità antitrust tedesca (Bundeskartellamt), sia dinanzi a quella austriaca (BWB). In base ai fatti accertati, nel 2010 e nel 2014 il Bundeskartellamt e il BWB (rispettivamente) condannavano le due società al pagamento di due diverse ammende. Ciò sulla base di una medesima conversazione telefonica particolarmente critica in ottica antitrust e riguardante le consegne dello zucchero in Austria.
I giudici nazionali investiti della questione hanno interpellato in via pregiudiziale la CGUE, richiedendo chiarimenti in merito all’applicazione ed eventuali limitazioni del principio del ne bis in idem.
In primo luogo, la CGUE ha ricordato che, nel diritto della concorrenza come in qualsiasi altro settore del diritto dell’Unione, ai fini dell’applicazione del principio del ne bis in idem è necessario, da un lato, che una decisione sia divenuta definitiva (la condizione di bis) e, dall’altro, che gli stessi fatti siano oggetto tanto della decisione anteriore o di quella posteriore (la condizione di idem). In particolare, la CGUE ha precisato che il criterio rilevante ai fini della valutazione della sussistenza di uno stesso reato (idem) è quello “dell’identità dei fatti materiali intesi come esistenza di un insieme di circostanze concrete inscindibilmente collegate tra loro e che hanno condotto all’assoluzione o alla condanna definitiva dell’interessato”. Inoltre, un eventuale limitazione di tale principio – come d’altronde ogni limitazione all’esercizio di diritti fondamentali – può avvenire solo per legge e nel pieno rispetto del contenuto essenziale di tali diritti.
Ciò premesso, la CGUE ha poi risolto i nodi interpretativi delle due diverse vicende.
Nel caso di Bpost, la CGUE, considerando gli obiettivi legittimi distinti perseguiti dalle due normative ai sensi delle quali Bpost è stata sottoposta ad un’indagine, ha ritenuto non contrario al principio del ne bis in idem il fatto che una società possa essere soggetta a una doppia sanzione da parte di due diverse autorità del medesimo Stato membro; tuttavia, nel pieno rispetto del principio di proporzionalità, per giustificare la duplicità delle stesse, i due procedimenti devono perseguire obiettivi complementari anche se afferenti al medesimo comportamento illecito. Inoltre – precisa la CGUE – è necessario analizzare se esistano norme chiare e precise che consentano di prevedere quali atti o omissioni possano essere soggetti a una duplicazione di procedimenti e sanzioni, è necessario che i due procedimenti si svolgano in maniera coordinata ed entro un termine prossimo, nonché che vi sia stato un coordinamento tra le diverse autorità coinvolte e che la sanzione inflitta nel primo procedimento venga presa in considerazione nella valutazione del secondo.
Nel caso dei produttori di zucchero, la CGUE ha ritenuto che, per valutare la sussistenza della violazione del principio del ne bis in idem, bisogna tener conto delle valutazioni giuridiche contenute nella decisione divenuta definitiva che abbia per prima accertato l’infrazione in via definitiva (non assumendo rilievo l’eventuale imposizione di un’ammenda) e, in particolare, analizzare i fatti, il territorio, il prodotto e il periodo preso in considerazione nella decisione adottata della prima autorità, e in particolare se la decisone ha svolto considerazione anche in ordine a mercati esteri (che includono il territorio dell’altro Stato membro). Inoltre – precisa la CGUE – nell’ipotesi in cui due autorità nazionali antitrust perseguissero e sanzionassero gli stessi fatti sia ai sensi della normativa europea sia ai sensi di quella nazionale in materia, ciò costituirebbe un cumulo di procedimenti e di sanzioni non corrispondente a un obiettivo di interesse generale riconosciuto dall’Unione, che violerebbe il principio del ne bis in idem.
Dunque, le due sentenze accolgono le conclusioni formulate dell’Avvocato Generale Michal Bobek commentate in questa precedente Newsletter e rappresentano un utile chiarimento giurisprudenziale in materia. Resta da vedere le valutazioni che i giudici nazionali faranno nei rispettivi casi a valle di queste due pronunce della CGUE.
Maria Spanò
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Diritto della Concorrenza Italia / Abusi e settore del ticketing – Il TAR Lazio annulla le sanzioni imposte dall’AGCM per abuso di posizione dominate e per violazione dell’obbligo di rispondere a una richiesta di informazioni
Con la sentenza del 24 marzo il TAR Lazio ha annullato il provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) n. 28495 del 22 dicembre 2020 adottato ad esito del procedimento n. A523, con cui l’AGCM aveva irrogato una sanzione di circa 10 milioni di euro nei confronti di TicketOne S.p.A., Di and Gi S.r.l., F&P Group S.r.l., Friends & Partners S.p.A., Vertigo S.r.l., Vivo Concerti S.r.l. e CTS Eventim AG & Co. KGaA (congiuntamente, gruppo Eventim-TicketOne) per abuso di posizione dominante. Con due ulteriori sentenze, il TAR ha altresì annullato le sanzioni irrogate dall’AGCM ex art. 14 co. 5 L. 287/1990 ad esito dei correlati procedimenti n. A523B e A523C per aver risposto in maniera corretta ad una richiesta di informazioni inoltrata dall’AGCM nell’ambito del citato procedimento A523.
Nella decisione adottata ad esito del procedimento n. A523, già oggetto di commento su questa Newsletter, l’AGCM aveva attribuito al gruppo Eventim-TicketOne la realizzazione di una complessa strategia abusiva di carattere escludente nei confronti degli altri operatori di ticketing sul territorio nazionale. Secondo l’AGCM, tale strategia si sarebbe concretizzata in una pluralità di condotte, quali: (i) l’acquisizione di quattro tra i principali promoter nazionali; (ii) la stipula di contratti di esclusiva con la quasi totalità dei promoter leader nella produzione di eventi live di musica leggera operanti in Italia; (iii) l’imposizione di esclusive sui promoter locali; nonché (iv) condotte ritorsive e di boicottaggio nei confronti dei promoter locali che non avessero accettato le imposizioni del gruppo.
È sulla errata valutazione da parte dell’AGCM della prima delle condotte menzionate che il TAR fonda l’annullamento della decisione. Due i vizi riscontrati a questo proposito dal giudicante. In primo luogo, il TAR censura un difetto istruttorio nel provvedimento dell’AGCM, nella parte in cui ha ritenuto non rilevanti le argomentazioni difensive delle parti del procedimento circa l’inesistenza della finalità escludente alla base delle acquisizioni dei promoter. Pur riconoscendo che il movente soggettivo dell’impresa non rientra per giurisprudenza costante tra gli elementi costitutivi dell’abuso, il TAR afferma che la valutazione del comportamento di un’impresa dominante deve “necessariamente tenere conto anche della strategia commerciale di detta impresa”. Sul piano concreto, a contestazione dell’assunto dell’AGCM secondo cui le acquisizioni di promoter sarebbero state “esplicitamente finalizzate a precludere il mercato rilevante agli operatori di ticketing concorrenti”, TicketOne aveva evidenziato nel corso del procedimento come le stesse fossero state in realtà dettate dalla necessità di rispondere all’espansione in Italia del gruppo Live Nation/TicketMaster, concorrente particolarmente rilevante in ambito internazionale, anch’esso integrato verticalmente, essendo attivo sia nel settore del promoting sia in quello del ticketing. Avendo l’AGCM omesso di valutare le allegazioni delle parti circa la finalità delle acquisizioni, per il TAR l’esistenza di un obiettivo comune tra le diverse condotte anticoncorrenziali contestate al gruppo Eventim-TicketOne non risulta adeguatamente provata.
In secondo luogo, e in ogni caso, il provvedimento dell’ACGM risulta per il TAR viziato in punto di diritto nella misura in cui ha sanzionato come abuso una serie di operazioni di concentrazione che sarebbero estranee all’ambito applicativo degli artt. 101 e 102 TFUE. A sostegno di questa conclusione, viene fatto rinvio all’art. 21 par. 1 del Reg. n. 139/2004, che, secondo il TAR “espressamente esclude l’applicabilità alle concentrazioni degli artt. 101 e 102 TFUE”. Secondo il TAR, l’interpretazione opposta – legittimando interventi dell’AGCM anche a distanza di anni dal perfezionamento di operazioni di concentrazione – violerebbe i principi di certezza del diritto e libertà di iniziativa economica privata che la disciplina in esame mira a salvaguardare. Ne deriva che gli strumenti giuridici per intervenire sulle concentrazioni “non possono che essere esclusivamente quelli di cui al richiamato Regolamento [in materia di concentrazioni]”. Un’argomentazione, questa, che non può non sollevare un certo stupore dato che le operazioni di concentrazione in questione non erano notificabili né ai sensi del regolamento europeo in parola né ai sensi della normativa italiana.
A fianco della sentenza in commento, il TAR ha altresì annullato due sanzioni - già oggetto di commento su questa Newsletter - irrogate dall’AGCM a Vivo Concerti s.r.l. e Friends & Partners s.p.a. ex art. 14 co. 5 L. 287/1990. Secondo il giudice amministrativo, in entrambe le decisioni l’AGCM ha omesso di provare la sussistenza sia dell’elemento oggettivo sia dell’elemento soggettivo che compongono l’illecito sanzionato. Sotto il primo profilo, il TAR ha osservato inter alia come i documenti rinvenuti in sede di ispezione presso le sedi delle società sanzionate, già destinatarie di richieste di informazioni da parte dell’AGCM, in parte non coincidessero con quelli di cui l’AGCM aveva richiesto copia in sede di richiesta di informazioni e in parte non costituissero patrimonio conoscitivo delle società, essendo stati rinvenuti sul computer di un amministratore che ne era in possesso in virtù delle cariche dirigenziali che rivestiva in diverse società. Circa l’elemento soggettivo, il TAR rileva che dalle circostanze fattuali menzionate si deduce che “la società non avesse consapevolezza di dover collaborare sino al punto di acquisire documentazione al di fuori della propria disponibilità”.
Se le ultime due sentenze relative al corretto adempimento degli obblighi derivanti da una richiesta di informazioni spiccano per la rarità del tema affrontato e contengono un utile chiarimento circa il perimetro degli obblighi di completezza e diligenza in capo a società destinatarie di richieste di informazioni da parte dell’AGCM, della prima pronuncia preme evidenziare la netta posizione assunta dal TAR su un punto controverso quale la possibilità di esaminare ai sensi degli artt. 101 e 102 TFUE le operazioni M&A non notificabili ai sensi della normativa in materia di concentrazioni, già oggetto di recente rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia. Sarà dunque interessante vedere gli eventuali sviluppi in materia.
Alessandro Canosa
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Flash / Concentrazioni e soglie di notifica – L’AGCM ha aggiornato le soglie di fatturato raggiunte le quali è obbligatorio notificare una concentrazione
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (l’AGCM) ha deliberato che, a decorrere dal 21 marzo 2022, le soglie di fatturato cumulative oltre le quali diviene obbligatoria la comunicazione preventiva delle operazioni di concentrazione sono pari a (i) 517 milioni di euro per il fatturato totale realizzato in Italia dall’insieme delle imprese interessate all’operazione (quindi un incremento di circa 1,17% rispetto alla precedente soglia pari a 511 milioni di euro) e (ii) 31 milioni di euro per il fatturato totale realizzato individualmente in Italia da almeno due delle imprese interessate (ammontare invariato rispetto all’anno scorso).
Alessia Delucchi
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Appalti, concessioni e regolazione / Autorità indipendenti e servizio postale – Il Consiglio di Stato ha effettuato un rinvio pregiudiziale sulla compatibilità comunitaria della normativa nazionale sul finanziamento dell'AGCOM, integralmente posto a carico dei fornitori del servizio postale
Con l’ordinanza n. 2066 del 22 marzo 2022 (Ordinanza), il Consiglio di Stato (CdS) ha effettuato un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE) in merito alla compatibilità euro-unitaria della normativa nazionale che prevede che il finanziamento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), relativamente alla sua attività di regolatore dei servizi postali, sia posto integralmente a carico degli operatori del mercato (Operatori).
Il rinvio trae origine da una serie di appelli – successivamente riuniti dal CdS – proposti da varie imprese fornitrici di servizi postali (Società) avverso una pluralità di sentenze del Tar Lazio che avevano ritenuto legittimo che l’AGCOM, con proprie distinte delibere e in applicazione della normativa succitata, avesse posto interamente a carico degli Operatori tutti i propri costi di funzionamento, senza prevedere nessuna forma di cofinanziamento pubblico.
Il CdS, nell’effettuare un excursus sull’evoluzione normativa nazionale in materia, ha rilevato che originariamente il d.lgs. 261/99 prevedeva che, nel settore qui di interesse, l’AGCOM fosse finanziata in due modi: in parte, da un fondo alimentato dai gettiti della fiscalità generale e, in parte, dai contributi degli Operatori. Tali disposizioni sono state in seguito abrogate dalla l. n. 96/17 che ha posto il finanziamento interamente a carico degli Operatori. In definitiva, nel quadro normativo attualmente vigente, non c’è alcuna base legislativa che, ai sensi dell’art. 81 Cost, possa legittimare un obbligo di co-finanziamento a carico dello Stato delle attività dell’Autorità nel settore della regolazione dei servizi postali.
Preso atto dello stato dell’arte della normativa nazionale, il CdS ha evidenziato alcuni punti di possibile incompatibilità della descritta disciplina interna con il diritto europeo. Di qui, pertanto, un articolato rinvio pregiudiziale alla Corte che è di interesse per due profili in particolare.
In primo luogo, la questione sollevata dal CdS è se la disciplina italiana contrasti con l’art. 9, comma 2 della direttiva 97/67/CE (sulle regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali) che sembrerebbe prefigurare una compartecipazione solo facoltativa degli Operatori al funzionamento delle Autorità nazionali di regolazione. Inoltre, la scelta del verbo “contribuire” – ad opera della citata direttiva – sembrerebbe suggerire un concorso finanziario con altri soggetti e, pertanto, un cofinanziamento da parte dello Stato. In quest’ottica, la disciplina europea configurerebbe la contribuzione richiesta agli Operatori nei termini di una compartecipazione a spese altrimenti gravanti interamente sul bilancio pubblico, con l’obiettivo quindi di ridurre (ma non di eliminare completamente) l’onere finanziario gravante sulla fiscalità generale.
In secondo luogo, come evidenziato dalle Società, l’indipendenza finanziaria delle autorità nazionali di regolazione è un elemento fondamentale per assicurare il corretto espletamento di compiti loro assegnati e la conservazione di una posizione di terzietà in sede di valutazione e giudizio. La scelta legislativa di ricorrere ad una sola delle possibili fonti di finanziamento potrebbe causare il fenomeno della c.d. “cattura del regolatore”. Infatti, nel caso in cui il finanziamento fosse posto totalmente a carico degli Operatori del bilancio dello Stato, sarebbe più alto il rischio che gli Operatori, nel primo caso, o la politica, nel secondo, influenzino indebitamente o esercitino pressioni sull’Autorità.
Sicuramente l’Ordinanza evidenzia alcuni punti problematici della disciplina nazionale vigente in tema di finanziamento dell’AGCOM, nello specifico, e, più in generale, delle autorità indipendenti in relazione ai settori di mercato di loro competenza; ora non resta che attendere la risposta della CGUE sulla questione interpretativa proposta.
Elena Scanzano
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