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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione
Diritto della concorrenza UE/Aiuti di Stato ed energia nucleare – La Corte di Giustizia conferma la decisione della Commissione che approva gli aiuti del Regno Unito a favore della realizzazione della centrale nucleare di Hinkley
Con la sentenza del 22 settembre scorso, la Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE) si è pronunciata in merito alla causa C-594/18 P, respingendo il ricorso proposto dalla Repubblica d’Austria per chiedere l’annullamento della sentenza della Corte Generale dell’Unione Europea (Tribunale) del 12 luglio 2018. In tale occasione, il Tribunale aveva confermato la decisione della Commissione europea (Commissione) la quale aveva ritenuto legittimi gli aiuti di stato concessi dal Regno Unito a favore della società NNB Generation Company Limited allo scopo di promuovere la creazione di nuove capacità di produzione di energia nucleare presso l’unità C della centrale nucleare di Hinkley Point (le conclusioni dell’Avvocato Generale Hogan, relative al caso in questione, erano state già presentate nella nostra Newsletter dell’11 maggio 2020).Con la sentenza in esame, la CGUE si è quindi pronunciata sulla questione della compatibilità degli aiuti di Stato concessi a beneficio della costruzione di una centrale nucleare con la disposizione dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), TFUE.
Nel compiere le proprie valutazioni, la CGUE ha dapprima ricordato che tale previsione stabilisce due condizioni affinché un aiuto di Stato possa essere dichiarato compatibile con il mercato interno. La prima richiede che l’aiuto sia destinato ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche; la seconda, formulata in modo negativo, richiede invece che esso non alteri le condizioni degli scambi in misura contraria all’interesse comune. Tale premessa è servita alla CGUE per respingere il primo motivo di impugnazione proposto dalla Repubblica d’Austria, secondo cui ogni aiuto di Stato avrebbe dovuto perseguire un “interesse comune” agli Stati membri. Secondo la CGUE infatti, non riscontrandosi tale requisito nelle condizioni previste dall’art. 107, paragrafo 3, lettera c) TFUE, tale argomento era da considerarsi infondato.
Ulteriore punto interessante della sentenza in commento è quello relativo all’analisi della sussistenza della seconda condizione posta dall’articolo 107, comma 3, lettera c) TFUE, secondo cui l’aiuto previsto non deve alterare le condizioni degli scambi in misura contraria all’interesse comune. A tal riguardo, la CGUE ha confermato l’analisi del Tribunale, secondo cui la Commissione non doveva tener conto dell’effetto negativo che le misure in questione potrebbero avere sulla realizzazione dei principi di tutela dell’ambiente invocati dall’Austria. Infatti, l’esame di tale condizione non richiede che la Commissione prenda in considerazione eventuali effetti negativi diversi da quelli che interessano la concorrenza e gli scambi tra gli Stati membri.
La CGUE ha poi confermato quanto aveva concluso l’Avvocato Generale Hogan in merito al rapporto tra TFUE ed Euratom. Nello specifico, non essendo previste norme specifiche nel trattato Euratom, le disposizioni in tema di aiuti di Stato del TFUE trovano applicazione nel settore dell’energia nucleare ed inoltre, riformando quanto affermato dal Tribunale nella sentenza impugnata, la Corte ha stabilito che il trattato Euratom non osta nemmeno all’applicazione, sempre con riferimento al settore dell’energia nucleare, delle norme del diritto dell’Unione in materia di ambiente. Ciò implica che qualora un aiuto di Stato in favore di un’attività economica rientrante nel settore dell’energia nucleare dovesse violare le disposizioni del TFUE in materia ambientale, esso non può essere dichiarato compatibile con il mercato interno. In ogni caso, l’errore in diritto commesso dal Tribunale non ha avuto riflessi sulla fondatezza della sentenza impugnata, in quanto i principi ambientali invocati dall’Austria a sostegno della sua domanda di annullamento non sono stati considerati un ostacolo alla concessione degli aiuti di Stato in questione. Infatti, la CGUE, ricorda che il diritto comunitario (articolo 194, paragrafo 2, comma 2 TFUE) stabilisce che ogni Stato membro è libero di determinare la gestione delle proprie risorse energetiche e le proprie scelte di rifornimento energetico, tra cui è ricompresa la facoltà di ricorrere anche all’energia nucleare.
Confermando sostanzialmente le conclusioni raggiunte dall’Avvocato Generale Hogan e quanto stabilito dal Tribunale, la sentenza della CGUE ha segnato la conclusione di una lunga vicenda, caratterizzata anche da una connotazione politica, che si protraeva dal 2013.
Luca Casiraghi
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Liberalizzazioni, aiuti di Stato e monopoli legali – L’Avvocato Generale ha presentato le proprie conclusioni relative al «monopolio legale» istituito a favore di Poste Italiane per la riscossione dell’ICI
In data 24 settembre 2020, l’Avvocato generale M. Campos Sanchèz-Bordona (AG) ha presentato le proprie conclusioni a seguito di rinvio pregiudiziale rinvio pregiudiziale relativamente al regime di monopolio legale riconosciuto a Poste Italiane S.p.A. (Poste) ai fini della riscossione dell’imposta comunale sugli immobili (ICI).In primo luogo, è bene in inquadrare i fatti principali della vicenda. In Italia, i contribuenti erano tenuti a versare l’ICI ai concessionari incaricati della sua riscossione, i quali, prima dell’ottobre 2006, erano enti privati. Il pagamento doveva essere effettuato in contanti o mediante versamento su un conto corrente postale che i concessionari dovevano necessariamente aprire presso una qualsiasi succursale di Poste, la quale addebitava agli intestatari del conto una commissione per ogni operazione di versamento.
Ed è in tale contesto fattuale che si inseriscono le controversie all’origine del presente rinvio, le quali contrappongono Poste a due concessionari ai quali Poste aveva richiesto il pagamento di suddette commissioni per ciascun versamento dell’ICI nel periodo dal 1997 al 2011. A tale proposito, a seguito dello svolgimento delle impugnazioni, il contenzioso era giunto sino alla Corte di Cassazione la quale ha proposto due domande di pronuncia pregiudiziale, chiedendo (i) se il regime di monopolio legale istituito a favore di Poste per la gestione del servizio relativo ai conti correnti postali sui quali era versata l’ICI (e la conseguente possibilità di determinare unilateralmente l’importo della commissione) costituisca un aiuto di Stato contrario al combinato disposto degli articoli 106 TFUE e 107 TFUE; e (ii) se tale regime sia compatibile con l’articolo 102 TFUE che vieta l’abuso di posizione dominante.
In relazione alla prima questione, l’AG ritiene che il servizio di conto corrente che, nell’ambito della sua attività di prestazione di servizi finanziari, Poste ha fornito ai concessionari, presenti le caratteristiche dei servizi di interesse economico generale, ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, solo in presenza di un atto formale di imposizione di obblighi di servizio pubblico chiaramente definiti, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
Secondo l’AG, per rispondere alla seconda questione, invece, il giudice del rinvio dovrebbe valutare se Poste “…detenendo una posizione dominante nell’ambito del pagamento dell’ICI, fosse inevitabilmente destinata ad estenderne gli effetti al mercato degli altri tributi locali, in particolare, e all’insieme delle attività bancarie, in generale”. Nel fornire indicazioni al giudice del rinvio, l’AG lo ha invitato a verificare se le condizioni contrattuali dei conti correnti postali – comprese quelle economiche – applicate da Poste ai concessionari della riscossione dell’ICI valevano, in generale, per qualsiasi correntista fosse persona giuridica. In tal caso, infatti, secondo l’AG, una circostanza del genere potrebbe essere indicativa della presenza di un abuso di posizione dominante.
L’AG ha presentato delle conclusioni non particolarmente convincenti. Bisognerà aspettare la decisione della Corte di Giustizia, la quale potrebbe distaccarsi dalle conclusioni dell’AG e fornire una risposta più completa agli interrogativi sollevati dalla Corte di Cassazione.
Mila Filomena Crispino
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Concentrazioni e attuatori idraulici – La Commissione avvia un’indagine approfondita sulla proposta acquisizione di Eaton Hydraulics da parte di Danfoss
La Commissione europea (Commissione) ha avviato un’indagine approfondita (c.d. Fase II) per valutare la compatibilità con il diritto della concorrenza della proposta acquisizione da parte di Danfoss A/S (Danfoss) del ramo d’azienda dedicato alla produzione di componenti idraulici di Eaton Corporation plc (Eaton Hydraulics, congiuntamente a Danfoss, le Parti). Le Parti sono entrambi produttori di componenti idraulici leader sul mercato mondiale: e la Commissione ha identificato alcune potenziali criticità legate, da un lato, alla riduzione della scelta di fornitori, e, dall’altro, al probabile incremento dei prezzi dei componenti che potenzialmente risulterebbero dalla transazione.In particolare, mentre continuerà a indagare sull’intero mercato, la Commissione ha individuato particolari criticità relativamente ad alcuni componenti idraulici per macchinari mobili, quali per esempio macchinari agricoli e da costruzione, quali (i) unità di sterzaggio idrauliche, (ii) valvole di sterzaggio elettroidrauliche e (iii) motori orbitali. Per ciascuno di tali componenti idraulici, la transazione risulterebbe in quote di mercato elevate in mercati già concentrati, dove fornitori alternativi sono presenti limitatamente.
In aggiunta, l’indagine di mercato iniziale suggerisce che i clienti non avrebbero sufficiente potere d’acquisto per contrastare il rischio di incrementi di prezzo. La Commissione sarà pertanto chiamata a decidere se e quali misure saranno necessarie per assicurare il mantenimento di sani livelli di concorrenza sul mercato della componentistica idraulica post-operazione; tra cui, potenzialmente, l’imposizione di garantire l’accesso a determinate licenze oppure la cessione di attività delle Parti a concorrenti terzi che possano mantenere la pressione concorrenziale sulle Parti.
Riccardo Fadiga
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Diritto della concorrenza Italia/Attività consultiva e settore delle telecomunicazioni – L’AGCM esprime alcune riserve sotto il profilo della concorrenza in relazione al Piano Voucher
Nel Bollettino n.37 dello scorso 21 settembre, è stato pubblicato un parere dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) avente per oggetto il documento del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) noto come “Piano voucher per la connettività in banda ultra larga con famiglie con ISEE fino a 50.000 euro e imprese”, che costituisce parte integrante della Strategia italiana per la banda ultralarga approvata il 3 marzo 2015 dal Governo. In particolare, l’AGCM, pur condividendo la necessità di interventi di sostegno della domanda di servizi di connettività a complemento degli interventi per lo sviluppo delle infrastrutture di rete, ritiene che il piano in esame presenti alcune criticità idonee a pregiudicare la concorrenza nei mercati dei servizi all’ingrosso e al dettaglio di telecomunicazione a banda ultralarga.In proposito, l’AGCM ha ricordato che l’obiettivo della misura in esame è quello di promuovere e incentivare la domanda di servizi di connettività a banda ultralarga (NGA e VHCN) in tutte le aree del Paese, allo scopo di ampliare il numero di famiglie e di imprese che usufruiscono di servizi digitali utilizzando reti ad alta velocità ad almeno 30 Mbps. Attualmente, l’89% circa delle abitazioni è raggiunto da linee a banda ultralarga ad almeno 30 Mbps, mentre solo il 30% circa delle unità immobiliari è raggiunto da connessioni con almeno 100 Mbps. Quanto alla domanda dei servizi di connettività a banda ultralarga ad almeno 30 Mbps, si osserva che, negli ultimi 5 anni, sebbene essa sia raddoppiata, tuttavia, non raggiunge i 10 milioni di accessi ad internet, su un totale di 17,5 milioni di accessi totali ad internet (circa il 60%, di cui solo il 6,9% è rappresentato da linee FTTH). Il contesto attuale appare quindi caratterizzato da un basso livello di sviluppo di reti con capacità di almeno 100 Mbps, nonché da un divario tra disponibilità di servizi ed effettiva penetrazione dei medesimi.
Al fine di sostenere la domanda di servizi di connettività a banda ultralarga, il MISE intende erogare dei voucher, nel periodo 2020-2022, sotto forma di sconto sul prezzo di attivazione e sull’importo dei canoni di connessione. L’operatore dovrà garantire l’erogazione del servizio per almeno un anno. In particolare, potranno beneficiare del voucher:
- famiglie con ISEE fino alla soglia di 50.000 euro, alle quali sarà erogato un contributo massimo di 200 euro che consentirà di ottenere, con qualsiasi tecnologia disponibile presso le relative unità immobiliari, servizi di connettività ad almeno 30 Mbps; e
- imprese, alle quali sarà erogato un contributo da 500 euro fino a 2.000 euro, che consentirà loro di ottenere, rispettivamente, servizi di connettività ad almeno 30 Mbps o a 1Gbps, in base alla tipologia di rete presente nelle relative sedi.
I suddetti beneficiari potranno avvalersi del voucher solo a fronte di un aumento qualitativo dei servizi di connettività. Laddove per l’unità immobiliare che richiede il voucher sia disponibile più di un’infrastruttura a banda ultralarga (ad esempio a 30 Mbps, 100 Mbps o 1 Gbps), il voucher potrà essere erogato soltanto per la sottoscrizione dell’offerta più performante.
Come anticipato, l’AGCM ha riscontrato alcune criticità concorrenziali legate rispetto delle norme europee in materia di aiuti di Stato e, in particolare, degli “Orientamenti dell’Unione europea per l’applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato in relazione allo sviluppo rapido di reti a banda larga” (Orientamenti). Secondo l’AGCM, interventi che includano soluzioni con velocità inferiori a 100 Mbps rischiano di pregiudicare i rapporti di concorrenza tra operatori e di ritardare il processo di ammodernamento delle reti di comunicazione elettronica in Italia. Infatti, l’erogazione di un sostegno economico per connessioni inferiori a 100 Mbps porterebbe all’adozione privilegiata di connessioni con tali velocità (le quali hanno un minor costo all’ingrosso e garantiscono margini più elevati), a discapito di connessioni più veloci ma che necessitano di maggiori investimenti. L’intervento così definito andrebbe a favorire la permanenza di linee con velocità superiori a 30 Mbps ma inferiori a 100 Mbps già diffuse sul territorio nazionale mediante un unico operatore, “…risultando non neutrale dal punto di vista tecnologico e discriminatorio poiché favorisce quegli operatori che non hanno storicamente svolto alcun investimento infrastrutturale, con pregiudizio di quelli che stanno investendo in tecnologie ad altissima capacità”. In tal senso, la misura sarebbe contraria agli Orientamenti, in quanto non contribuirebbe al raggiungimento di obiettivi di interesse comune, non fornirebbe un adeguato effetto di incentivazione e non limiterebbe l’aiuto al minimo necessario.
L’AGCM, infine, esprime alcune riserve in relazione alla necessità di sottoscrivere l’offerta più performante nella circostanza in cui più tecnologie a banda larga siano disponibili presso l’unità immobiliare. Oltre a essere requisito troppo generico che potrebbe scoraggiare gli utenti all’utilizzo dei voucher, ciò potrebbe compromettere la concorrenza tra operatori laddove vi sia un unico operatore che detenga l’infrastruttura più performante ma vi siano diversi operatori in grado di offrire 100 Mbps con tecnologie differenti. Nei mercati all’ingrosso, pertanto, favorirebbe solo gli operatori con la tecnologia più performante in ciascuna area geografica e, nel mercato al dettaglio, la misura favorirebbe solo gli operatori che accedono a tali infrastrutture.
In conclusione, l’AGCM auspica che gli interventi di sostegno della domanda siano erogati solo alle connessioni con una velocità di almeno 100 Mbps, senza alcuna preferenza tra tecnologie. Tale previsione risolverebbe i problemi di concorrenza dinamica tra operatori, favorirebbe gli investimenti in infrastrutture e, al contempo, eviterebbe i rischi di discriminazione tra tecnologie.
Luigi Eduardo Bisogno
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Tutela del consumatore/Pratiche commerciali scorrette e settore dell’energia – Il TAR Lazio respinge i ricorsi di Acea, Green Network, Hera, ed Enel avverso le sanzioni per pratiche commerciali scorrette irrogate dall’AGCM
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (TAR) ha rigettato i ricorsi presentati da Acea Energia S.p.A., Green Network S.p.A., Hera Comm S.r.l., ed Enel Energia S.p.A. (le Ricorrenti) avverso il provvedimento con cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) aveva sanzionato queste ed altre società attive nella fornitura di energia elettrica e di gas naturale sul c.d. “mercato libero”. L’AGCM aveva contestato (si veda la Newsletter) a tali società di aver posto in essere diverse condotte commerciali aggressive volte, inter alia, a condizionare il consumatore a concludere contratti di fornitura senza averne piena coscienza, sotto pressione ovvero senza comprenderne le condizioni.Nell’ambito del giudizio in esame, le Ricorrenti avevano in primo luogo lamentato, tra i motivi di ricorso, l’inapplicabilità delle regole sulle pratiche scorrette in ragione della presenza di una normativa speciale di settore applicabile, nello specifico rappresentato dal “Codice di condotta commerciale” emanato dall’allora Autorità per l'Energia Elettrica il Gas e il Sistema Idrico (AEEGSI), ora Autorità di Regolamentazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA), che risultava invero rispettata per quanto riguarda il rapporto tra venditore e cliente finale. Poiché è, infatti, principio già parte dell’acquis eurounitario quello della prevalenza della disciplina di settore ove sia individuabile un contrasto insanabile con quella generale consumeristica di derivazione europea, il TAR aveva sospeso il giudizio per porre una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) relativamente all’applicazione del principio nel caso concreto.
La CGUE ha risolto la questione confermando il principio suddetto ma notando che nel caso in esame non era ravvisabile alcun contrasto insanabile tra i due corpi normativi applicabili, rilevando la possibilità di tenere una condotta che rispetti sia la normativa speciale di settore, sia la (più restrittiva) normativa generale sulle pratiche commerciali scorrette. Infatti, secondo la CGUE, tale contrasto sussiste solo quando disposizioni di stretta derivazione UE, disciplinanti aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, impongono ai professionisti, senza alcun margine di manovra, obblighi “incompatibili” con quelli stabili nella direttiva 2005/29 sulle pratiche commerciali sleali dando vita a una “divergenza insanabile” che non ammette la coesistenza di entrambi i plessi normativi. Lo stesso TAR aveva già incorporato il medesimo principio nella propria giurisprudenza. Non essendo ravvisabile nessun contrasto di questo tipo nel caso in esame, di conseguenza, in rapporto tra le due discipline non è di specialità e le stesse possono trovare applicazione parallela. La CGUE ha pertanto escluso l’esigenza di disapplicare le norme a tutela del consumatore e, di conseguenza, il TAR ha potuto respingere i ricorsi in toto.
Riccardo Fadiga
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Pratiche commerciali scorrette e settore aereo – Dopo quelli avviati nei confronti di Alitalia e Volotea, l’AGCM avvia dei procedimenti anche nei confronti di Blue Panorama, Easyjet, Ryanair e Vueling per i voli cancellati a causa Covid-19
Il 25 settembre 2020 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha reso noto con un comunicato stampa l’avvio di quattro procedimenti istruttori e di altrettanti sub-procedimenti cautelari per pratiche commerciali scorrette nei confronti di quattro compagnie aeree, ossia: Blue Panorama, Easyjet, Ryanair e Vueling (Compagnie Aeree).Le condotte contestate riguardano la vendita di biglietti per voli cancellati dalle Compagnie Aeree in ragione della pandemia da Covid-19, nonostante i viaggi in questione fossero da effettuarsi in un periodo in cui le restrizioni governative non sarebbero più state in vigore. L’AGCM, in particolare, contesta alle Compagnie Aeree di aver offerto ai passeggeri soltanto lo spostamento del volo o un voucher ma non il rimborso del prezzo del biglietto. In aggiunta, le Compagnie Aeree non avrebbero informato i passeggeri dei loro diritti in caso di cancellazioni e avrebbero fornito un servizio di assistenza non adeguato attraverso un numero a pagamento difficilmente raggiungibile.
Le condotte contestate sono sostanzialmente sovrapponibili a quelle che l’AGCM aveva contestato ad altre due compagnie aeree, Alitalia e Volotea, nel luglio 2020, avviando anche in quel caso dei procedimenti istruttori affiancati da sub-procedimenti cautelari.
Questi ultimi si sono conclusi – a differenza dei procedimenti principali, che invece proseguono – con la non imposizione di misure cautelari, in ragione delle misure spontaneamente adottate da Alitalia e Volotea in pendenza dei relativi procedimenti. Tali misure, essenzialmente, prevedevano (i) un utilizzo della causale legata alla pandemia limitato ai casi di oggettiva impossibilità di operare il volo; (ii) la possibilità per i passeggeri di optare (oltre allo spostamento del volo) per il rimborso ovvero per un voucher di importo maggiorato rispetto al prezzo del biglietto, avvalendosi dio una procedura automatica e con tempistiche certe; nonché (iii) un miglioramento del servizio di assistenza attraverso un incremento degli addetti ai call center.
È interessante notare come l’adozione delle misure appena prospettate in sede di procedimento cautelare abbia, in concreto, sostanzialmente anticipato la funzione (pubblicistica) propria dello strumento degli impegni che le parti possono considerare nel contesto del procedimento principale, rimuovendo le criticità riscontrate dall’AGCM in sede di avvio.
Resterà, di conseguenza, precluso alle parti lo strumento (formale) degli impegni nel procedimento principale? Se così fosse, si avrebbe l’effetto paradossale del raggiungimento della finalità pubblicistica propria di tale strumento, facendo invece venir meno la corrispondente utilità per le parti, consistente nella conclusione del procedimento senza accertamento dell’infrazione (ove gli impegni siano accettati dall’AGCM). Invero, sembrerebbe ragionevole che l’AGCM tenesse conto delle misure adottate da Alitalia e Volotea anche nel contesto del procedimento principale.
Resta ora da vedere se il medesimo approccio sarà adottato, tanto dalle Compagnie Aeree quanto dall’AGCM, anche nei procedimenti avviati il 25 settembre.
Roberta Laghi
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