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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione
Diritto della concorrenza UE / Abusi e settore ferroviario – Il Tribunale conferma la decisione della Commissione con cui è stato accertato l’abuso di posizione dominante dell’incumbent lituano
Con la sentenza del 18 novembre 2020 (la Sentenza), il Tribunale dell’Unione europea (il Tribunale) ha confermato la decisione della Commissione europea (la Commissione) con cui, nel 2017, era stato accertato l’abuso di posizione dominante della società nazionale delle ferrovie della Lituania, la Lietuvos geležinkeliai (LG) nel mercato lituano del trasporto ferroviario di merci.Al fine di comprendere al meglio il contenuto della Sentenza, è necessario riassumere i punti principali della vicenda. La LG – al contempo gestore delle infrastrutture ferroviarie e fornitore di servizi di trasporto ferroviario in Lituania – in quest’ultima veste aveva stipulato un accordo commerciale con la società petrolifera Orlen Lietuva AB (Orlen) per fornirle servizi di trasporto ferroviario nel territorio lituano. A seguito di una controversia con LG, Orlen aveva deciso di cambiare fornitore e iniziare ad avvalersi dei servizi di trasporto della società Latvijas dzelzceļš (LDZ), società nazionale delle ferrovie della Lettonia. Per potere fruire dei servizi della LDZ Orlen avrebbe comunque dovuto utilizzare una porzione di linea ferroviaria sita in Lituania. A causa di una deformazione su quest’ultima, tuttavia, la LG aveva sospeso il traffico su tale tratto della linea e, circa un mese dopo, aveva proceduto allo smantellamento senza mai avviare i lavori di manutenzione. A causa di tale smantellamento ,Orlen aveva dovuto rinunciare al suo progetto di ricorrere ai servizi della LDZ. A seguito di una segnalazione da parte di Orlen, la Commissione – come sopra accennato – aveva avviato una istruttoria a conclusione della quale aveva inflitto alla LG una sanzione di circa 28 milioni per abuso di posizione dominante.
Con la Sentenza, il Tribunale ha rigettato integralmente il ricorso della LG. In primo luogo, il Tribunale ha rilevato che la condotta di LG rilevante nel caso di specie, ossia lo smantellamento del tratto ferroviario in parola (la Condotta Controversa), non poteva essere valutata alla luce della giurisprudenza in materia di accesso alle essential facilities (come invece sostenuto in sede di ricorso dalla LG), che fissa una soglia per accertare l’abusività di una pratica più elevata rispetto a quella applicata nella decisione impugnata. Al contrario, anche tenendo conto del fatto che la posizione dominante della LG derivava da un precedente monopolio legale, il Tribunale ha concordato con la Commissione nel ritenere che il test (meno stringente) da soddisfare nel caso di specie era se la condotta fosse tale da ostacolare l’ingresso nel mercato rilevante, rendendo l’accesso a quest’ultimo più difficile, comportando pertanto un effetto di preclusione anticoncorrenziale.
Nel valutare una possibile giustificazione oggettiva alla base della Condotta Controversa, il Tribunale ha confermato che la LG non è riuscita a dimostrare che, dopo la comparsa della deformazione sulla sul tratto ferroviario in parola, quest’ultima si trovasse in uno stato tale da giustificarne una sua rimozione integrale e immediata, né che questa soluzione fosse economicamente quella più vantaggiosa. Parimenti, il Tribunale ha sottolineato la correttezza della visione della Commissione secondo cui il procedere allo smantellamento di una ferrovia, ancor prima dell’inizio di possibili lavori di manutenzione, costituiva un comportamento estremamente insolito nel settore ferroviario.
Soprattutto, il Tribunale ha ribadito che, dato che data la posizione di dominanza della LG, incombeva su quest’ultima la responsabilità di non pregiudicare una concorrenza effettiva e leale nel mercato di riferimento. Pertanto, al momento di decidere circa la soluzione da apportare al problema tecnico rilevato , la LG avrebbe dovuto tener conto che avrebbe reso più difficile l’accesso al mercato.
Nell’esercizio della sua competenza estesa al merito in materia di quantificazione della sanzione, il Tribunale, in considerazione della gravità e della durata della violazione, ha però ritenuto opportuno ridurre l’importo della sanzione inflitta alla LG di circa 7 milioni.
La Sentenza risulta sicuramente di interesse, in particolar modo per quanto riguarda la mancata applicazione del test relativo all’accesso alle essential facilities e la particolare declinazione della “speciale responsabilità” gravante sull’impresa dominante laddove si tratti di garantire l’accesso al mercato da parte di concorrenti. Certamente vale la pena di attendere l’eventuale conferma da parte della Corte di Giustizia per capire effettivamente come potrebbero essere determinati, in futuro, casi simili a quello di specie ed eventuali impatti anche al mondo dei c.d. “gatekeepers” del mercato digitale.
Mila Filomena Crispino
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Istituzioni europee e valutazione delle performance – La Corte dei Conti Europea pubblica un rapporto sull’efficacia dell’operato della Commissione nell’applicazione delle norme antitrust e di controllo delle concentrazioni
La Corte dei Conti Europea (CdCE) – l’organismo indipendente che effettua la revisione contabile delle entrate e delle uscite dell’Unione europea per garantire il corretto impiego dei suoi fondi – ha pubblicato il risultato del proprio audit sull’efficacia dell’azione della Commissione europea (la Commissione) nell’applicazione della normativa antitrust e nell’individuazione delle violazioni, nonché nella collaborazione con le autorità nazionali garanti della concorrenza (il Rapporto). Il Rapporto è inteso soprattutto a rappresentare un’analisi di efficacia nell’impiego delle risorse destinate alla Commissione, ed è stato redatto in applicazione della disciplina che permette alla CdCE di inviare in tale forme le proprie osservazioni agli organi dell’Unione (l’Articolo 287 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea).Il Rapporto esamina l’operato della Commissione in due macro-aree, ovverosia (i)l’ambito antitrust in senso stretto; e (ii) il controllo delle concentrazioni. Rispetto a tali ambiti, il Rapporto indica diverse aree dove la CdCE sottolinea le aree di potenziale di miglioramento.
Rispetto alla repressione delle violazioni antitrust , infatti, secondo la CdCE gli incentivi per incoraggiare le auto-denunce, per quanto abbiano ottenuto un moderato successo, non sarebbero sufficienti, anche alla luce del fatto che il numero di casi scoperti in questo modo declina progressivamente dal 2015 (una critica che appare tutto sommato ingenerosa considerato che, almeno in parte, il minore incentivo alle auto-denunce deriva da un rischio sempre maggiore di richieste di risarcimento danni in sede civile). Anche con riferimento alle indagini nei casi di cui ha avuto notizia, la Commissione avrebbe dato priorità ad alcuni casi piuttosto che ad altri senza individuare criteri trasparenti che assicurino la selezione dei casi che si traducano nel maggiore rischio pregiudizio anticoncorrenziale.
Sempre relativamente all’enforcement delle norme antitrust comportamentali, la CdCE osserva che poiché eventuali sanzioni e rimedi alle condotte anticoncorrenziali vengono applicati ex post facto per definizione, una durata contenuta dei relativi procedimenti è essenziale per limitare il danno che tali condotte arrecano al mercato. Anche sotto questo punto di vista sono rilevati margini di miglioramento, specialmente con riferimento a condotte in mercati in cui l’innovazione svolge un ruolo importanti, quali i mercati digitali, che spesso sollevano problemi inediti, a discapito della durata dei procedimenti. A questo proposito, la CdCE nota che è opportuno che la Commissioni aggiorni i propri strumenti di soft law per migliorare la certezza del diritto per le imprese e per coadiuvare le autorità nazionali garanti della concorrenza.
Relativamente al controllo delle concentrazioni, la CdCE critica la sproporzionata quantità di risorse che vi sono dedicate, osservando ampli margini di efficientamento delle relative procedure. Anche sotto un profilo sostanziale, la CdCE esprime i propri dubbi relativamente all’adeguatezza delle soglie di fatturato come criterio decisivo per la scelta dei casi che vengono presi in considerazione, suggerendo che questo metodo rischi di escludere numerose operazioni rilevanti (un’altra critica anche in questo caso ingenerosa, considerata l’ampia riflessione svolta dalla Commissione proprio con riferimento alla necessità, o meno, di introdurre soglie per la notifica delle concertazioni basate ad esempio sul valore dell’operazione).
Da ultimo, e in conclusione, la CdCE auspica maggiore chiarezza nella definizione degli obiettivi della Commissione, per poter condurre una valutazione sempre più accurata e rilevante delle sue performance, così supportando un processo di progressivo miglioramento.
Il Rapporto è un interessante documento di ampio respiro, che esula da una revisione meramente formale dei conti della Commissione e propone una serie di osservazioni supportate da una rigorosa analisi economica. Risulta molto interessante soprattutto il confronto con le osservazioni pubblicate dalla Commissione in risposta alle raccomandazioni della CdCE (riportate in calce al Rapporto), con le quali la Commissione controbatte ad alcune delle osservazioni della CdCE.
Riccardo Fadiga
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Diritto della concorrenza Italia / Concentrazioni e settore della pay tv – Game over: il Consiglio di Stato dichiara inammissibile il ricorso per revocazione di Sky e conferma i rimedi imposti dell’AGCM sulla vicenda R2
Con la sentenza pubblicata lo scorso 19 novembre, il Consiglio di Stato (CdS) ha dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione proposto da Sky Italia S.r.l. e Sky Italian Holdings S.p.A. (congiuntamente, Sky) e ha confermato la propria la propria deliberazione dello scorso 4 giugno con cui aveva annullato la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (Tar Lazio) che aveva a sua volta annullato i rimedi imposti dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) sulla vicenda R2, facendoli rivivere.La controversia è sorta nel 2018, quando Sky aveva comunicato all'AGCM la prospettata acquisizione del controllo esclusivo su R2 s.r.l. (R2), la piattaforma di Mediaset utilizzata per offrire i ‘servizi pay’ di Mediaset Premium S.p.A. (Mediaset Premium). Nel marzo del 2019, dopo aver avviato la Fase II, l’AGCM ha inviato alle parti la comunicazione delle risultanze istruttorie, proponendo di autorizzare l’operazione subordinatamente a specifiche condizioni. SKY, visto il tenore negativo della lettera degli addebiti, aveva quindi deciso di abbandonare l’operazione attraverso, in particolare, la restituzione della piattaforma R2 a Mediaset Premium. L'AGCM aveva tuttavia concluso il procedimento e, nel maggio 2019, aveva accertato che l’operazione avesse comunque già realizzato i propri effetti prima della rinuncia di Sky, in virtù della sussistenza di una serie di accordi sottoscritti in precedenza dalle parti (come, ad esempio, la licenza esclusiva dei canali cinema e serie tv concessa da Mediaset Premium a Sky). Di conseguenza, l’AGCM aveva accertato la sussistenza di un’operazione concentrativa tra Sky e Mediaset Premium, autorizzandone l’attuazione imponendo determinate misure volte al ripristino dello status quo ante.
Il 5 marzo 2020, il Tribunale Amministrativo per il Lazio (TAR Lazio) aveva accolto integralmente il ricorso avanzato da Sky, così annullando il provvedimento dell’AGCM. Il CdS, con la sentenza n. 3534/2020, aveva tuttavia ribaltato le conclusioni del Tar Lazio riconfermando la natura concentrativa dell’operazione e reintroducendo le misure imposte a Sky.
Con il ricorso in esame, Sky, non volendo lasciare nulla di intentato, ha chiesto la revocazione della sentenza del Consiglio di Stato n.3534/2020 ("perche affetta da plurimi manifesti errori di fatto") con la conferma della sentenza del Tar Lazio che aveva annullato il provvedimento.
Prima di scrutinare le censure di Sky, il CdS ha voluto in primo luogo ricordare che l’errore di fatto, idoneo a fondare la domanda di revocazione ai sensi dell’art. 106 c. proc. amm., deve essere caratterizzato: (i) dal derivare da una errata percezione del contenuto materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l'organo giudicante a ritenere come inesistenti circostanze pacificamente esistenti o viceversa; (ii) dall'essere relativa ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato; nonché (iii) dall'essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare.
Il CdS ha poi ritenuto infondati i motivi proposti da Sky, osservando che la sentenza impugnata avesse esaminato compiutamente i motivi di ricorso di primo grado della società e le relative statuizioni del Tar Lazio. Il CdS ha dichiarato che alcuni motivi del ricorso di revocazione (ad esempio, il mancato esame della censura con la quale si lamentava l’omessa verifica e violazione delle soglie di fatturato in relazione agli asset residui coinvolti nell'operazione oggetto di autorizzazione) rientravano proprio tra le questioni principali intorno alle quali è ruotato il giudizio, e pertanto non potevano essere rimessi in discussione tramite il prospettato errore di fatto. Il CdS ha dichiarato l’inammissibilità degli ulteriori motivi di revocazione sottolineando che non ricorre il vizio revocatorio quando la decisione comporti una statuizione implicita di rigetto della istanza della parte, e ciò anche quando manchi in proposito una specifica argomentazione.
Nelle proprie conclusioni il CdS ha peraltro curiosamente preso in considerazione le argomentazioni di Sky secondo cui le condizioni di mercato in base alle quali, oltre un anno fa, l'AGCM aveva ritenuto di imporre misure a Sky sarebbero drasticamente mutate a vantaggio degli operatori internet a causa della pandemia di Covid-19. Il CdS ha dichiarato che, evidentemente, tale questione non poteva essere apprezzata in questo giudizio. Tuttavia, il CdS sembra implicitamente aprire alla possibilità che l’AGCM possa riesaminare le prescrizioni imposte alla società “… laddove risultino, per avventura, non più adeguate alla situazione venutasi a creare”.
Con la sentenza in esame si chiude una lunga vicenda giudiziaria sorta nel 2018. Tuttavia, anche alla luce delle parole conclusive del CdS, è probabile che Sky non demorda e si ripresenti dinanzi l’AGCM per richiedere la revoca degli impegni anche se, obiettivamente, sembra difficile che l’AGCM possa cambiare le valutazioni effettuate solo un anno e mezzo fa.
Luigi Eduardo Bisogno
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Intese e settore dei servizi sanitari a domicilio – Il Consiglio di Stato conferma il provvedimento dell’AGCM nei confronti di Vitalaire annullando la sentenza del TAR Lazio
Con la sentenza del 17 novembre scorso, il Consiglio di Stato (CdS) ha accolto il ricorso in appello proposto dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), nei confronti di una società operante nel settore della fornitura di ossigenoterapia e ventiloterapia domiciliare, la Vitalaire Italia S.p.A. (Vitalaire), annullando la relativa sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (TAR Lazio) in primo grado.La vicenda prende le mosse dall’accertamento, da parte dell’AGCM di una pratica anticoncorrenziale da parte di vari operatori, tra cui la Vitalaire, attivi nel settore dell’assistenza sanitaria con prestazione di servizi di ossigenoterapia domiciliare (OTD) e ventiloterapia domiciliare (VTD) per la cura di patologie respiratorie, operatori comunemente denominati Homecare Providers (HCP). Le pratiche che erano state poste in essere dagli HCP integravano, per l’AGCM, tre distinte fattispecie di intese restrittive della concorrenza in violazione dell’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), realizzate in tre ambiti territoriali diversi: in Lombardia, nelle Marche e in Campania. La sentenza del CdS qui trattata ha come oggetto la condotta di Vitalaire in relazione all’ambito territoriale della Regione Marche. In particolare, l’AGCM aveva riscontrato che gli HCP avevano posto in essere un’intesa “… consistente nella concertazione delle proprie strategie commerciali …” in occasione di una gara bandita nel 2010 dall’Azienda Sanitaria Unica Regionale (ASUR) Marche, per l’affidamento dei servizi di OTD e VTD a favore degli assistiti del Servizio Sanitario Nazionale residenti nella Regione.
Nel 2010, tutti gli HCP avevano presentato una domanda di partecipazione in conseguenza dell’indizione, da parte di ASUR Marche, di una procedura ristretta per l’affidamento dei servizi di OTD e VTD. Tuttavia, nessuno degli HCP, che in precedenza si erano accreditati e avevano partecipato attivamente alla redazione degli atti di gara in occasione del dialogo tecnico avviato in ragione della complessità e specificità tecnica dei servizi in parola, ha effettivamente presentato un’offerta e quindi l’ASUR è stata costretta a dichiarare la gara deserta (salvo 3 anno dopo attivare una procedura negoziata con lo stesso capitolato rispetto al bando precedente).
L’AGCM aveva quindi sanzionato gli HCP, tra cui Vitalaire, per pratiche concordate anticoncorrenziali, in considerazione sia dell’anomalo parallelismo delle loro condotte, sia di numerosi scambi di corrispondenza tra gli stessi che secondo l’AGCM era diretta a determinare una strategia commerciale comune, basata sul tentativo di indurre la stazione appaltante ad adottare la formula dell’aggiudicazione a più fornitori, attraverso un Accordo Quadro.
Il TAR Lazio aveva parzialmente accolto il ricorso di Vitalaire annullando il provvedimento dell’AGCM per carenza di istruttoria. Il CdS ha ora invece accolto l’appello e confermato quindi il provvedimento dell’AGCM. Per quanto riguarda l’asserita mancanza di completezza dell’istruttoria, il CdS ha ricordato la distinzione tra accordo e pratica concertata, e quella di origine giurisprudenziale tra elementi di prova endogeni ed esogeni. Il CdS rileva che la concertazione, a differenza dell’accordo, non richiede una manifestazione di volontà reciproca tra le parti: è sufficiente, in buona sostanza, un mero contatto diretto o indiretto tra le imprese accompagnato da un comportamento sul mercato. Inoltre, l’onere di dimostrare che l’esistenza di tale intesa illecita sia l’unica giustificazione possibile dell’anomalo parallelismo delle condotte è distribuito diversamente a seconda che la contestazione si basi su elementi di prova endogeni, quali ad esempio il parallelismo delle condotte (in quel caso gravante sull’AGCM) ed elementi di prova endogeni, che dimostrano l’intervento di sistematici contatti tra le parti (in quel caso grava sugli operatori). Nel caso di specie il CdS ritiene che l’AGCM aveva basato la contestazione su elementi di prova sia endogeni, sia esogeni, mentre gli operatori non erano stati in grado di provare che le loro condotte avessero una spiegazione economica razionale alternativa alla collusione. Inoltre, il CdS ha ricordato che l’AGCM aveva sanzionato il boicottaggio da parte degli HCP della prima procedura, malgrado essi avessero prestato una loro condivisione di massima sulle condizioni di gara nel dialogo tecnico, impedendo alla stazione appaltante di affidare il servizio secondo l’interesse pubblico.
Infine, per quanto riguarda la sanzione irrogata, il CdS ha sottolineato che il limite edittale del 10% del fatturato si riferisce ad un solo illecito anticoncorrenziale. Nel caso specifico, l’AGCM ha applicato a Vitalaire. tre sanzioni distinte per tre illeciti distinti (in tre ambiti territoriali diversi), che insieme ammontano a circa 9 milioni di euro. Infatti, l’unitarietà del provvedimento sanzionatorio non postula ipso facto l’unitarietà delle condotte illecite sanzionate e quindi la sanzione irrogata è legittima. Per questi motivi, il CdS ha annullato la sentenza del TAR e confermato il provvedimento dell’AGCM.
Complessivamente, la sentenza in commento si inserisce in un solco ben consolidato di giurisprudenza ma rimane comunque un utile punto di riferimento circa il regime probatorio applicabile in materia di intese.
Chiara Giustiniani
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Intese nel settore assicurativo – L’AGCM avvia un procedimento istruttorio nei confronti di ANIA sul “progetto antifrode”
Con il provvedimento n. 28435 del 3 novembre 2020, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha avviato un procedimento istruttorio nei confronti dell’Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici (ANIA). Il procedimento ha ad oggetto il c.d. “progetto antifrode” (il Progetto), avviato da ANIA nel 2019 ed in corso di attuazione.Il Progetto punta a favorire il contrasto alle frodi assicurative e, per quanto di interesse in questa sede, prevede l’attuazione di due strumenti:
- una piattaforma per la condivisione di informazioni su fenomeni fraudolenti, finalizzata a consentirne una più agevole individuazione anche tramite elaborazione statistiche. La piattaforma, che conterrà informazioni relative a tutti i rami assicurativi, sarà continuamente aggiornata ed accessibile in tempo reale dalle imprese di assicurazione;
- una banca dati per i rami assicurativi vita (puro rischio) e danni, ad esclusione del ramo RC auto, utilizzabile dalle imprese di assicurazione sia in fase liquidativa, sia in fase assuntiva.
Nelle intenzioni di ANIA, entrambi gli strumenti verrebbero alimentati dalle imprese di assicurazione tramite informazioni aggiornate inerenti principalmente ai sinistri ed ai soggetti a vario titolo coinvolti. Il Progetto è finalizzato, tra l’altro, allo sviluppo di algoritmi per la determinazione di indici omogenei del rischio frode, che le imprese di assicurazione potranno utilizzare sia in fase liquidativa, sia in fase assuntiva.
L’ipotesi avanzata nel provvedimento di avvio è che il Progetto costituisca una decisione di associazione di imprese restrittiva della concorrenza, in violazione dell’articolo 101 TFUE. In particolare, l’AGCM ha manifestato tre possibili criticità concorrenziali.
In primo luogo, l’AGCM paventa il rischio che ANIA possa non garantire la necessaria terzietà nella gestione del Progetto. Ad avviso dell’AGCM, l’iniziativa dovrebbe essere attuata a beneficio dell’intero sistema assicurativo, cosa che rischierebbe di essere compromesso a causa del fatto che ANIA è portatrice degli interessi delle sole imprese di assicurazione. Sotto questo profilo, l’AGCM sembra ritenere preferibile il sistema attualmente in essere nel ramo RC auto. In tale ambito, è l’IVASS a gestire gli strumenti necessari all’individuazione e contrasto delle frodi assicurative a supporto delle imprese, in attuazione delle competenze di natura pubblicistica di vigilanza, prevenzione e contrasto che le sono attribuite dalla normativa di settore (cfr. articoli 135, 148 e da 187-bis a 209 del d.lgs. 209/2005 e ss.mm. ed articolo 21 del d.l. 179/2012).
In secondo luogo, l’AGCM ritiene che gli strumenti attuativi del Progetto (i.e. la piattaforma e la banca dati) possano costituire il veicolo per uno scambio di informazioni sensibili tra concorrenti contrario all’articolo 101 TFUE. A tal riguardo, l’AGCM ritiene potenzialmente sussistenti tutti gli indici di criticità previsti dalle linee guida sugli accordi di cooperazione orizzontale: (i) la natura delle informazioni oggetto di scambio, (ii) il modo con cui tali informazioni vengono elaborate e condivise e (iii) la frequenza dello scambio sarebbero tali da rendere le informazioni potenzialmente sensibili, non pubbliche o comunque non altrimenti rinvenibili sul mercato. Militerebbe in tal senso anche lo specifico contesto di mercato entro il quale si inserisce il Progetto – l’AGCM ricorda che, nel settore assicurativo, le informazioni aggiornate sui sinistri rappresentano una importante variabile concorrenziale e che la capacità delle imprese attive in tale settore di acquisire ed elaborare dati ed informazioni ne influenza la condotta sul mercato. Ad avviso dell’AGCM, tutto quanto sopra consentirebbe di ritenere che il Progetto comporti una artificiale diluizione del grado di trasparenza del mercato, in violazione della normativa a tutela della concorrenza.
Infine, ad avviso dell’AGCM, lo sviluppo di indicatori del rischio frode omogenei comporterebbe che il Progetto uniformi, di fatto, tutte le fasi essenziali dell’attività assicurativa (i.e. sia la base informativa disponibile, sia la relativa elaborazione). Da questo punto di vista, il Progetto causerebbe una eccessiva riduzione del grado di incertezza strategica relativa al comportamento degli operatori del mercato.
Per tali ragioni, l’AGCM ritiene che il Progetto possa costituire una intesa restrittiva della concorrenza in violazione dell’articolo 101 TFUE.
Il procedimento in oggetto conferma l’interesse dell’AGCM per la fattispecie dello scambio di informazioni sensibili tra concorrenti, già oggetto di numerosi precedenti, anche nel settore assicurativo (cfr. ad esempio procedimento I575, concluso con provvedimento n.13622, in cui l’AGCM ha ritenuto sussistente una intesa restrittiva della concorrenza tra alcune imprese di assicurazione sub specie di scambio di informazioni veicolato tramite una banca dati; il provvedimento è poi stato confermato dal Consiglio di Stato con sentenza n.9565/2010. Ciò impone agli operatori del mercato di agire con cautela al fine di adottare condotte legittime. La materia è particolarmente complessa, in quanto la legittimità a fini antitrust di uno scambio di informazioni dipende da una serie di fattori, tra cui le peculiarità del mercato sul quale insistono le condotte (in termini di grado di concentrazione e trasparenza, caratteristiche delle imprese ivi operanti e altre specificità), la tipologia delle informazioni scambiate (in particolare, la natura strategica, disaggregata, confidenziale e/o storica di tali informazioni) e le caratteristiche dello scambio (in termini di copertura del mercato e frequenza). Il termine per la conclusione del procedimento è fissato al 31 dicembre 2021 – non resta che attendere per conoscere l’orientamento dell’AGCM in un caso che sembrerebbe essere un buon candidato per la presentazione di impegni.
Luca Villani
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Concentrazioni e settore delle multiutility – L’AGCM ha autorizzato con condizioni l’operazione con cui A2A assumerà il controllo esclusivo di Ambiente Energia Brianza
Con il provvedimento n. 28406 dello scorso 20 ottobre 2020, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha autorizzato con condizioni l’acquisizione da parte di A2A S.p.A. (A2A) del controllo esclusivo sulla società Ambiente Energia Brianza S.p.A. (AEB).A2A è una società multiutility, controllata congiuntamente dai Comuni di Milano e Brescia, le cui azioni sono quotate in borsa. A2A è attiva nei settori dell’energia elettrica, dei servizi idrici integrati, nella gestione e smaltimento dei rifiuti, nonché in vari altri servizi. AEB è anch’essa una società multiutility, controllata dal Comune di Seregno ed attiva nella distribuzione e vendita di gas, energia elettrica e calore e nei servizi ambientali, prevalentemente nei comuni dell’area della Brianza.
Tra i numerosi mercati in cui le parti dell’operazione sono attive, l’AGCM ha rilevato, in particolare, che la concentrazione in parola potrebbe determinare la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante nel mercato per il servizio di distribuzione del gas naturale. Tale servizio si caratterizza per il fatto di doversi svolgere per legge in regime di monopolio legale, sulla base di concessioni. Pertanto, l’unica forma di concorrenza possibile in tale attività è quella “per il mercato”, relativa alla partecipazione alle gare d’ambito per l’affidamento delle concessioni. Specificamente, ai sensi dall’art. 46-bis della legge n. 222/2007, le gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale si svolgono a livello di Ambito Territoriale Minimo (ATEM), ossia aggregazioni sovracomunali predisposte al fine di ottimizzare efficienza ed economicità del servizio. A tal proposito, l’AGCM aveva già affermato in vari precedenti che ciascuna gara d’ATEM individua un mercato distinto. Con specifico riferimento al caso in oggetto, gli ATEM maggiormente interessati dall’operazione erano quelli c.d. “Como 1” e “Brianza 2”, nei quali attualmente A2A e AEB detengono, congiuntamente, quote superiori al 55%.
Sulla base delle risultanze istruttorie e delle informazioni raccolte dai questionari inviati a svariate aziende potenzialmente concorrenti di A2A e AEB (c.d. market test), l’AGCM ha mosso due principali contestazioni circa i potenziali effetti negativi dell’operazione sulla concorrenza per gli ATEM Como 1 e Brianza 2:
(i) l’eliminazione di un potenziale concorrente dalle gare d’ambito per i suddetti ATEM, dovuta alla riconduzione ad uno stesso centro decisionale di due tra i principali operatori del settore della distribuzione del gas naturale della Brianza (ossia tra i concorrenti più probabili alla prossima gara di ATEM); e
(ii) l’effetto di scoraggiamento dei potenziali concorrenti alla partecipazione alle gare per gli ATEM Como 1 e Monza 2 per via del rafforzamento della posizione di A2A a seguito dell’aggregazione di AEB. Tale potenziale effetto avrebbe trovato piena conferma dalle risposte fornite dai concorrenti al market test dell’AGCM.
Al fine di risolvere le criticità, A2A ha presentato una serie di misure correttive (tutte di natura comportamentale), che l’AGCM ha ritenuto idonee a risolvere le problematiche riscontrate, approvando di conseguenza l’operazione. Tali misure correttive sono principalmente volte ad assicurare che eventuali futuri aggiudicatari delle concessioni dei servizi di fornitura del gas naturale negli ATEM Como 1 e Brianza 2 siano posti nelle condizioni di assumere efficacemente e tempestivamente tale ruolo e rappresentano un’utile indicazione circa la natura delle misure che l’AGCM sarà realisticamente pronta ad accogliere in fattispecie simili.
Luca Casiraghi
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