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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza Italia / Intese e attività di agenzie per modelle – Il TAR respinge il ricorso presentato da BM per ottenere dall’AGCM la rideterminazione in autotutela della sanzione

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (TAR) ha rigettato l’impugnazione proposta da B.M. S.r.l. (BM) del provvedimento con cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) aveva rigettato l’istanza di estensione del giudicato formatosi nei confronti dei terzi alla sanzione irrogata a BM con un precedente provvedimento sanzionatorio.

La vicenda trae origine dal provvedimento sanzionatorio (il Provvedimento) con cui l’AGCM, accertata la partecipazione a un’intesa restrittiva della concorrenza di diverse imprese, tra cui BM, esercenti l’attività di agenzia per modelle (congiuntamente, le Parti), irrogava a ciascuna una sanzione pari al massimo edittale del 10% del fatturato dell’impresa sanzionata. Tuttavia, nel calcolo della sanzione applicabile a ciascuna impresa, l’AGCM aveva omesso di considerare che con riferimento ai servizi resi dalle agenzie di modelle il fatturato delle Parti non risultava rappresentativo della reale dimensione economica delle imprese, poiché le agenzie incassavano e registravano quale fatturato ciò che in realtà era il compenso per le modelle che, infatti, era immediatamente versato alle modelle stesse.

Di conseguenza, le Parti impugnavano il Provvedimento inter alia per ottenere la l’annullamento della parte relativa alla determinazione della sanzione ivi prospettata in accordo con le ragioni di cui sopra; il TAR accoglieva il ricorso, dichiarando tuttavia l’irricevibilità del ricorso proposto da BM per decorrenza dei termini. BM proponeva pertanto istanza all’AGCM per ottenere la rideterminazione in autotutela della propria sanzione in estensione del giudicato nel frattempo venutosi a formare a seguito delle impugnazioni delle altre ricorrenti. L’AGCM non ha condiviso tale impostazione e ha rigettato l’istanza. BM pertanto ha impugnato il provvedimento di rigetto dinnanzi al TAR.

Il TAR ha dunque analizzato il tema in discorso soprattutto con riferimento alla divisibilità delle decisioni dell’AGCM che accertano la sussistenza di un illecito plurisoggettivo, come nel caso del Provvedimento. A questo proposito il TAR ha richiamato la conclusione del Consiglio di Stato secondo cui il provvedimento che accerta l’esistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza, nonostante faccia riferimento a una realtà di fatto che richiede il concorso di diversi soggetti per essere realizzata (ossia un illecito plurisoggettivo), produce in capo a ciascuno dei destinatari una situazione soggettiva individuale e scindibile. Ciascuna di tali situazioni giuridiche autonome non può pertanto che essere soggetta ad autonome vicende giuridiche.

Nel caso di specie, tale principio ha come conseguenza l’impossibilità di estendere a BM gli effetti dell’accoglimento del ricorso proposto dalle altre agenzie. In altre parole, poiché la parte di provvedimento sanzionante BM non è stata oggetto della sentenza che imponeva la rideterminazione della sanzione, l’AGCM non è vincolata ad effettuare tale rideterminazione nei confronti di quest’ultima.

Tale statuizione di principio, in linea con la giurisprudenza del Consiglio di Stato, dimostra l’attenzione dell’ordinamento al corretto impiego degli strumenti procedurali, valido supporto nella garanzia della certezza delle situazioni giuridiche. La soluzione opposta, se per un verso potrebbe apparire più garantista, diminuirebbe certamente il valore delle garanzie offerte dai vincoli procedurali, in questo caso a favore dell’AGCM, ma in generale a favore di una maggiore certezza delle situazioni soggettive individuali. Sarà certamente interessante vedere come si svilupperà il dibattito che con tutta probabilità tornerà attuale, tra rigore della procedura, funzionale alla gestione efficiente degli strumenti di impugnazione, da un lato, e la tensione tra realtà processuale e realtà sostanziale dall’altro.

Riccardo Fadiga
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Tutela del consumatore / Tutela del consumatore e settore dei contratti di credito – La Corte di Giustizia chiarisce il contenuto del diritto del consumatore ad una riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato

Con la sentenza dell’11 settembre 2019 la Corte di Giustizia (CdG o Corte), in relazione ad una questione pregiudiziale sollevata da un tribunale polacco, ha chiarito l’interpretazione dell’articolo 16, par.1, della direttiva 2008/48/CE, la quale detta la disciplina relativa ai contratti di credito ai consumatori. Tale disposizione prevede che, “…[i]l consumatore ha il diritto di adempiere in qualsiasi momento, in tutto o in parte, agli obblighi che gli derivano dal contratto di credito. In tal caso, egli ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito, che comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto…” In particolare, la questione pregiudiziale posta alla CdG era volta a verificare se tale norma dovesse essere interpretata nel senso che il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato (la Riduzione) dovesse includere anche i costi che non dipendono strettamente dalla durata del contratto.

La CdG ha in primo luogo ricordato il principio base secondo cui l’interpretazione di una norma deve essere effettuata non solo sulla base del suo tenore letterale ma anche del relativo contesto e degli obiettivi che la normativa di cui fa parte intende perseguire. In particolare, ai fini della risoluzione della presente questione, secondo la CdG assume valore risolutivo l’obiettivo che il legislatore comunitario si propone di raggiungere con la direttiva 2008/48/CE. A suo avviso, infatti, esso consiste nel garantire una ‘elevata protezione al consumatore’, necessaria alla luce della situazione di inferiorità, sia in termini di potere negoziale, sia di informazioni disponibili, in cui egli si trova rispetto al professionista con cui stipula il contratto di credito.

La CdG dissente, pertanto, da quanto ritenuto dall’Avvocato Generale (AG) Hogan nelle sue conclusioni. Infatti, in esito all’analisi degli obiettivi, ritenuta non dirimente, egli aveva considerato parimenti ammissibili due diverse interpretazioni, entrambe connotate da elementi di squilibrio, l’una a vantaggio degli enti creditizi (secondo cui la Riduzione corrisponderebbe ai pagamenti una tantum o ricorrenti non ancora scaduti al momento del rimborso anticipato) e l’altra a vantaggio del consumatore (secondo cui il costo del credito andrebbe ridotto in proporzione al restante periodo contrattuale).

Diversamente, la CdG ha chiarito che la necessità di garantire l’effettività del diritto del consumatore ad ottenere la Riduzione potrebbe essere compromessa ove questa sia limitata ai costi che il mutuante identifica unilateralmente come dipendenti dalla durata del contratto (e che, in ogni caso, sarebbero difficilmente individuabili in maniera oggettiva anche da parte di un giudice, alla luce del ‘margine di manovra’ di cui godono i mutuanti in termini di fatturazione e organizzazione interna).

Inoltre, segnala la CdG, se così non fosse, potrebbe crearsi un incentivo per il soggetto che concede il credito a imporre pagamenti non ricorrenti più elevati all’atto della conclusione del contratto, così da scongiurare la qualificazione di essi come costi derivanti dalla durata del contratto stesso.

Infine, la CdG ha precisato che includere i costi non dipendenti dalla durata del contratto nella Riduzione non penalizza in modo sproporzionato i soggetti che concedono il credito in quanto la stessa direttiva 2008/48/CE prevede degli strumenti specifici posti a tutela degli interessi di questi ultimi.

Alla luce di queste considerazioni la CdG ha concluso che l’articolo 16, par. 1 in esame deve essere interpretato nel senso che “…il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato del credito include tutti i costi posti a carico del consumatore…”.

Con la sentenza in esame la CdG, discostandosi dalle conclusioni dell’AG che, a fronte dell’ambiguità della disposizione in esame, accoglievano come parimenti valide due interpretazioni – in termini di interessi tutelati – potenzialmente di segno opposto, evidenzia, ancora una volta, come il favor per il consumatore costituisca una bussola fondamentale per l’interprete.

Roberta Laghi
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Pratiche commerciali scorrette e vendite di arredamento online – L’AGCM dispone in via cautelare la sospensione dell’attività di vendita online di ADB Interior

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha deliberato l’applicazione di una misura cautelare nell’ambito del procedimento nei confronti delle società DB Web Holding S.r.l.s. (DB) e ADB Interior S.r.l.s. (ADB) (congiuntamente, le Società) volto ad accertare eventuali pratiche commerciali scorrette messe in atto dalle Società attraverso i siti internet tramite cui offrono i propri servizi di intermediazione nell’acquisto di arredamento e articoli per la casa.

In particolare, secondo le informazioni acquisite dall’AGCM DB avrebbe posto in essere due pratiche commerciali scorrette, ossia la mancata consegna di prodotti regolarmente acquistati e pagati dai consumatori, e l’avere indotto nei consumatori l’erronea convinzione della sussistenza di rapporti con un importante produttore di articoli reclamizzati sul sito internet (peraltro indicando delle condizioni di consegna che non potevano corrispondere al vero). Attraverso i propri siti internet, le Società concludevano vendite a prezzi apparentemente molto convenienti, ma relative a prodotti che non si trovavano nella loro immediata disponibilità (né che avrebbero potuto essere ottenuti e consegnati nei tempi indicati), lasciando inevasa la maggior parte degli ordini senza dare seguito alle richieste di rimborso presentate dai consumatori a fronte dell’annullamento degli ordini.

L’AGCM ha rilevato nel caso di specie la sussistenza dei due requisiti per l’applicazione di una misura cautelare, ossia (i) il c.d. fumus bonis iuris costituito dagli elementi che inducono a ritenere prima facie sussistenti la scorrettezza della pratica relativa alla mancata consegna dei prodotti nonché al mancato rimborso del pagamento dell’ordine, nonché, solo con riferimento a ADB, (ii) del c.d. periculum in mora, ovvero del rischio di un danno grave e irreparabile, atteso che il sito internet risultava operativo e accessibile ai consumatori (mentre era disattivato il sito internet di DB).

L’AGCM ha quindi disposto la sospensione provvisoria, in via cautelare, di tutte le attività di vendita di ADB relativamente a prodotti non disponibili o comunque non realmente pronti per la consegna, per evitare la causazione di ulteriori danni ai consumatori, in attesa di accertare definitivamente, se presenti, eventuali profili di responsabilità delle Società. Risulta certamente di grande interesse l’esercizio da parte dell’AGCM dei propri poteri cautelari al fine di garantire una tutela dei diritti dei consumatori non solo efficace ma anche tempestiva.

Riccardo Fadiga
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Telecomunicazioni / Settore della pubblicità on-line – Avviato dall’AGCom un procedimento volto all’individuazione del mercato rilevante e di eventuali posizioni dominanti o lesive del pluralismo

Con la delibera adottata lo scorso 18 luglio ma pubblicata solo il 9 settembre, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) ha avviato una c.d. analisi di mercato sulla pubblicità on-line, ossia un procedimento volto all’individuazione del mercato rilevante nonché all’accertamento di posizioni dominanti o comunque lesive del pluralismo nel settore della pubblicità on line, ai sensi dell’art. 43, comma 2, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (“Testo Unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici” - Testo Unico).

Nell svolgimento dell’indagine, l’AGCOM ha indicato che dovrà tenere “…conto, fra l'altro, oltre che dei ricavi, del livello di concorrenza all'interno del sistema, delle barriere all'ingresso nello stesso, delle dimensioni di efficienza economica dell'impresa…”.

Il termine di conclusione del procedimento è di 180 giorni dalla sopra citata data di pubblicazione (prorogabile con atto motivato per ulteriori 90 giorni). Più in particolare, il procedimento è articolato in due fasi:

(i) la prima, diretta alla individuazione del mercato rilevante;
(ii) la seconda fase, diretta all’analisi del mercato rilevante, all’accertamento di posizioni dominanti o comunque lesive del pluralismo nonché all’eventuale adozione delle misure previste dall’articolo 43, comma 5, del Testo Unico.

Ai sensi di quest’ultima disposizione, oltre ad inibire la prosecuzione e ordinare la rimozione degli effetti di condotte appunto lesive del pluralismo, l’AGCOM potrà altresì disporre misure che incidano sulla struttura dell'impresa, imponendo dismissioni di aziende o di rami di azienda. Diversamente dal diritto antitrust, laddove solo l’abuso di una posizione dominante è vietato, nel settore delle comunicazioni (come rappresentato dal c.d. “sistema integrato delle comunicazioni”) anche la semplice esistenza di una posizione dominante è proibita stante l’esigenza di tutelare il pluralismo dell’informazione.

Resta quindi da vedere quale sarà l’esito dell’analisi, ed in particolare se riterrà necessario spingersi fino all’adozione di misure strutturali in un settore che – anche alla luce delle indagini, sia in Italia (anche con la stessa AGCOM protagonista) sia in Europa, nelle aree “contigue” inter alia del commercio elettronico e big data – è sempre più al centro del dibattito (non solo regolatorio), e vede naturalmente protagonisti sempre di più attori globali.

Alessandro Di Giò
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